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Nero a metà 3

Nero a Metà 3, Miguel Gobbo Diaz: “È importante che ci siano più ruoli e storie per attori neri”

Miguel Gobbo Diaz è Malik, co-protagonista della terza stagione di “Nero a metà”. A Fanpage.it ha raccontato l’evoluzione del suo personaggio, sottolineando come sia stato il primo ruolo positivo della sua carriera da attore: “Quello di Malik è stato il mio primo ruolo positivo, lontano dall’idea di criminalità”.
A cura di Ilaria Costabile
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A partire da lunedì 4 aprile è tornata in prima serata su Rai1 "Nero a metà". Protagonista della terza stagione come delle precedenti, accanto a Claudio Amendola, è l'attore Miguel Gobbo Diaz che a Fanpage.it ha raccontato i risvolti inaspettati del personaggio da lui interpretato, Malik, che è cresciuto fino a diventare un uomo pronto a prendersi anche la responsabilità di crescere un figlio, pur mantenendo un legame profondo con Alba (Rosa Diletta Rossi).

Nato a Santodomingo e trasferitosi in Veneto a soli tre anni, Miguel non ha mai dovuto affrontare la paura del pregiudizio e del razzismo che, però, molti ragazzi di seconda generazione, cresciuti in Italia hanno dovuto vincere, affermando la loro identità. Eppure, la diffidenza e la paura si percepiscono senza che vengano manifestate: "Non vivo più la mia vita pensando di essere diverso dagli altri, pensando che sono nero, vivo la mia vita pensando di essere un essere umano" ha rivelato il 33enne che, però, si è detto speranzoso dinanzi alla possibilità che ci siano sempre più ruoli che non raccontino necessariamente una realtà viziata dove per i neri esiste solo criminalità.

Dalla prima alla terza stagione il personaggio di Malik è cresciuto, ma il cambiamento più evidente si vede nei confronti di Carlo. Come si è evoluto il vostro rapporto? 

Malik è cresciuto come persona, come uomo, si sta prendendo delle responsabilità, come quella di prendere in affido un bimbo, le sue priorità cambiano e allo stesso tempo è cambiato anche il suo rapporto con Carlo. Dopo tante tensioni tra i due, anche per il comportamento scontroso di Malik e la sfiducia di Carlo Guerrieri, finalmente trovano un punto di incontro e capiscono che lavorando insieme sono più forti.

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Quale credi sia stato il valore aggiunto del tuo personaggio in questa serie?

Credo che Malik abbia dato un cambiamento totale all’interno della squadra. È un poliziotto nero e come tale ha messo alla prova anche Carlo. Magari all’inizio vedendo un poliziotto nero, c'era il rischio che fosse guardato con sospetto, ma è stata una sorpresa perché Malik ha dimostrato di essere all’altezza del suo lavoro, all’altezza della persona che è.

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Nero a metà è una serie che abbraccia completamente l'idea di inclusività, credi riesca nell'intento di abbattere certi pregiudizi?

Il pubblico, soprattutto chi ha iniziato a vederci dalla prima stagione, ora che siamo alla terza si è abituato all’idea di vedere un poliziotto nero. Inizialmente l'intento era quello di capire se fosse accettata questa diversità, cosa che gli spettatori hanno non solo accettato, ma anche amato. Credo che questa serie abbia il merito di attenuare un certo pregiudizio insito nell'essere umano.

Spiegaci meglio.

Le persone creano da sole i pregiudizi, a volte non ci fidiamo a prescindere di chi abbiamo davanti non tanto per quello che dimostrano, ma per come sono. Quando poi conosciamo la persona e capiamo che è valida, sana, dimentichiamo il suo aspetto ed entriamo in empatia. Ed è quello che è accaduto anche con questa serie, che ci ha permesso di cambiare, evolverci e raccontare storie vere, perché ci sono medici neri, poliziotti neri, ci sono attori neri come me ed è giusto raccontare anche questo.

E nella tua storia personale hai dovuto sostenere il peso di questo pregiudizio, della diffidenza?

Sono cresciuto in un paesino in Veneto e ho avuto la fortuna di non dover vivere situazioni razziste, di non avere brutte esperienze, però certe sensazioni le avverti, sono sottili, ma ti fanno pensare. Ritengo, però, che sia importante come si accolgono i pregiudizi, perché prenderli sul personale fa stare male te e non dà all'altra persona la possibilità di ricredersi.

A proposito della tua infanzia, so che sei tornato a vivere nel paese in cui sei cresciuto da bambino. Come mai questa scelta?

Perché ho vissuto otto anni a Roma, due anni a Londra e poi mi sono detto che il mio lavoro riesco a farlo anche qui. Preferisco stare a casa vicino al verde, dove posso rigenerarmi e lavorare su me stesso, studio, cerco di allenare la mia creatività. Ad esempio sono stato preso per Nero a metà quando ero a Londra, ho fatto Londra-Roma almeno 4 volte, quindi non è tanto il posto in cui vivi, ma come fai il provino (ride ndr.)

Tornando alla fiction, hai accennato alla decisione di Malik di prendere in affido un bambino. Dal momento che è stato adottato, credi che sia un modo per aiutare qualcuno come in passato hanno fatto con lui?

Sì, certo, le due cose sono collegate. Credo che Malik lo senta molto vicino, poi essendo simili dal punto di vista culturale, e provenendo dallo stesso Paese, si sente più responsabile nell’aiutarlo a crescere e migliorare, aiutandolo a non avere paura della diversità e dei pregiudizi che magari può avvertire. È una motivazione profonda che si capirà vedendo i prossimi episodi.

Anche se la storia con Alba è finita, il rapporto tra loro è ancora ben saldo. Come lo descriveresti? Non è che Malik avverte come un senso di colpa per "aver rovinato tutto?". 

C’è un legame profondo tra loro due, è innegabile che Malik senta sempre la responsabilità, il desiderio di aiutarla. Il rapporto che hanno ora è quello di due adulti che sono cresciuti e che hanno fatto delle scelte ben precise, Malik quella di prendersi cura di un’altra persona, Alba quella di ricostruire il rapporto con la madre. Poi certe situazioni li hanno portati a vivere insieme questi avvenimenti. Ci saranno sempre delle conseguenze per questo sentire profondo che li unisce, che non si sa se sia legato ad un profondo amore o semplicemente ad un affetto, ma qui lascio giudicare al pubblico.

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Quindi non è ipotizzabile un ritorno di fiamma?

Non lo so so, non si sa mai, vediamo cosa succede. L’amore è imprevedibile.

Questa terza stagione di Nero a metà è decisamente più crime delle altre. Come hai gestito questo cambiamento?

Finalmente in questa terza stagione ci saranno delle risposte che il pubblico aspettava già dalle prime due, anche le indagini vengono svolte in maniera diversa, con più maturità. Mi sono affidato alla scrittura, ma anche alle direttive di Claudio Amendola come regista, da lui ho imparato davvero tanto. Oltre al crime, però, non manca la comicità, abbiamo voluto alleggerire un po' la tensione. Anche se per Malik è difficile essere auto-ironico, è sempre molto serio, si prende poco lo spazio per la battuta, però ci sta provando.

E Miguel è come Malik o riesce a prendersi lo spazio per divertirsi?

Ah, no, io sono scherzoso, mi piace ridere, non prendersi sul serio, bisogna essere molto autoironici e non troppo drammatici.  Sono una persona che lascia molto vivere, non giudica, almeno ci provo, cerco di essere sempre il più positivo possibile e fare tutte le cose con passione e amore.

Oltre a Nero a Metà, sei stato tra i protagonisti di Zero, la serie Netflix dove però eri un delinquente. Come si sta nei panni del cattivo?

Fare il cattivo è sempre bello, divertente, vai a toccare situazioni che non sono abitudinarie, e quindi ti metti in gioco nei panni del personaggio, cerchi di entrare in empatia con lui, e questa è la fase più entusiasmante, quando fai il cattivo sembra che tu non abbia limiti. Ci tengo a dire che era un personaggio latino, vicino anche alle mie corde, io parlo spagnolo, quindi mi sono molto divertito. È stata una serie importante, bisogna continuare a stimolare le nuove idee, scrivere nuove storie, naturalmente noi attori neri italiani ci siamo e bisogna avere ancora più ruoli, perché le storie ci sono.

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In Zero i ragazzi vivevano nel Barrio, le storie raccontate prendono spunto dalla realtà, non sempre semplice. 

Per quanto riguarda il mio personaggio, a Milano ce ne sono parecchi che vivono quel tipo di realtà, ma i giovani di seconda generazione hanno dei sogni e vogliono raggiungerli, come diventare dei fumettisti, dei poliziotti, diventare persone appartenenti ad una nazione come l’Italia, che hanno sogni normali e già che io dica normali è strano, sogni e basta.

Quali erano i sogni di Miguel ragazzino?

Volevo diventare un calciatore, strano vero? (ride ndr). Poi gli eventi mi hanno portato a studiare recitazione alle scuole superiori, ho deciso di mettermi in gioco e sono entrato al Centro Sperimentale a Roma, da lì sono andato a Londra, e poi è arrivato Nero a Metà, anche se avevo fatto dei film prima. Questo però mi fa riflettere.

Cosa?

Mi fa riflettere, perché se vedo tutti i ruoli che ho fatto, e non sono poi così pochi, quando è arrivato Malik è stato il primo ruolo positivo. Questo mi ha aperto le porte e in una serialità come quella di Rai1, mi ha fatto sperare che finalmente ci fosse qualcosa di diverso dalla solita realtà da criminale, da tossicodipendente o altro, ora siamo anche noi dei poliziotti, dei dottori, degli imprenditori.

Il fatto che sia la Rai a lanciare questo messaggio è incoraggiante. 

La Rai sta facendo un bel lavoro di integrazione, ci sono molte più storie, anche storie d’amore, dove c’è il fidanzato nero, oppure c’è la famiglia nera che fa da protagonista. Credo nella realtà il pubblico è già abituato, ma non era abituato nella finzione, ed è per questo che servono sempre storie nuove, come Nero a metà. Per quanto mi riguarda non vivo più la mia vita pensando di essere diverso dagli altri, pensando che sono nero, vivo la mia vita pensando di essere un essere umano, poi è un problema dell’altro se mi vede diverso, non mio.

A questo proposito, ci sarà una nuova stagione di Nero a Metà?

Ancora è troppo presto per saperlo, però io voglio tanto bene a questa serie e le auguro il meglio.

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