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Senza dimora, Caritas: numeri in aumento e situazioni croniche, vanno ripensati i servizi

In Italia i senza fissa dimora sono in aumento, passati dai circa 47mila 600 del 2011 agli oltre 50mila 700 del 2014. Secondo la Caritas le ragioni sono tante: la crisi, l’emergenza casa e il fallimento dell’accoglienza ai migranti. Chi vive per strada, spesso ci resta per anni. La soluzione è un cambiamento nei servizi di sussidio: presa in carico totale e persone al centro.
A cura di Claudia Torrisi
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La sua identità non si conosce ancora, inizialmente i carabinieri avevano parlato di un senzatetto. In merito alla tragedia si è espresso un assessore: “Potrebbe non essere un clochard ma qualcuno sopraffatto da un malore”.

L'inverno è generalmente la stagione in cui gli italiani si ricordano delle persone senza fissa dimora che popolano le nostre città, tra piani per "l'emergenza freddo" e polemiche per assenze o poca capienza dei dormitori. A Roma non solo le stazioni pullulano di cartoni, coperte e giacigli di fortuna: anche negli angoli di alcune strade è possibile trovare qualcuno che si arrangia come può per passare la notte. Nel 2014 nella capitale ne sono stati censiti 3276, pari allo 0,11% della popolazione romana.

Nel Follow up dell’indagine nazionale sulle condizioni delle Persone senza dimora condotta nel 2014 da fio.Psd – Federazione italiana organismi per le persone senza dimora – ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Istat e Caritas italiana, c'è un dato importante: nel nostro paese ci sono oltre 50.700 persone senza fissa dimora, una cifra in aumento rispetto al 2011, quando erano 47 mila 648. La rilevazione è stata fatta contando le persone che, nei mesi di novembre e dicembre del 2014, hanno fatto uso di almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna in 158 comuni selezionati.

"Su questo aumento pesano diversi fattori. Pesa evidentemente la crisi economica, che ha causato una crescita delle persone senza lavoro con riflessi anche sul tema delle persone che vivono in strada; pesa la questione casa, oramai in piena emergenza", ha commentato Francesco Marsico, responsabile Area nazionale di Caritas Italiana, che ha seguito la ricerca. Un altro aspetto, però, "è il fenomeno della pressione migratoria. Ci sono soggetti che escono dai sistemi di accoglienza, che vengono respinti e si ritrovano per strada".

Così come era stato rilevato nel 2011, a vivere senza dimora sono per lo più uomini, l'85,7%. Di questi, il 75,8% hanno meno di cinquantaquattro anni, più della metà sono stranieri e hanno un basso titolo di studio: solo un terzo di loro raggiunge almeno il diploma della scuola superiore. A caratterizzare questa moltitudine è spesso il dover condurre la vita in strada da solo, senza un partner o un figlio. Anzi, in molti casi sono proprio fratture nelle relazioni a portare alla condizione di senza dimora: secondo i dati, rispetto al 2011 sono aumentate le persone che hanno alle spalle una separazione (dal 59,5% al 63%). E poi c'è la perdita del lavoro – motivazione però in calo, dal 61,9 al 56,1% – o un impiego instabile, mal retribuito, la mancanza di qualsiasi reddito. "Non è possibile delineare un profilo unico di chi si trova in una situazione di senza dimora – ha spiegato Marsico – Ci sono motivazioni legate alla perdita del lavoro, che restano molto forti, ma anche questioni riguardanti la salute, la rottura di legami relazionali che producono nella carriera esistenziale delle persone fratture che conducono alla condizione di senza dimora".

Infine, "c'è il quadro degli immigrati, ancora diverso. È il caso di progressi migratori che si rivelano evidentemente fallimentari: o per il mancato ingresso nel mondo del lavoro, o perché si sono iniziati percorsi inizialmente coperti da reti Sprar e poi interrotti, oppure perché si erano avviate attività connesse al riconoscimento dello status di rifugiato che sono poi fallite. In tutti questi casi spesso l'alternativa è la strada", ha aggiunto il responsabile Caritas.

Un aspetto allarmante dell'indagine è la cronicizzazione della durata della condizione di senza dimora. Rispetto al 2011, i temi si sono allungati: sono diminuite le persone senzatetto da meno di tre mesi (dal 28,5% al 17,4%), ma sono aumentati coloro che lo sono da più di due anni – dal 27,4% al 41,1% – e di chi lo è da oltre quattro anni, passando dal 16% al 21,4%. "I dati ci confermano una cosa che già sapevamo – ha commentato Marsico – c'è una persistenza della condizione che aumenta. Le ‘carriere' dei senza dimora si stanno allungando e questo indica due cose: la prima è il permanere della crisi economica e quindi la necessità di sostegno economico per queste persone per reinserirsi, la seconda è l'evidente difficoltà dei servizi territoriali nella presa in carico. Il cronicizzarsi dei senza dimora singnifica che i servizi d'accoglienza garantiscono solo una parte dell'aiuto, ma non riescono a creare opportunità di reinserimento". Oggi, ha confermato Marsico, si fa maggior ricorso a strutture come ostelli o ricoveri di emergenza, ma "i servizi si sono modificati, e abbiamo registrato una diminuzione dell'offerta del 4% rispetto al precedente censimento".

Il punto è, come ha sottolineato Marsico "far uscire questi individui dalla condizione di senza dimora. Il vero discorso è sviluppare forme di intervento diverse, che tentino di offrire una dimensione alloggiativa dentro case, non centri di accoglienza. Va cambiato il paradigma dei servizi per i senza dimora, va improntato a una presa in carico complessiva della persona che possa portare a un cambiamento della sua condizione". Propositi che si ritorvano anche nelle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia sottoscritte in Conferenza unificata Stato Regioni lo scorso novembre. Un documento con lo scopo di migliorare questa situazione in cui si affrontano i temi pratici di mense e dormitori, di come intercettare gli homeless, ma anche di come "rimettere al centro la persona". Per Marsico, "va valorizzata l'autonomia dell'individuo, solo così potrà uscire dalla condizione di senza dimora. E potrà farlo solo se verrà aiutato non in centri d'accoglienza ma in posti che somiglino più ad appartamenti, a delle case".

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