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Doping, accusa shock a Salazar: testava i farmaci sui figli (prima di darli agli atleti)

Alberto Salazar, guru dell’atletica americana, vincitore tre volte della maratona di New York e apprezzato tecnico, è stato squalificato per quattro anni per: “organizzazione e istigazione al doping e traffico di testosterone”. Salazar avrebbe usato i figli Alex e Troy come cavie per testare i limiti entro i quali il testosterone può essere individuato nei controlli antidoping.
A cura di Alessio Morra
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Nel corso dei Campionati del Mondo di Atletica di Doha la Usada, l’Agenzia Antidoping americana, ha squalificato per quattro anni il tecnico Alberto Salazar, un eroe dell’atletica americana che negli ultimi anni è diventato un apprezzatissimo coach, è stato consulente della federazione britannica e ha lavorato soprattutto con il leggendario Mo Farah. Le motivazioni della sanzione: “Organizzazione e istigazione al doping e traffico di testosterone”. Salazar che è stato per tanti anni l’head coach del Nike Oregon Project di Portland è stato subito licenziato dalla casa americana. In realtà però questo caso scoppia con quattro anni di ritardo, perché dal 2015 il tecnico è sotto inchiesta per doping dopo le rivelazioni di alcuni collaboratori che rivelarono, che già nel 2009, Salazar aveva effettuato dei test sui figli Alex e Tony. Ma già nel 1997 in un’intervista rilasciata a Sport Illustrated nel 1997 dichiarò di aver sperimentato il prednisone corticosteroide per potenziare il suo sistema surrenale in una gara di 54 miglia in SudAfrica, che poi vinse.

I test sui figli

Quattro anni fa Salazar, vincitore di tre maratone di New York tra il 1980 e il 1982, è finito sotto inchiesta per doping perché alcuni suoi collaboratori fecero una serie di rivelazioni che aprirono la strada a un vero e proprio scandalo, che però non ha impedito all’americano di continuare a lavorare e vincere con i suoi atleti. Nel 2009 l’allenatore convocò i suoi figli al centro Nike di Portland. A entrambi fece eseguire un test sui 5000 metri dopo aver massaggiato le gambe con Androgel, una pomata al testosterone (vietatissimo) usata per curare l’ipogonadismo maschile. Quei test furono analizzati da Jeffrey Brown, un medico endocrinologo, che dopo aver letto i risultati scrisse una mail a Mark Parker, co-presidente della Nike, che è diventato il CEO ed è uno dei manager più pagati degli Stati Uniti, che a Brown rispose: “È importante determinare la soglia minima di ormone maschile che genera un test (antidoping) positivo”.

Lo scandalo del doping e il ricorso di Alberto Salazar

Lo scandalo del doping americano è servito, e scritto in 134 pagine di arbitrato ‘United States Antidoping Agency versus Alberto Salazar’. Anni di lavoro, oltre mille e cinquecento atti esaminati, un numero enorme di trascrizioni testimoniali, ex dipendenti del centro, anche vittime di mobbing dai dirigenti Nike. Quest’arbitrato ha portato alla squalifica di Salazar, che risulta ossessionato dal testosterone e dalla carnitina, che non è dopante, e fautore di mega flebo (vietatissime). L’indagine ovviamente è dettagliata e coinvolge anche Lance Armstrong, ex ciclista che anni dopo i suoi trionfi è stato scoperto ed ha perso gran parte dei suoi successi. La Nike ha pubblicato un comunicato in cui scrive che: “la decisione presa non ha nulla a che fare con la somministrazione di sostanze vietate a qualsiasi atleta del Progetto Oregon”, ha anche appoggiato Salazar: Sosteniamo Alberto nella sua decisione di presentare ricorso e gli auguriamo un giusto processo”, e ha chiuso scrivendo: “Nike non perdona l'uso di sostanze vietate”.

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