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Gianluca Grignani sulle dipendenze: “La generazione Z sarà capace di tendere la mano al più debole”

Gianluca Grigani ospite a Le Iene giovedì 27 aprile si racconta con un lungo monologo parlando del periodo buio delle dipendenze e lascia un messaggio di speranza per le generazioni future che sapranno tendere una mano al più debole e al diverso.
A cura di Giulia Turco
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Gianluca Grignani si mette a nudo raccontando in tv il momento buio della sua vita e i problemi con le dipendenze. Lo ha fatto nel corso della puntata di mercoledì 27 aprile, ospite a Le Iene, dove ha trovato spazio peri un lungo monologo. Aver toccato metaforicamente il fondo gli ha permesso di acquisire nuove e più profonde consapevolezze, sull’oggi e sul dominio che si augura.

Grignani e il periodo buio delle dipendenze

La prima parte del monologo di Grignani è dedicata al racconto del tunnel di droga e alcol che ha attraversato. L’artista ne parla in una forma poetica, portando lo spettatore dentro ad un’immagine nel suo passato dove spiccano “la sostanza”, nascosta in bagno, il pensiero ai suoi affetti, la disperazione e il bisogno di una mano tesa alla quale aggrapparsi:

La bottiglia di vodka volteggia nella mia mano, lungo il soppalco della villa che si affaccia sulla collina dei vigneti. Indosso una vestaglia blu. La sostanza è nascosta sapientemente in bagno, ogni tanto la vado a visitare, per uccidere qualcosa che neanche io so cos’è.

L’alcol non mi fa effetto, non mi calma. Sono solo. Lo spazio che separa il soppalco dal pavimento è come la caduta libera dalla cima dell’Everest fino in fondo alla fossa delle Marianne. La mia immaginazione srotola i pensieri in quest’ordine: padre, madre, figli, lavoro, amici. Mi sento cadere, ma il mio corpo è ancora lì, fermo immobile. Grido, la mia vita per un motivo. Aiuto.

Questo è un episodio del mio passato. Mi sono messo a nudo, vi ho raccontato quello che mi sono lasciato alla spalle. Spero così di aver guadagnato la vostra fiducia, almeno in quanto a sincerità. Però vorrei dirvi quello che penso io del futuro. Fatemi partire da una massima che è da un po’ che tengo nel cassetto: “Non date mai ad un poeta in mano una chitarra, vi racconterebbe quello che nasconde in fondo al fiume della tristezza e il resto del mondo potrebbe scambiarlo per un grido di guerra".

Ecco questo siamo noi, il resto del mondo, confusi, influenzabili, bramosi di trovare una risposta su cosa e bene e cosa è male. Passati anche attraverso una pandemia che non avevamo mai visto. Siamo alieni che non si riconoscono li uni dagli altri.

La fiducia nelle nuove generazioni

Il lungo monologo prosegue con una riflessione sul cambiamento. Quello della generazione Z che si è smarcata da quelle precedenti che raramente hanno teso una mano. Le stesse che hanno calpestato il più debole, che non avrebbero mai pensato di fare dell'inclusività la loro bandiera. Oggi forse c'è speranza per un finale diverso:

Poi c’è la generazione Z, che io ho ribattezzato V come vittoria. Quelli che identifico come la mano tesa. Vi ricordate il mio grido d’aiuto, la mia vita per un motivo? Ecco, loro hanno teso la mano. Quelli che non hanno mai avuto bisogno dei libri, perché hanno sempre avuto un computer. Quelli che per loro è normale che un telefono faccia tutto tranne il caffè, o quasi.

Loro che vengono indicati come la generazione dispersa, quella che non ha radici. Invece è la prima generazione che non è stata educata al motto ‘Mors tua, vita mea’. Loro non credono che tutto sia lecito, che vinca solo il più forte. È la generazione dell’inclusività, capace di rendere tutti uguali nelle differenze. La generazione del cambiamento, la mano del futuro.

Da musicista voglio immaginare per loro e per noi un finale diverso di una canzone famosissima degli Eagles, Hotel California. Anziché restare incastrati in un futuro senza immaginazione, ci troveremo tutti liberi nel deserto, con l’orizzonte davanti e con un inferno di fuoco alle spalle. Ecco il mio augurio, un finale diverso e un nuovo miraggio, un nuovo Hotel California, Hotel California 2022.

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