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Valeria Golino sul #MeToo: “Denunciare è stato giusto, ma si è arrivati ad una claustrofobia”

Valeria Golino si racconta in u’intervista a Vanity Fair, dove parla dei suoi anni in America e anche del MeToo, sottolineando come la denuncia sia stata necessaria, ma abbia portato dei cambiamenti anche sui set.
A cura di Ilaria Costabile
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Valeria Golino è la protagonista de "La vita bugiarda degli adulti" la nuova serie Netflix tratta dal romanzo di Elena Ferrante e diretta da Edoardo De Angelis. Intervistata da Vanity Fair, l'attrice ha parlato del ruolo di Zia Vittoria, del suo passato in America, del #MeToo comprese le difficoltà che ha comportato anche nei rapporti tra attori sul set, che col tempo sono diventati anche meno naturali, privi di un erotismo che, attualmente, è bandito.

Valeria Golino e gli anni in America

Un'attrice italiana che per anni ha vissuto in America, che si è rapportata con un modo di fare cinema diverso, è stata infatti protagonista di almeno 20 film. Anche lei, però, si è trovata a dover parlare di quanto molte delle sue colleghe abbiano vissuto sul set, denunciando molestie e abusi:

Denunciare è stato giusto. Ma gli errori del passato hanno creato una claustrofobia. Quando si arriva al parossismo in cui i comportamenti umani, l’arte, la letteratura, la storia, devono rientrare nel diagramma del giusto o dello sbagliato, dell’inclusivo o non inclusivo, a quel punto la drammaturgia finisce. Il grande romanzo finisce. La musica finisce. La giustizia può diventare ottusa. Se tutti si devono adattare al senso comune e qualsiasi tipo di dissenso è malvisto, allora all’arte cosa rimane?.

A questo proposito Valeria Golino, senza timore, parla della difficoltà di doversi relazionare con chi è al suo fianco durante le riprese, a cui lei cerca di trasmettere tutto l'amore possibile anche se questo suo modo di fare, molto fisico, potrebbe essere soggetto ad interpretazioni fallaci:

Sono molto affettuosa, sono fisica, li abbraccio e sbaciucchio tutti: sono una specie di love monster. Mi rendo conto che talvolta potrebbe essere fastidioso o forse sembrare inopportuno e se male interpretato, un giorno uno di loro potrebbe dire: “La Golino mi mette le mani addosso e io non voglio”, potrebbe farlo tranquillamente e denunciarmi, e creare un caso di #metoo da cui sarebbe difficile difendersi. Ma non c’è malizia, non c’è voglia di possesso in me. È proprio far scorrere quell’energia carsica che nell’arte per me non dovrebbe mai mancare.

La conoscenza con Weinstein

Nei suoi anni a Los Angeles ebbe modo di conoscere Harvey Weinstein, dal quale dichiara di non aver mai tratto alcun vantaggio: "Mi stava pure simpatico e avevamo dei progetti insieme. L’unico vantaggio fu non pagare un conto nel ristorante di New York che aveva insieme a Robert De Niro, il TriBeCa Grill: ci portai la famiglia e al momento di saldare trovai tutto sistemato. Ma quando le pressioni son diventate più forti e per me fonte di imbarazzo, mi sono molto adirata e non l’ho più voluto incontrare". Eppure, nonostante quanto raccontato sul produttore, che è stat non si è mai sentita in pericolo, non ha mai temuto per la sua incolumità: "I suoi modi mi mortificavano". Lui tornò a cercarla, dopo aver capito di aver commesso un errore nei suoi confronti, ma Golino racconta di averlo allontanato e di essere sparita, pur avendo "una stima intellettuale" nei suoi confronti, "avrei voluto poterlo guardare, senza che lui guardasse me" ha aggiunto commentando quel fare predatorio che, comunque, lo ha sempre contraddistinto.

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