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Stupri in Congo: “Mi hanno violentato, poi è toccato alle mie figlie e le hanno uccise”

Nella Repubblica Democratica del Congo le violenze sessuali hanno distrutto la vita di donne, uomini e bambini. Da maggio 2017 a settembre di quest’anno, nella provincia del Kasai Centrale sono state 2.600 le vittime di abusi sessuali, denuncia Medici senza Frontiere. Le testimonianze raccolte dall’Ong rivelano tutto l’orrore degli stupri compiuti dai gruppi armati.
A cura di Mirko Bellis
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Una donna vittima di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo (Medici senza Frontiere)
Una donna vittima di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo (Medici senza Frontiere)

“Avevo cinque figli, 4 femmine e un maschio. Hanno violentato e ucciso tre delle mie bambine. Uno di loro mi ha violentata dentro casa. Poi mi hanno trascinata fuori mezza nuda. Da quando ho saputo di aver contratto l'Hiv, sono davvero molto preoccupata”. E’ il drammatico racconto di una donna vittima degli stupri nella provincia del Kasai Centrale, nella Repubblica Democratica del Congo. A documentare gli orrori degli abusi sessuali a donne, uomini e bambini è stata l'Ong Medici senza Frontiere (Msf).

Tra maggio 2017 e settembre 2018 – denuncia l’organizzazione umanitaria – sono state 2.600 le vittime di stupri nella città di Kananga, il capoluogo del Kasai Centrale. Tra chi ha dovuto subire le violenze dei gruppi armati anche 32 uomini, alcuni dei quali hanno raccontato di essere stati costretti sotto minaccia a violentare le donne della loro stessa comunità. “Ci hanno presi, ci hanno torturati e hanno iniziato a trattarci come schiavi”, la cruda testimonianza di un uomo. “Ci hanno persino costretto a violentare le nostre madri. Anche se non erano le nostre vere madri, era come se lo fossero. Se non lo facevi, ti uccidevano. Non avevamo scelta quindi abbiamo dovuto fare tutto questo. Quando racconto queste storie mi sembra un film, un sogno o qualcosa del genere. Da circa un mese non riesco a dormire perché quando mi addormento ricordo tutto ciò che è successo”.

La violenza non ha risparmiato neppure i più piccoli: 162 delle vittime erano bambini minori di 15 anni, e 22 avevano meno di cinque anni. “Hanno violentato la mia sorellina e mia cognata – è un altro racconto choc di un’altra sopravvissuta – poi sono venuti a stuprare anche me. Dalle analisi, ho scoperto che avevo la sifilide. “Questi dati indicano l’alto livello di violenza perpetrata ripetutamente durante l’anno scorso”, dichiara Karel Janssens, a capo della missione di Msf nella Repubblica Democratica del Congo. “Le testimonianze scioccanti dei sopravvissuti ascoltate quotidianamente mostrano come le vite delle persone e delle comunità siano state distrutte, rendendo molto difficile per loro riprendersi e andare avanti.” Metà delle vittime ha riferito che almeno un membro della propria famiglia è stato ucciso e che le loro case ed effetti personali sono stati saccheggiati o distrutti. Uno su dieci ha raccontato di essere stato testimone diretto di un omicidio o di un atto di violenza. “Mio marito è stato decapitato davanti a me, poi hanno rubato tutto”, è l’incubo vissuto da una donna.

Nonostante l’impegno del personale dell’organizzazione umanitaria, la quasi totalità delle persone abusate sessualmente spiega che non era a conoscenza della possibilità di ricevere assistenza gratuita o non aveva i mezzi per spostarsi verso i centri che offrono questo tipo di supporto. “Eppure l’assistenza alle vittime di violenza sessuale deve essere immediata e avvenire cioè entro 72 ore dall'abuso”, sottolinea Msf. “Si tratta di una necessità medica, specialmente per assicurare una protezione efficace contro i virus sessualmente trasmissibili come l’Hiv”. “La protezione delle vittime, che siano bambini o adulti, e l’assistenza socio-economica rimangono le sfide principali, considerando la disponibilità limitata di servizi adeguati”, dichiara Fransisca Baptista de Silva, coordinatrice del progetto di Msf a Kananga.

Il numero di persone stuprate nella provincia del Kasai Centrale e trattate dall'Ong è probabilmente solo la punta di un iceberg. Le équipe di Msf hanno iniziato a fornire assistenza alle vittime a maggio 2017, più di un anno dopo l’inizio della crisi in Kasai. Adesso, ogni mese, sono oltre 200 i pazienti in cura dopo aver subito abusi sessuali e violenze. L'anno scorso, Zeid Ra'ad al-Hussein, allora Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha definito la provincia del Kasai Centrale, un “paesaggio dell’orrore”.

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