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Cristiano Ronaldo spremuto dall’Arabia Saudita: sarà testimonial di una città che non esiste

I gol che Cristiano Ronaldo potrà segnare con la maglia dell’Al-Nassr sono solo una piccola parte del motivo per cui l’Arabia Saudita gli verserà mezzo miliardo in due anni e mezzo. Il campione portoghese sarà usato in tutti i modi possibili dal Paese arabo, anche pubblicizzando una città fantascientifica che ancora non esiste e per la quale sono state condannate a morte delle persone.
A cura di Paolo Fiorenza
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Cristiano Ronaldo non può ancora scendere in campo con l'Al-Nassr per via del regolamento sugli stranieri nella Saudi Pro League che impone di liberare prima uno slot degli 8 consentiti (dovrebbe essere tagliato allo scopo Aboubakar), con l'incombere anche della seconda giornata di squalifica che il 37enne portoghese si porta dietro dal campionato inglese. E tuttavia già quello che ha prodotto intorno a lui prima ancora di giocare un solo minuto dà idea dello scossone dato dal suo approdo in Medio Oriente: un'operazione tanto costosa per chi l'ha pianificata (Ronaldo potrebbe mettersi in tasca mezzo miliardo entro il 2025, data di scadenza del suo contratto), quanto facente parte di un progetto più ampio, che va ben oltre l'ambito meramente sportivo.

Al centro della vicenda c'è il ruolo di icona globale di Ronaldo, che non si misura con i suoi gol ma nel seguito che ha a livello planetario: CR7 sarà da ora in poi un testimonial a tutto tondo dell'Arabia Saudita nel mondo, spremuto in tutti i modi possibile per contribuire alla ripulitura dell'immagine del Paese arabo, le cui violazioni nel campo dei diritti umani sono state oggetto di ripetute denunce di Amnesty International e di altre organizzazioni internazionali. La stessa Amnesty ritiene che il trasferimento del cinque volte Pallone d'Oro faccia parte di uno "schema più ampio di sportswashing" da parte dello stato mediorientale.

Ronaldo come fiore all'occhiello dunque che non faccia vedere l'abito sottostante non pulitissimo, ma anche leva per cercare di portare in Arabia Saudita i Mondiali del 2030 organizzandoli assieme ad Egitto e Grecia. Si tratterebbe in quel caso di un nuovo torneo che si giocherebbe in inverno come accaduto qualche settimana fa in Qatar. A CR7 il compito di creare attenzione intorno a un movimento calcistico che è davvero di basso livello (al momento non c'è copertura televisiva nel resto del mondo), ma anche di spendersi per abbinare il suo sorriso alle bellezze da propagandare dello stato saudita.

Una di queste ‘meraviglie' saudite di cui diventare testimonial – in un connubio tra sport e politica di cui è impossibile distinguere i confini – sarà Neom, una ‘super città' che dovrebbe sorgere nel 2025 nella provincia di Tabuk, in Arabia Saudita. Al momento della città, che dovrebbe essere rivoluzionaria dal punto di vista urbanistico ed essere alimentata interamente da fonti di energia rinnovabile, esiste solo il progetto, annunciato 5 anni fa dal principe Mohammad bin Salman. Neom, il cui nome scaturisce dal mix tra le parole "nuovo" e "futuro", sarà costruita con i soldi – tra gli altri – del fondo sovrano saudita ed ospiterà i Giochi asiatici invernali del 2029.

Ad ora non esiste quasi nulla nella zona dove sorgerà la città, che a fine 2022 ha ospitato una competizione di beach soccer, e le difficoltà non mancano visto che per costruire le strutture necessarie per i Giochi del 2029 (piste da sci, lago artificiale e altre ancora) il governo ha deciso all'inizio di offrire un trasferimento in altre zone del Paese ai membri della popolazione Huawaitat residente nella zona. La situazione ha tuttavia preso tutt'altra piega quando alcuni indigeni di questa tribù locale si sono opposti allo sgombero, nel frattempo divenuto forzato. Fino ad arrivare alla condanna a morte nello scorso ottobre di tre uomini degli Huawaitat che si erano rifiutati di lasciare la terra dove i loro avi hanno vissuto per secoli.

Come si vede, non siamo molto lontani dalle accuse di comportamenti gravissimi rivolte al Qatar nella marcia di avvicinamento ai Mondiali: nei progetti di questi governi, le singole vite umane di chi non fa parte dell'elite possono essere sacrificate per il ‘bene superiore' della propaganda di stato. Quanto Cristiano Ronaldo sia consapevole del suo ruolo in tutto questo è affidato alla sua coscienza. La ricercatrice di Amnesty per il Medio Oriente, Dana Ahmed, ritiene che un atleta del suo profilo dovrebbe usare il suo pulpito per parlare della "miriade di questioni relative ai diritti umani" nel Paese arabo. "Invece di elogiare acriticamente l'Arabia Saudita, Ronaldo dovrebbe usare la sua considerevole piattaforma pubblica per attirare l'attenzione sui problemi dei diritti umani nel Paese e non permettere che la sua fama e il suo status di celebrità diventino uno strumento dello sportswashing  saudita", si è appellata la donna. Difficile che CR7 accolga la richiesta.

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