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The Crown 6

The Crown 5 perde la corona: è la corazzata Potëmkin dell’intera serie Netflix

The Crown 5 è la stagione più loffia della serie: tra l’inaspettato endorsement al Principe Carlo (troppo bello per essere verosimile) e una Diana più svampita che contro il sistema, il tè si allunga e l’etichetta vi annega. God save the binge.
A cura di Grazia Sambruna
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"Un oltraggio alla monarchia che ferisce deliberatamente i membri della Royal Family", così William Shawcross, biografo della Regina Madre, ha dato il benvenuto a The Crown 5, su Netflix dal 9 novembre. Mentre William e Harry fanno sapere di non aver mai guardato la serie, si mormora che Queen Elizabeth, morta da pochi mesi, ne fosse appassionata.

La possiamo immaginare seduta in poltrona a palazzo davanti a una tazza di tè e vittima, come noi tutti, del binge. Fa effetto guardare The Crown a un paio di mesi dalla scomparsa della monarca che tutti credevamo immortale, ma questa rimane forse l'unica emozione che la narrazione sembra essere in grado di darci. Dieci puntate, nuovi volti per i protagonisti e una storia con il freno a mano. Diluita e sicuramente meno efficace, questa quinta tappa non convince. A partire da alcune scelte di casting, del tutto eccepibili, sono poi molto spesso i dialoghi a dare il colpo di grazia al nuovo capitolo della saga dei Windsor che, nel complesso, non ingrana.

"Gli somiglio da dietro, forse". Così Dominic West (attore di livello, già visto in The Affair) ha commentato quanto senta d'azzeccarci fisicamente con il Principe Carlo degli anni Novanta. Di origini britanniche ma perfetto per interpretare il padre playboy di un surfista australiano, West è decisamente troppo per dare vita sullo schermo al Prince Charles dell'epoca. A ben guardare, però, questo casting potrebbe denotare una precisa scelta autorale: l'oggi Re Carlo III tra l'affaire Diana Spencer e qualche incauta telefonata dai contenuti erotici all'amante Camilla Parker Bowles, non era amatissimo dai sudditi del Regno allora, come forse non lo è nemmeno oggi. E sicuramente aveva delle grandi regal gatte da pelare. Eppure, qui ci viene raccontato come un uomo risoluto, disposto a tutto per amore, anche a mandare al diavolo la madre. Se così fosse stato davvero, probabilmente la storia brit avrebbe avuto ben altro corso.

Dominic West e Carlo d'Inghilterra
Dominic West e Carlo d'Inghilterra

Nessuno di noi, inclusi gli sceneggiatori di The Crown, può sapere quali parole siano intercorse tra i membri della Royal Family agli inizi dei Novanta. Ma risulta davvero difficile accettare un Prince Charles che strilla alla madre: "Se fossimo una famiglia normale, tu finiresti in galera!". Questo mentre la sorella della monarca le fa presente di avere diversi ottimi motivi (tra cui un matrimonio saltato causa divieto della regnante) per voler dare fuoco al Castello di Windsor. "I membri della famiglia reale non esprimono mai sentimenti personali, ognuno di noi deve celare le emozioni e seppellirle dentro di sè". Per quanto questo assioma venga pronunciato nel corso della stagione, la sceneggiatura precipita molto spesso in un clima da Uomini e Donne Over. Volano stracci a palazzo e salta quel mirabile gioco di sottilissimi bombardamenti verbali imbellettati a mò di buone maniere che costituiva uno dei principali punti di interesse di questa narrazione. Un peccato.

Poi c'è Diana, ma nemmeno troppo. Nonostante la performance di Elizabeth Debicki sia magistrale, soprattutto nelle espressioni facciali e nel portamento, l'attrice, che rassomiglia più a una giovane Sandra Mondaini, si ritrova a recitare delle battute davvero misere. Non si parla, non molto, della depressione di Lady D e dei suoi disturbi alimentari. Vediamo piuttosto la principessa triste un po' più felice, giuliva. Animata da una sorta di sempre rispettoso (e sacrosanto) rancore verso la Corona, fa piccoli dispetti, mai grandi scene madri, contro la Royal Family. Molto spazio viene dato anche a lei come ammaliatrice a caccia di uomini, dopo il divorzio. Sentirle dire frasi come: "Ho avuto un principe e mi ha spezzato il cuore, ora cerco un ranocchio che possa amarmi", però, conferisce alla sceneggiatura un'aura così stucchevolmente soap che né il personaggio né noi da casa meritavamo.

Elizabeth Debicki nei panni di Lady Diana
Elizabeth Debicki nei panni di Lady Diana

Per un Carlo improvvisamente dotato di spina dorsale, accompagnato da un'amorevole Camilla Parker Bowles, abbiamo una Diana un po' incolore, a tratti svanita, animata dall'unico obiettivo di trovarsi un compagno. Certo fa piacere vederla più carnale e meno "santino", ma a questo punto si sarebbe potuto dare spazio alle sue tanto chiacchierate serate con Freddie Mercury nei più controversi locali londinesi.

Imelda Staunton (Dolores Umbridge in Harry Potter) interpreta con classe una monarca stanca. Il suo personaggio ha sulle spalle l'inettitudine di chiunque la circondi, soprattutto di quelli che ha messo al mondo. E perfino il marito Filippo le dà, inaspettatamente, più di un grattacapo. Grazie a dio, ha i suoi corgie che, nella buona e nella cattiva sorte, le concedono sempre preziosi attimi di serenità. Dogs save the queen.

The Crown non è mai stata una serie particolarmente veloce nel ritmo e questa solennità è una caratteristica che nel tempo tutti abbiamo imparato ad apprezzare. Qui, però, la sceneggiatura indugia enormemente raccontando in dieci ore una storia che non arriva nemmeno al fidanzamento tra Diana e Dodi. Sullo sfondo, tantissima politica: l'ascesa di Tony Blair a Primo Ministro e la maggioranza dei sudditi che sogna, che richiede a gran voce un futuro repubblicano. Il paragone tra la Regina Elisabetta e la nave Britannia fa da fil rouge all'intera stagione e porta con sé l'esatto peso specifico di quel gigantesco bastimento. Non certo a livello emotivo, purtroppo. Un castello galleggiante che naviga a vista sulle pieghe della sempre più annacquata sceneggiatura. Il pubblico va in disarmo.

Questa quinta stagione è, in conclusione, la corazzata Potemkin di The Crown. Difficile mantenere costante l'interesse episodio dopo episodio, tra storyline noiose (tutto il filone russo del Principe Filippo dura un'eternità) e trame che non sono quelle che ci saremmo aspettati di vedere. Forse Mou Mou, la terza puntata sulle origini della famiglia Al-Fayed, risulta l'unica che vale la pena di seguire, che riesce a raccontare qualcosa di inedito e interessante, una storia viva come il padre di Dodi, Mohamed, il solo personaggio a cui è stato concesso il lusso di risultare simpatico nel quinto capitolo della saga televisiva, non approvata, dei Windsor. The Crown 5 non è abbastanza per un divorzio dalla serie più vista e amata di Netflix. Ma, di certo, costituisce un precedente.

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