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Siria, liberata giornalista tedesca rapita nel 2015. Ha partorito durante la prigionia

Una donna tedesca, rapita l’anno scorso in Siria mentre era incinta, è stata liberata e ha raggiunto la Turchia. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri di Berlino: la donna e la sua bambina “stanno bene viste le circostanze”.
A cura di Susanna Picone
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Una giornalista tedesca rapita nel 2015 e la figlioletta avuta durante la prigionia sono state rilasciate in Siria e portate in Turchia. Lo ha reso noto il ministero tedesco degli Esteri. Le due – la donna avrebbe ventisette anni e avrebbe partorito la sua bimba nel dicembre scorso – sono ora nelle mani dei funzionari del consolato e della polizia tedesca e l'ambasciata ad Ankara sta preparando il loro ritorno a casa. I media tedeschi hanno identificato la donna in una giornalista freelance che collaborava all’epoca del rapimento con il giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e con l'emittente pubblica Ndr e che si era recata nel Paese in guerra per avere notizie in esclusiva. La donna sarebbe già stata incinta al suo arrivo in Siria. “La donna tedesca e il bambino, nato durante la prigionia, sono in buona salute, considerate le circostanze. Di loro si occupano il consolato e la polizia”, è quanto ha fatto sapere una portavoce senza fornire altri dettagli. Il governo tedesco ha dichiarato di non aver pagato nessun riscatto ma di aver fatto “sforzi considerevoli per risolvere il caso”.

Il rapimento – Il magazine Focus aveva fatto sapere all'inizio dell'anno che la giornalista era stata apparentemente rapita dal gruppo al-Nusra che chiedeva cinque milioni di riscatto. I miliziani però hanno diffuso un comunicato mercoledì sostenendo di non aver niente a che fare con la vicenda ma di essere responsabili della liberazione della giornalista. “Assieme ai suoi colleghi e familiari, siamo felici che questo tragico rapimento si sia concluso”, ha poi commentato Christian Mihr, direttore di Reporter senza frontiere. Mihr ha anche ringraziato le autorità tedesche che hanno impedito “che il rapimento si concludesse con una esecuzione come quella di James Foley”, il giornalista americano decapitato dall’Isis nel 2014 dopo due anni di prigionia.

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