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Opinioni

La Lega Calcio ha “barattato” una partita a porte chiuse con la regolarità del campionato

Il pasticcio delle partite rinviate in Serie A fa discutere per le conseguenze sportive e per l’immagine del calcio italiano che sconfessa se stesso e alimenta il caos dei calendari. È vero che le ragioni di salute pubblica vengono prima di una partita ma è altrettanto vero che la regolarità del campionato va salvaguardata. E, alla luce delle decisioni prese, così non è. Perché non rinviare l’intera giornata? Perché non utilizzare un criterio uguale per tutti?
A cura di Maurizio De Santis
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Ha vinto il peso politico della Juventus che non ha mai gradito l'ipotesi di andare in campo senza pubblico, lasciando perfino filtrare l'idea che si potesse giocare il big match con l'Inter di lunedì sera. Hanno vinto le pressioni esercitate in Lega in queste ultime ore. Ha vinto la logica del business che abbraccia l'incasso (previsto) da quasi 5 milioni di euro (al quale non si rinuncia a cuor leggero), non infastidisce troppo le emittenti per nulla contente di mandare in onda partite nel deserto, toglie dalle mani la patata bollente del rimborso biglietti. Ha vinto l'interesse di parte che, al netto dell'emergenza Coronavirus (qui tutti gli aggiornamenti in tempo reale sulla situazione), nulla c'entra con la volontà di tutelare l'immagine dell'Italia. Ha vinto chi ha messo sul piatto della bilancia la regolarità di un campionato e l'ha "barattato" con la diretta di una partita a porte chiuse.

"Meglio rinvii che stadi vuoti", ha ammesso il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. Meglio sarebbero una comunicazione chiara e una linea di condotta precisa, univoca e non ondivaga che porta – da un giorno all'altro – a far saltare il banco e a sconfessare soluzioni adottate nemmeno 24 ore prima.

È vero che le ragioni di salute pubblica vengono prima dell'interesse sportivo ma è altrettanto vero che la regolarità del campionato va salvaguardata. E, alla luce di quanto accaduto, adesso non è più così. Vale tanto per le squadre di vertice (quelle che lottano per lo scudetto, per un posto in Champions e in Europa League) quanto per le formazioni impegnate nella salvezza. Perché non rinviare l'intera giornata? Perché in Serie B, in quelle zone definite critiche per i "focolai" e i contagi, si è giocato regolarmente anche senza spettatori? E che senso ha, come nel caso di Juventus-Milan di Coppa Italia, acconsentire alle "porte aperte" ma con limitazione geografica? Perché non utilizzare un criterio che, sia pure a malincuore per le ricadute sul calendario, sarebbe stato uguale per tutti?

Ecco perché la decisione presa in queste ore è la conferma di quanto sia debole la Lega di Serie A che ha mostrato incoerenza, palese inadeguatezza nella gestione della situazione trasformando il calendario in una sorta di coperta corta, strappata e rammendata in più parti ma che "non scalda" nessuno. Il duello per lo scudetto tra Juventus, Lazio e Inter non ha più lo stesso valore: folle il tour de force che attende i nerazzurri, ingolfata anche questa parte di torneo dei bianconeri mentre i capitolini – fuori da Coppa Italia ed Europa – si ritrovano paradossalmente favoriti dalla contingenza degli eventi.

Tutto questo perché? La Juve non voleva giocare a porte chiuse. Il Milan s'è messo di traverso e ha preteso che anche la sua partita ricevesse il beneficio del rinvio. Ridicolo quanto accaduto per Udinese-Fiorentina: prima annullata per le disposizioni del governatore del Friuli poi confermata ma a porte chiuse infine rinviata di nuovo. Nel gorgo sono state risucchiate anche Sassuolo-Brescia e Parma-Spal con buona pace del Lecce (in bilico sulla zona retrocessione) che domenica va in campo contro l'Atalanta. Assurdo ma reale. Tutto molto italiano.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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