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Opinioni

Se Beppe Grillo ha la gastrite

L’accettazione della sconfitta da parte di Beppe Grillo come parte integrante di una comunicazione bipolare, che oscilla fra le prerogative del comico e l’impegno politico, fra esagerazione teatrale e etica pubblica.
A cura di Massimo Mantellini
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Ci deve essere, effettivamente, qualcosa che non funziona. Dopo la sconfitta elettorale del Movimento Cinque Stelle alle Europee moltissimi commentatori hanno tessuto le lodi del video soft che Beppe Grillo ha pubblicato come commento al voto. Un video leggero, autoironico, di segno opposto rispetto alla politica arrembante e urlata alla quale il comico genovese ci ha abituato. Che è successo – si sono chiesti in molti, Grillo è cambiato? Ha capito che il registro andava modificato? Che la strategia della continua tensione, dell'attacco a testa bassa, del nomignolo canzonatorio e offensivo non aveva funzionato e non avrebbe funzionato nemmeno in futuro?

Difficile immaginare qualcosa del genere. Tragedia e commedia sono stati utilizzati da Grillo in questi anni in maniera tanto ampia quanto evidente. E questa ambiguità comunicativa ha generato quello che molti hanno immaginato come un vantaggio competitivo. Dopo le iperboli più improbabili gridate da un palco, Grillo si affrettava a minimizzarne la portata in quanto frasi attribuibili ad un comico. A lui solo era riservata la scelta di stabilire cosa fosse voce del buffone e cosa invece fosse espressione del ragionamento politico. Una esegesi retroattiva che nessun altro contendente poteva evidentemente permettersi.

Grillo si è nel tempo autoesentato dal dover presentare il conto delle frasi e dei toni utilizzati, anche se i media, che Grillo odia sommamente, hanno cercato in ogni maniera di utilizzare quegli stessi toni come arma contro di lui. Se il linguaggio si è fatto via via più forte (del resto partendo dai Vaffanculo Day era quasi inevitabile) questa diversità è stata vista da un lato come una sorta di concorrenza sleale (ve li immaginate Renzi o Berlusconi che dicono cazzo ogni 4 parole) dall'altro è stata utilizzata come grimaldello leghista, qualcosa del tipo “parla come mangi”, un valore identitario di affermata parità fra politico ed elettore che in Italia ha da tempo molti sciagurati estimatori.

Se tutto questo è successo davvero non si comprende perché anche il video mansueto e rassicurante del leader del M5S che ingoia un Maalox o che cita l'hashtag geniale della concorrenza, non debba essere iscritto all'interno del medesimo progetto comico politico: quello nel quale un momento si inneggia a Hitler e in quello dopo ci si commuove per gli italiani che non ce la fanno più. Non si capisce per quale ragione il cinismo del teatrante debba valere solo nella fase maniacale e non in quella depressiva. Non c'é nessuna ragione per pensarlo, se non attaccandosi per l'ennesima volta alla tendenza di questo Paese a preferite la rimozione alla memoria.

Un peccato grave, nel caso di Grillo, per una ragione ulteriore
. Perchè il tono bipolare del comico/politico usato con grande spregiudicatezza e calcolo non ha prodotto uguali oscillazioni negli elettori e nei rappresentanti del Movimento. Costoro hanno rapidamente adottato i toni assertivi, urlati e messianici e subito dimenticato eventuali ironie e i rari accenni alla leggerezza.
È sufficiente ascoltare i parlamentari grillini nelle loro rare apparizioni TV: fasci di aggressività e tensione ad imitare la verve del capo senza averne il talento e senza comprenderne il lato (per la verità sempre piu residuale) ironico e accomodante. Lo stesso accade leggendo ciò che le legioni degli attivisti cinquestelle scrivono in rete, nella ciclica ripetizione di slogan e affermazioni vidimate solo dalla voce e dall'autorevolezza del capo e indisponibili ad ogni ulteriore elaborazione.

Il Grillo che si cura la gastrite in video sul suo blog non è diverso dal Grillo che urla di essere “oltre Hitler” da un palco davanti alla folla plaudente, ne è il completamento ovvio, nell'irrisolta questione di accertare, prima di tutto con se stessi, se si è carne o se si è pesce. Grillo pensa, forse a ragione, che scegliere non sia necessario e non gli sia utile: noi da parte nostra potremo forse commuoverci per le lacrime di dolore dell'attore sul palco ma solo per cinque minuti, solo fino a quando la chiusura delle quinte manderà tutti gli spettatatori a casa.

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Massimo Mantellini da oltre un decennio scrive di internet e di tecnologia sul web e sulla carta stampata, trattando in particolare i temi del diritto all'accesso, della tutela della privacy e della politica delle reti. Editorialista di Punto Informatico fin dalla sua nascita, nel 1996, collabora con L'Espresso. Dal 2001 cura un blog personale, Manteblog
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