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Metodi della polizia sotto accusa per la strage allo stadio in Indonesia: “Hanno superato il limite”

Aperta un’indagine in Indonesia per capire chi siano i colpevoli della tragedia dello stadio di Malang costata la vita ad almeno 125 persone: sotto accusa è finita la polizia e i metodi utilizzati dopo l’invasione di campo di alcuni tifosi della squadra di casa.
A cura di Michele Mazzeo
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L'immane tragedia andata in scena lo scorso sabato allo stadio Kanjuruhan di Malang in Indonesia al fischio finale della partita del massimo campionato di calcio indonesiano tra Arema FC e Persebaya Surabaya non resterà impunita. Nel Paese asiatico, dove ancora si fa il conto delle vittime (al momento 125 i morti accertati, di cui 17 bambini, e 320 le persone finite in ospedale), è partita infatti la caccia ai responsabili con il presidente Joko Widodo che ha ordinato l'avvio di un'indagine oltre alla sospensione della Liga 1 per capire cosa è successo in quella folle nottata.

Sotto accusa sono finiti i metodi adottati dalla polizia indonesiana nel momento in cui un nutrito gruppo di tifosi della squadra di casa, sconfitta per 3-2, ha invaso il terreno di gioco dopo il fischio finale del match. Secondo le ricostruzioni fatte da coloro che hanno vissuto in prima persona l'inferno dello stadio di Malang, difatti, a provocare il panico e la fuga di massa verso le uscite (nella quale è andata in scena la strage) sarebbe stato l'uso indiscriminato dei gas lacrimogeni e della violenza da parte degli agenti addetti alla sicurezza.

Tutte le testimonianze concordano infatti sul fatto che il caos totale è cominciato nel momento in cui la polizia ha cominciato a sparare i gas lacrimogeni verso le tribune: "All'inizio, i lacrimogeni erano solo verso il campo. Poi hanno sparato verso le tribune al gate 12, io ero con gli altri al gate 14, ma i gas lacrimogeni sono stati spinti dal vento, quindi si sono diffusi rapidamente in tutto il settore" ha difatti raccontato al quotidiano locale Kompas un tifoso presente allo stadio che non ha partecipato all'invasione di campo.

"A quel punto la gente in preda al panico correva verso l'uscita, ma l'uscita era chiusa e hanno anche spento le luci dello stadio. Quindi la tribuna era buia, con le persone si spingevano a vicenda cercando di uscire. Scavalcandosi l'un l'altro. Ho visto molte vittime al cancello principale. Tante vittime sdraiate lì, molte con le facce bruciate" ha quindi aggiunto un altro ragazzo uscito indenne dalla bolgia dello stadio Kanjuruhan parlando ai microfoni di Al Jazeera.

Una versione che concorda con le altre testimonianze raccolte dai media asiatici e dai tanti giornalisti presenti sul posto. Versione che è stata confermata anche dall'allenatore della squadra di casa Javier Roca che raccontando l'orrore vissuto in quei tragici momenti ha puntato il dito contro il modus operandi degli agenti:

"Quando sono tornato dalla conferenza stampa ho trovato il caos, con i miei ragazzi che portavano in braccio le vittime verso il nostro spogliatoio. C'erano anche molte persone sugli spalti con problemi respiratori a causa dei gas lacrimogeni. Penso che la polizia abbia oltrepassato il limite anche se non ero lì in quel momento – ha infatti raccontato il tecnico dell'Arema parlando della tragedia all'emittente spagnola Cadena Cer  –. Lo stadio non era preparato a questo caos. Forse si sarebbe potuta ridurre la capienza, ma non si pensa mai che si andrà a una partita di calcio e moriranno quasi 200 persone" ha quindi chiosato l'allenatore che da 20 anni lavora in Indonesia.

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Di parere opposto è invece il capo della polizia della regione di East Java Nico Afinta che ha difeso l'operato dei suoi uomini allo stadio di Malang, secondo il quale, prima dell'uso dei lacrimogeni erano state prese tutte le misure possibili per sedare la rivolta e che questo si è reso necessario dopo che i tifosi "hanno iniziato ad attaccare la polizia, agendo in modo anarchico e incendiando anche veicoli sul terreno di gioco".

Queste dichiarazioni hanno reso ancora più incandescente il clima in Indonesia con i familiari delle vittime della tragedia dello stadio Kanjuruhan (riunitesi in una lunghissima e partecipatissima veglia funebre) che chiedono giustizia per la morte dei loro cari: "I miei fratelli sono stati uccisi. Indagate a fondo", si legge infatti in un messaggio scarabocchiato sui cancelli dello stadio, accompagnato da un nastro nero con su la data della tragedia mentre sulle mura lì vicino sono apparse diverse scritte "ACAB" (acronimo di "Tutti i poliziotti sono bastardi"). Giustizia che dovrebbe fare l'indagine appena aperta dal Governo indonesiano e che tutti si augurano sia molto trasparente dato che tutto il mondo aspetta di sapere com'è possibile che una partita di calcio si possa trasformare in una delle peggiori stragi della storia.

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