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Santon piegato dal destino: “Sono costretto a smettere di giocare. Non voglio, ma devo”

Davide Santon ha annunciato il suo ritiro a soli 31 anni: il terzino ex nazionale non è più in grado di giocare a calcio.
A cura di Paolo Fiorenza
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Davide Santon si ritira dal calcio giocato ad appena 31 anni, dopo essere rimasto svincolato dalla Roma lo scorso 30 giugno, al termine dei 4 anni di contratto col club giallorosso. È la triste conclusione di una carriera che negli ultimi tempi ha riservato al ragazzo emiliano più amarezze che gioie, del resto basta guardare il ruolino delle sue presenze per capire come dell'ex nazionale azzurro fosse ormai rimasto poco.

Santon non è mai stato titolare dopo il ritorno all'Inter nel 2015 né poi alla Roma dove si trasferì nel 2018, fino ad arrivare alle sole 11 apparizioni del 2020/21 e alla sua esclusione dalla rosa nella scorsa stagione, quando è rimasto a guardare la cavalcata giallorossa in Conference League, pur essendoci in panchina quel Mourinho che lo aveva svezzato 17enne in nerazzurro, quando lo chiamò il ‘bambino' dopo averlo fatto esordire in Serie A. La verità è che il terzino non è più in grado di giocare, come racconta a TMW dando l'annuncio che nessun calciatore vorrebbe mai pronunciare.

"Sono costretto a smettere di giocare. Non per non aver avuto offerte, non per altro, ma perché il mio corpo, con tanti infortuni avuti in passato, non ce la fa più. Sono costretto a farlo. Non voglio, ma devo. Ho fatto un controllo dopo l'altro ma non c'è niente da fare: l'unica cosa sarebbe rischiare di avere delle protesi. Ancora riesco a camminare sulle mie gambe ma per fare il giocatore professionista serve altro", spiega lucidamente Santon, che a 19 anni festeggiò lo storico Triplete dell'Inter senza sapere che quello sarebbe stato il picco della sua carriera, neanche avvicinabile in futuro.

Santon con Balotelli e Muntari nel 2010 a festeggiare il titolo di campioni d'Italia con l'Inter
Santon con Balotelli e Muntari nel 2010 a festeggiare il titolo di campioni d'Italia con l'Inter

Il 31enne di Portomaggiore spiega nel dettaglio quali sono i suoi problemi fisici: "Ho il ginocchio sinistro dove non mi sono operato che però è andato. Mi impedisce tante cose… E poi c'è il famoso ginocchio destro: mi sono operato tre volte. Cartilagine, tolto tutto il menisco esterno ma appena faccio un minimo sforzo, si gonfia e non si piega più. In automatico tutti i miei infortuni al flessore partono da lì. In Serie A devi spingere, il ginocchio destro non si piega, sforzavo la gamba sinistra e il flessore è… andato. Ogni minimo sforzo c'è sempre da stirarsi, da stare fermi. Giochi una gara, ne stai fuori cinque. Se devo giocare con la paura, non lo faccio. E gioco da anni con paura, però mi sono adeguato, lavorando, tenendo botta. Però non giochi mai sereno, hai sempre paura: fai il compitino… Ho iniziato a giocare perché mi divertivo e negli ultimi anni era una sofferenza. Mi dicevano ‘stai a rubare i soldi a Roma'. Figuriamoci: col club eravamo a posto sul salutarci, il punto è che non riuscivo a passare le visite mediche altrove".

Un'esultanza di Santon in maglia Roma
Un'esultanza di Santon in maglia Roma

Tornando indietro con la memoria di molti anni, Santon ha un rimpianto: "Quando mi sono infortunato a 18 anni in Under 21, mi sono fatto male perché mi hanno fatto un'entrata. Sentii che il ginocchio si era rotto, mi faceva male: a fine primo tempo sono entrato negli spogliatoi, lo sentivo male, il secondo allenatore mi disse ‘abbiamo bisogno di te, tieni botta' e decisi di non mollare. Giocai tutto il secondo tempo col ginocchio rotto e lo sfondai. Da una fratturina diventò una fratturona. Invece di fermarmi, di ascoltare il corpo, decisi di andare avanti. A 18 anni vuoi dimostrare, hai fame, hai voglia. Sentivo tanto male, mi hanno dato un antinfiammatorio e sono andato in campo. Poi però non riuscivo più a camminare…".

Adesso per Santon è il momento dei dubbi sul futuro: "Ho sofferto i primi mesi. Ho avuto tempo di pensarci, di riflettere. Quando ero fuori rosa a Roma, ho avuto un primo periodo dove ho sofferto: non mi aspettavo questo finale di carriera. Volevo giocare, divertirmi, purtroppo ho avuto tutto subito ed è andato a scalare. Però bisogna accettare: ho pensato tanto, ho la famiglia, due bambine, ora mi dedico a quello e poi vedrò se restare nel calcio o in un altro ambito. Non lo so. Il calcio è diventato un mondo dove non c'è l'amore con cui sono cresciuto. Avevo Moratti come Presidente, era come un papà, dimostrava affetto ai giocatori. Ora è business, ti usano, ti scaricano e ne prendono un altro. Non so se mi appartenga ancora o no… La cosa che mi piacerebbe fare è allenare in un settore giovanile oppure… Ci devo pensare".

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