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Giuseppe Brindisi: “Fiero di interviste a Lavrov e Berlusconi. Critiche? Cerco notizie, non applausi”

Intervista al conduttore di Zona Bianca, reduce da una stagione di soddisfazioni e polemiche: “Le critiche per l’intervista a Lavrov mi avevano fatto male, ma oggi la rifarei in modo identico”. Dopo un anno e mezzo Berlusconi ha scelto lui per tornare in Tv: “Un regalo, è stato un anno incredibile. “.
A cura di Andrea Parrella
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Da 30 anni è un volto e una firma di Mediaset, ma solo da una stagione Giuseppe Brindisi è diventato riferimento dell'informazione su Rete4. Nell'aprile del 2021 lanciava Zona Bianca, talk di approfondimento sull'attualità in onda una volta alla settimana, e forse nemmeno lui immaginava che nel giro di pochi mesi il programma sarebbe diventato una colonna della programmazione di Rete4, nonché il luogo per due delle interviste televisive più discusse degli ultimi tempi.

In onda ininterrottamente dall'aprile del 2021, senza pause e senza soffrire in termini di ascolti nonostante i cambi di collocazione. Se lo aspettava?

Un anno fa, quando è nata questa esperienza, oggettivamente no. Per me era la prima volta in prime time dopo circa 30 anni di conduzione televisiva. La prima serata è una cosa diversa, non riesci a sentirla fino a quando non la fai. Ho incontrato tutte le difficoltà del caso, è una questione di approccio, un problema di linguaggio, postura, atteggiamento e credibilità. In prima serata devi tirare fuori la personalità. Con il passare dei mesi ho iniziato a divertirmi e fare mio l'abito, trovando un'identità.

Quale crede sia il segreto del riscontro del programma?

Il Covid e la guerra hanno avuto ruolo fondamentale, perché siamo stati subito inquadrabili, con una posizione netta su entrambe le questioni: pro vax e contro la guerra. Questo ci ha connotati subito ed è stato un bene, chi ci viene a vedere sa che posizione abbiamo.

Prima del cambio repentino con guerra ed elezioni, Zona Bianca nasceva con un legame stretto al Covid anche nel titolo.

La Zona Bianca resta attualissima, nasceva come la safety zone che tutti anelavano nel pieno della pandemia, tra l'altro non ancora conclusa, ma è adattabile ai varii contesti che trattiamo. La definizione resta un eldorado, un ideale, quella che nell'immaginario collettivo ci vede tutti al sicuro. Va detto che noi non abbiamo mai avuto compartimenti stagni, i riflettori sono sempre stati accesi su quello che accadeva, penso alla cronaca e al costume.

Uno degli aspetti più criticati al talk show contemporaneo è l'inclusione di temi, opinioni e personaggi discutibili sotto il profilo della competenza. Voi come vi approcciate?

Da noi tutte le opinioni hanno la possibilità di essere espresse, quando sono molto diverse lo sottolineiamo, ma diamo spazio a tutti. La trasmissione ha una sua linea politica, ben chiara e precisa. Lo rivendico, indipendentemente dagli insulti e le minacce, che oggi sono quasi parte del gioco.

Un tempo il talk show era declinato solo col pubblico in studio, poi il Covid. Lei che ha iniziato nel silenzio dello studio pensa a reinserirlo?

Se n'è parlato, oggi si potrebbe fare e l'idea in teoria non mi dispiace, ma bisognerebbe trovare una soluzione originale, un modo diverso di approcciare anche la presenza del pubblico. Al momento non l'abbiamo ancora trovato e quindi andiamo avanti così. Per altro adesso ci siamo trasferiti in uno studio molto più bello, dal quale trasmettono anche gli altri talk.

L'offerta di Rete4 dopo la conversione informativa presenta tanti stili diversi, basti pensare ai diversi talk di prima serata. C'è concorrenza tra lei, Giordano, Gentili, Porro e Del Debbio?

Devo dire la verità, da quando sono a Mediaset c'è quella che viene chiamata polifonia. Noi abbiamo la totale libertà di esprimere la nostra personalità. Giordano è stato mio direttore, ci ho lavorato insieme per molto tempo, ma non riuscirei mai a fare quello che fa lui, così come Gentili, Porro e Del Debbio. Ognuno mette nei programmi il suo stile e credo sia un bene, la chiave del successo di Rete4. Se fossimo tutti omologati, sai che noia?

Lei è uno stacanovista in questa Rete4 trasformata in canale verticale sull'informazione.

In realtà penso anche di aver partecipato all'operazione che ha convinto Mediaset ad andare verso questa strada. Facevamo Stasera Italia con Veronica Gentili e abbiamo fatto, a un certo punto, tre prime serate che andarono benissimo. Credo che quella cosa abbia convinto l'azienda, il direttore di rete e l'editore ad andare nella direzione informativa. Per me è un motivo d'orgoglio.

Ci sono stati molti cambi di collocazione per Zona Bianca. Per l'anno prossimo si immagina una stabilità diversa?

Noi siamo partiti il mercoledì, fidelizzando il pubblico anche durante l'estate dello scorso anno. Poi è successo che Giletti si è spostato al mercoledì, forse convinto di trovare un terreno spianato, ma questa cosa non è successa e quindi è ritornato alla domenica. A quel punto l'azienda ha pensato: "Ora andiamo noi a rompere le scatole a loro". Quindi ci siamo spostati alla domenica, che resterà la nostra collocazione finale, perché il fatto di andare il lunedì e il giovedì in estate è una scelta di marketing, essendo la domenica una giornata morta.

Le due puntate settimanali non rischiano di essere penalizzanti?

Avevo molta paura dell'effetto bulimia, due puntate alla settimana sono dure da digerire e rischi di stancare lo spettatore. Al contrario stiamo andando benissimo, in un'estate anomala in cui non è tutto spento, visto che la politica ha ulteriormente acceso l'interesse.

Pochi giorni fa ha intervistato Berlusconi, per la prima volta in Tv dopo circa 3 anni. Come ha vissuto l'evento?

Molta emozione, io seguivo Berlusconi da capo della redazione romana di Studio Aperto, l'avevo intervistato più volte. Però averlo in studio per 45 minuti in un faccia a faccia è tanta roba. Il suo è stato un regalo, sceglie di tornare in televisione per la campagna elettorale e lo fa nella Zona Bianca. Grande soddisfazione e l'onere di farla al meglio.

Il ritorno in Tv di Berlusconi dopo quasi 3 anni
Il ritorno in Tv di Berlusconi dopo quasi 3 anni

 Per Berlusconi, come era successo per Lavrov, non sono mancate le critiche. 

All'epoca di Lavrov mi ero un po' incazzato per le contestazioni, poi ho capito che la reazione più logica è "arriva a farla, poi ne parliamo". Le interviste a Lavror e Berlusconi hanno generato lanci di agenzie, sono state riprese ovunque e penso sia un dato. Penso che il mestiere del giornalista sia trovare le notizie e io, in entrambi i casi, credo di averne trovate anche troppe.

In entrambi i casi le hanno contestato di essere accondiscendente e aver lasciato passare delle bugie

Io sono contro il giornalismo d'assalto, non è nel mio stile, non mi metto l'elmetto e faccio le battaglie. Ho le mie idee politiche, che in qualche modo condizionano la mia vita e la mia professione, ma io non sono quel giornalista che nell'intervista si pone come avversario della persona a cui fa domande. Io non devo dichiarare guerra a nessuno, ma essere a posto con la mia coscienza e deontologia.

Lei lavora a Mediaset da tanti anni, da giornalisti  come si approccia all'idea che qualcuno le dirà sempre di essere megafono di una parte politica?

Devo dire che in 30 anni di carriera io non ho mai avuto pressioni per dire una cosa o l'altra. Certo, c'è un editore e da che mondo è mondo l'editore, se fa un giornale, chiede che dentro ci sia quello che vuole. Sono equilibri con cui fare i conti e la sola cosa da considerare è la deontologia professionale. È chiaro che con un personaggio come Berlusconi davanti a te sai benissimo con chi ti stai confrontando e con quali occhi ti guardino dall'esterno. L'unico modo, dunque, è cercare di essere il più imparziali possibile.

A maggio l'intervista a Lavrov diventò un caso internazionale. 

Ci hanno contestato di aver concordato le domande e non è così, ci sono stati uffici stampa di personaggi politici molto meno rilevanti di Lavrov che ci hanno chiesto prima le domande. È stata un'intervista in totale libertà, senza condizionamenti.

L'ha rivista in questi mesi? Ha pensato che qualcosa andasse fatto diversamente?

Quell'intervista puoi rifarla altre dieci volte, nove ti verrà peggio e una meglio. A Lavrov io non dovevo dire che fosse un infame, ma metterlo di fronte ai temi che erano sul tavolo in quel momento. E l'ho fatto, con il mio stile pacato, cercando di entrare in empatia – per quanto possibile – con il personaggio. Se mi fossi messo l'elmetto, Lavrov si sarebbe alzato e sarebbe andato via. Mi sarei preso l'applauso di qualche pasdaran, ma io ho bisogno di notizie, è la ragione dell'intervista. La guerra a Lavrov la farà Zelensky, la NATO o chicchessia, non io. Mi ritengo orgoglioso.

Un momento dell'intervista di Brindisi a Sergej Lavrov
Un momento dell'intervista di Brindisi a Sergej Lavrov

Da 30 anni a Mediaset, ha vissuto tutta l'epopea dell'azienda, dai momenti d'oro a quelli difficili. Che fase è questa?

La vedo in un momento pieno di idee, soluzioni. La pandemia è stata complessa, per Mediaset come per tutte le aziende che hanno affrontato cali di pubblicità. Quest'anno però la ripresa è stata netta e percepisco sia un momento di grande creatività e io sono contento di esserci dentro, di essere una parte importante, una rotellina dell'ingranaggio.

Si parlava di Francesco Vecchi alla conduzione di Zona Bianca ad agosto, poi è saltato tutto. Scelta sua?

No. Il capo informazione di Mediaset, Crippa, mi descriveva adottando una frase di Liguori che mi prendeva in giro dicendo che nessun altro giornalista era passato alla storia per le sue vacanze. Ho questa fama usurpata che in un anno e mezzo ho cancellato definitivamente. Ero pronto a partire, ma in quegli stessi giorni scoppia la crisi elettorale e sono stati gli stessi vertici a dire "scordati le vacanze". Non ho avuto la forza, né la voglia di dire no, anche perché stiamo vivendo un momento davvero importante. Io ho chiamato Francesco mortificato, anche perché lui è bravissimo e sarebbe stato un debutto. Devo dire che l'ha presa bene, aveva intuito le circostanze.

Si sente in un momento d'oro?

Per me questa è un'annata straordinaria, ho capitalizzato alla grande un percorso di molti anni. Dal 2 maggio, quando ho intervistato Lavrov, ho sentito di vivere una fase importante. L'azienda mi è vicina, ho avuto anche la qualifica di vicedirettore. È un momento che voglio cavalcare e che voglio vivere in onda.

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