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Carmelo Anthony diventa il decimo marcatore della storia NBA

Grazie ai 14 punti segnati stanotte contro gli Hawks, Carmelo Anthony è entrato nella Top 10 della classifica dei migliori marcatori della storia NBA a quota 27,318. Il nono posto di Moses Malone dista appena 91 punti e ci sono ancora 7 partite da giocare quest’anno per agganciarlo e superarlo.
A cura di Luca Mazzella
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Kareem Abdul-Jabbar, Karl Malone, LeBron James, Kobe Byrant, Michael Jordan, Dirk Nowitzki, Wilt Chamberlain, Shaquille O'Neal, Moses Malone. Una lista di leggende, alcuni tra i migliori e più longevi giocatori della storia NBA. Ma non solo: sono gli unici ad aver segnato, da stanotte, più punti di Carmelo Anthony nella storia NBA.

Con uno dei suoi tiri dal palleggio, contro una difesa più che competente di Danilo Gallinari a inizio secondo quarto della partita di ieri notte tra Portland Trail Blazers e Atlanta Hawks, "Melo" ha segnato da 3, subendo anche fallo, ed è ufficialmente entrato in top 10 scavalcando Elvin Hayes e aggiungendo quindi un altro tassello a una carriera che, anche in assenza di anello (ma non è l'unico) lo consegna ai più grandi di questo sport. La soddisfazione più grande, come lui stesso ha rimarcato a fine partita dopo che coach Terry Stotts gli ha consegnato il pallone della gara per celebrare il traguardo, è essere stato capace di tornare a ottimi livelli alla sua 18esima stagione nella lega, e dopo aver considerato quasi l'idea del ritiro se non fosse stato per la chiamata dei Trail Blazers. Prima degli spogliatoi, Melo si era fermato per la consueta intervista di fine partita:

"Questo momento è un po' più speciale degli altri. La top 10 di qualsiasi classifica all-time è un momento speciale e non voglio darlo per scontato. Capisco la grandezza dell'accaduto e non mi sembra vero di viverlo in prima persona"

Terminate in modo burrascoso le avventure a Oklahoma City e Houston, additato come uno dei responsabili dei mancati successi delle squadre, egoista, "prima donna" e chi più ne ha più ne metta, su Carmelo Anthony hanno colpevolmente sparato un po' tutti, giocando di certo su sue uscite poco felici (memorabile la risata in risposta a un giornalista dei Thunder che suggeriva un suo utilizzo dalla panchina come sesto uomo) ma più in generale tendendo a minimizzare le capacità realizzative di un giocatore che si avvicina ai 37 anni (il prossimo 29 maggio) in perfette condizioni fisiche e atletiche e che ha accettato, finalmente con serenità, un ruolo di scorer della second-unit a cui nulla viene chiesto se non di segnare, e tanto, ricevendo palla sugli scarichi e dando energia a un attacco troppo dipendente dalle prodezze di Damian Lillard e CJ McCollum.

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Dopo essere stato sempre superstar e punto di riferimento delle sue squadre nella prima parte di carriera Melo si è calato nelle vesti di gregario di lusso in Oregon, mettendosi al servizio dei compagni e lavorando duramente per tornare a fare la differenza in situazioni in cui prima di Portland non avrebbe mai accettato di giocare. Senza palla tra le mani, senza isolamenti per lui, per "soli" 24 minuti a partita, minor utilizzo in carriera.

In questo momento per la nona posizione di Moses Malone mancano appena 91 punti, da segnare nelle 7 partite ancora da giocare in regular season (eventuali Playoffs non entrerebbero nel conteggio), con una media di 13 punti a gara che è grossomodo quella che sta mantenendo da inizio anno (13.6). Salire ulteriormente, quindi, è possibile, e viste le condizioni fisiche brillanti in cui si trova non è da escludere che a fine stagione Melo scelga di rinnovare nuovamente il suo accordo in scadenza con Portland per provare a togliersi ulteriori soddisfazioni. O che tenti di inseguire, per un'ultima volta, il titolo NBA che in questo momento sembra irraggiungibile coi Trail Blazers: Anthony infatti è l'unico giocatore in top 10 a non averne mai vinto uno.

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