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Boca Juniors, una storia speciale tra mito e leggenda lunga 115 anni

I 115 anni di storia del Boca Juniors ripercorsi passo passo: dalla fondazione per mano di immigrati genovesi fino al campionato vinto beffando in extremis i rivali del River Plate, passando per le origini di nome e maglia, dai campioni Xeneizes passati da La Bombonera e dal caloroso tifo della ‘Doce’, ecco la storia di uno dei club più prestigiosi del mondo.
A cura di Quale Compro Team
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Boca Juniors - compleanno - storia
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La storia del Boca Juniors lunga 115 anni è una storia di calcio ma non solo. Una storia che lega la squadra della Boca, quartiere popolare di Buenos Aires, nata il 3 aprile 1905, a doppio filo all'Italia e in particolare alla città di Genova Genova.  I gialloblu in oltre un secolo di vita hanno scritto la storia del calcio argentino, sudamericano e mondiale, portando in alto il nome degli Xeneizes (i genovesi) e della gente del barrio dove sono nati. Una storia che ha poco di normale come dimostra il titolo conquistato nel 2020 con la squadra allenata da  Miguel Ángel Russo  e nella quale fino a qualche mese prima aveva militato anche Daniele De Rossi (ritiratosi dal calcio giocato a gennaio 2020) che ha regalato al club il 34° scudetto della propria storia.

Carlos Tevez e soci, infatti, l'8 marzo 2020 si apprestavano a disputare l’ultima giornata del torneo con un punto di svantaggio rispetto agli storici rivali del River Plate impegnati in casa dell’Atletico Tucuman. Gli xeneizes ospitano il Gimnasia La Plata allenato dal più grande calciatore della storia del Boca, e probabilmente del calcio, Diego Armando Maradona che viene acclamato come un eroe dall’intero stadio de La Bombonera, in particolare dalla “Doce”, la curva dei tifosi più caldi del Boca.

Boca Juniors - compleanno - storia

A prendersi la scena è però un’altra leggenda del club: l’Apache, ossia Carlitos Tevez che prima del calcio d’inizio va a salutare Maradona con cui scambia un bel bacio in segno di affetto e stima reciproca, e poi, al 72’ minuto di gioco, sigla il gol che permette agli azul y oro di centrare i tre punti che, dato il contemporaneo pareggio per 1-1 del River Plate a Tucuman, significano sorpasso in testa alla classifica e titolo in bacheca.

La storia del club: la fondazione nel quartiere La Boca

Uno dei tanti avvenimenti speciali nei 115 anni di storia del club. Quella storia cominciata lunedì 3 aprile 1905 quando Esteban Baglietto, Alfredo Scarpatti, Santiago Pedro Sana (adolescenti italo-argentini di origini genovesi) e i fratelli Juan e Teodoro Farenga (il cui padre era invece originario della Basilicata), si riunirono in Plaza Solis, a Buenos Aires, per fondare una squadra di calcio.

L’origine del nome Boca Juniors

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Sul nome da dare alla squadra i fondatori erano tutti d’accordo: Boca, come il barrio (il quartiere) La Boca situato nella parte sud-est della capitale argentina nel quale vivevano. Ma la moda vigente in quel periodo nel Paese sudamericano voleva che nel nome di una squadra si desse un’impronta britannica. Da qui la scelta di aggiungere Juniors (giovani) al nome prestabilito: nascono i giovani della Boca, nasce il Boca Juniors.

La maglia, i colori giallo e blu: la sorte e la Svezia

A quel punto non rimaneva altro che scegliere i colori sociali del neonato club. Inizialmente venne adottata una maglia a strisce sottili bianconere, cucita dalla sorella di Teodoro e Juan Farenga, poi, dopo una breve parentesi in maglia celeste, il nero venne sostituito con il blu. Nel 1907 però il club fu costretto a cambiare nuovamente i propri colori: qualche giorno più tardi si sarebbe dovuto giocare contro l’Almagro che aveva la divisa degli stessi colori. Bisognava dunque scegliere una nuova veste cromatica, ma a riguardo non c’è l’accordo unanime tra i dirigenti.

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Si decide allora di lasciar scegliere la sorte: «andiamo al molo e prendiamo i colori della bandiera della prima nave che passa», disse Juan Rafael Brichetto, che l’anno prima era stato presidente del club e che di mestiere era manovratore di uno dei ponti d’ingresso del porto bonaerense. E così fu. Leggenda vuole che la prima nave che videro giunti al porto de La Boca fu la Drottling Sophia (per alcuni fu la Prinsessan Ingeborg e per altri ancora la Oskar II), nave battente bandiera svedese. La decisione fu subito presa: giallo e blu. Quelli sarebbero stati i colori del Boca Juniors, gli stessi colori che hanno colorato gli ultimi 113 anni di vittorie e scudetti, di coppe internazionali e aneddoti, di grandi giocatori e di una passione per il calcio che va oltre lo sport.

Xeneizes: la squadra dei ‘genovesi'

Anche il soprannome affibbiato fin da subito alla squadra deriva dal quartiere in cui tutto ebbe inizio. Xeneize, così viene soprannominato subito il club, infatti significa “genovese” (Xeneizes al plurale: “genovesi”) e deriva dal fatto che il barrio de La Boca a fine ‘800 ebbe una forte immigrazione di genovesi i quali portarono anche il loro modo di parlare: Xeneize deriva infatti da Zeneize, il modo in cui in dialetto genovese si chiavano gli abitanti di Genova (Zena in dialetto). L’iniziale si è trasformata in “X” quando la parola ha subito un processo di castellanizzazione nel miscuglio di genovese, italiano e castellano, parlato in quel quartiere fluviale di Buenos Aires.

Lo stadio: la mitica ‘Bombonera'

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Una storia legata a pie’ pari con l’Italia dunque quella del Boca Juniors, così come lo è quella del suo stadio la mitica “Bombonera”, un monumento del calcio mondiale, che vede tra i suoi ideatori anche l’ingegnere Josè Luis Delpini (ovviamente anche lui figlio di due emigrati italiani della prima ondata diretta in Argentina). Non fu lui però a coniare il nome de La Bombonera: fu infatti il responsabile del progetto, l’architetto sloveno Viktor Sulčič, che si accorse della somiglianza della semicupola dello stadio con una scatola di cioccolatini (bombòn appunto) ricevuta in regalo da un’amica durante i lavori di costruzione. Da lì dunque lo stadio del Boca Juniors che sorge nel quartiere de La Boca fu subito battezzato “La Bombonera” e così chiamato fin dall’inaugurazione che avvenne nel 1940.

La ‘Doce’: la tifoseria più calda del mondo

Più che per la sua struttura però lo stadio, costruito tra i palazzi del barrio, è famoso soprattutto per il calore e la passione strabordante che i tifosi esprimono durante i match casalinghi della propria squadra. “La Bombonera no tiembla. Late!” (“La Bombonera non trema. Batte!”) cantano i supporter argentini nei cori incessanti della “Doce”, la mitica curva de los hinchas. Ed è proprio quel “battito” di entusiasmo escandescente che rende la tifoseria boquense una delle tifoserie più calde al mondo. Trovare i biglietti per assistere alle partite è quasi impossibile (sono 49 mila i posti e 75 mila i soci di cui oltre 25mila in lista d’attesa), gli abbonamenti si tramandano di padre in figlio, ma se doveste riuscire ad assistere ad un match casalingo del Boca Juniors di certo non rimarrete delusi.

Lo slogan della “Doce” è “La mitad mas uno” (“La metà più uno”), a rimarcare il maggior numero di tifosi in Argentina. Ma perché si chiama Doce? Il nome nasce da un episodio accaduto nel febbraio 1925 quando il Boca Juniors affrontò la prima tournée lontana dal Sudamerica: nel viaggio verso la Spagna, insieme ai giocatori, allo staff tecnico, ai dirigenti e un giornalista viaggia anche Victoriano Caffarena, chiamato anche “El Toto”, un tifoso xeneize ribattezzato subito “jugador numero doce” (“giocatore numero dodici”), al rientro in patria “El Toto” estese quell’appellativo a tutta la tifoseria che ancora oggi ne va fiera.

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I giocatori che hanno fatto la storia del Boca

La Bombonera è una cattedrale dove si sono celebrati parecchi idoli. Da Francisco Varallo, classe 1910 (181 gol in 210 partite con gli azul y oro), fino al già citato Carlos Tevez, capitano della squadra che ha soffiato in extremis il titolo 2020 ai rivali del River, sono tantissimi i campioni diventati nelle diverse ere simboli del club de La Boca e nessuno di questi è stato e sarà mai dimenticato.

Ancora oggi, se parlate con un tifoso di vecchia data vi parlerà dell’inossidabile Roberto Mouzo, 395 presenze in 15 anni di militanza tra il 1971 e il 1984, come fosse uno di famiglia, un fratello. E lo stesso vale per il portiere indio Hugo “El Loco” Gatti in gialloblu dal 1976 al 1989 odiato al suo arrivo per i trascorsi in maglia River e diventato poi idolo della Doce per la sua esuberanza dentro e fuori dal campo. O ancora per i vari Silvio Marzolini, lo storico capitano degli anni ‘60 Antonio “El Rata” Rattin, o il bomber Roberto Cherro capace a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30 di segnare 223 reti giocando da ala o anche Pedro Calomino, il centravanti a cui gli argentini attribuiscono l'invenzione della rovesciata.

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Ma nel cuore dei tifosi del Boca c’è spazio anche per tanti campioni che hanno indossato la maglia più recentemente come Juan Roman Riquelme, Martin Palermo, Walter Samuel o i gemelli Gustavo e Guillermo Schelotto. Ma anche per allenatori come quel Carlos Bianchi capace di regalare due Coppe Intercontinentali al club e di confezionare il periodo più vincente della storia xeneize e presidenti come quel Mauricio Macri che dal 2015 al 2019 è stato addirittura presidente dell’Argentina. E anche per chi è stato solo solo poco tempo lasciando però il segno come Gabriel Omar Batistuta, amato e poi visto spiccare il volo verso l’Italia, o Miguel Brindisi, centrocampista dal piede raffinato che divenne la spalla in campo e l’amico fuori dal campo di quel ragazzino appena arrivato alla Bombonera dopo aver fatto scintille all’Argentinos Juniors.

Diego Armando Maradona: simbolo del riscatto del barrio

E, infine, proprio lui, il più grande di tutti. Lui che, come nessun altro, rappresenta il Boca Juniors. Quel Diego Armando Maradona che, come visto al suo ritorno da avversario a La Bombonera nell'occasione dell'ultima gara del torneo 2020, è ancora l’idolo incontrastato della Doce e del popolo boquense. Lui che incarna il riscatto degli ultimi, lui che è partito da Villa Fiorito e con il suo estro e genio si è preso il mondo, diventando tra i calciatori più forti (per molti il più forte) della storia del calcio.

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Eppure con quella maglia nella sua prima avventura aveva giocato solo 40 gare (segnando 28 gol). Poche sì, ma sufficienti a creare quel connubio indissolubile tra il calciatore più forte al mondo e la tifoseria più calda del mondo: il Mondiale ‘86 vinto da trascinatore con l’Argentina aiutò ad aumentare l’aura del Diez dalle parti della Bombonera e quando poi Diego è tornato per chiudere la carriera dal ‘95 al ‘97 quel connubio è diventato eterno. E la gigantografia esposta ad ogni gara casalinga nella curva del Boca con la scritte “El mejor del siglo” (“Il migliore del secolo”) ne è la prova.

Boca Juniors vs River Plate: rivalità ultracentenaria

Ma, come detto, quell’8 marzo non è stato solo il giorno in cui la leggenda Diego Armando Maradona è tornata, seppur da avversario, tra il suo popolo. È stato anche il giorno in cui il Boca ha ottenuto quello che forse, per come è arrivato, è il titolo più bello della propria storia perché centrato all’ultima giornata in rimonta beffando gli storici rivali del River Plate. Una rivalità che ha origini lontanissime, una rivalità che è praticamente sempre esistita, insomma “La” rivalità.

Già perché entrambi i club sono nati a La Boca, ma solo il Boca Juniors, fondato in questo giorno del 1905, rappresenta il popolo del barrio mentre i rivali, nati quattro anni prima, sono soprannominati Los Millonarios ("I Milionari") per la notevole disponibilità economica del club mostrata già negli anni ‘30 dopo essere andati via dal quartiere d’origine. Una sfida che racchiude dunque una lotta di classe, uno scontro tra poveri e ricchi, due squadre che pur vicine geograficamente sono distanti anni luce l’una dall’altra e non solo per il modo di intendere il calcio.

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Un Superclasico (così viene chiamata la partita tra le due compagini più blasonate d’Argentina) che dura quindi da più di un secolo (il primo incontro ufficiale fu giocato il 24 agosto del 1913, con la vittoria del River per 2-1) e che, non a caso, viene riconosciuto come il derby più importante al mondo. Perché quella tra Boca e River è una rivalità che va oltre il calcio, che ha ricadute nella società tanto quanto, e forse anche di più, di quante ne può avere la politica. Una rivalità tra chi è rimasto fiero delle proprie radici e chi invece ha lasciato il quartiere di origine inseguendo soldi e fama, una rivalità che spesso però è andata oltre, superando i limiti del ragionevole e sfociando anche, purtroppo, nella violenza.

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