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Opinioni

Save the Children, il report choc: 1,2 miliardi di bimbi gravemente minacciati da guerre e povertà

Nel mondo più della metà dei bambini – 1,2 miliardi – è gravemente minacciato da povertà, conflitti armati o discriminazioni di genere. Il Niger è il Paese dove i minori corrono i rischi maggiori; Singapore e Slovenia quelli più a misura di bambino. L’Italia è ottava. E’ il quadro che emerge nel rapporto “Le tante facce dell’esclusione” lanciato da Save the Children alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini.
A cura di Mirko Bellis
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Oltre la metà dei bambini al mondo è minacciata povertà, conflitti o discriminazioni di genere (Jordi Matas/Save the Children)
Oltre la metà dei bambini al mondo è minacciata povertà, conflitti o discriminazioni di genere (Jordi Matas/Save the Children)

Povertà, conflitti o discriminazioni contro bambine e ragazze minacciano l’infanzia di oltre la metà dei minori al mondo: più di 1,2 miliardi di bambini che rischiano di morire prima di aver compiuto 5 anni, di soffrire le conseguenze della malnutrizione, di non andare a scuola e ricevere un’istruzione o di essere costretti a lavorare o a sposarsi troppo presto. E’ quanto emerge dal rapporto “Le tante facce dell’esclusione”, diffuso da Save the Children alla viglia della Giornata internazionale dei bambini.

Mortalità infantile, malnutrizione grave, bambini tagliati fuori dall'educazione, lavoro minorile, matrimoni precoci, gravidanze in adolescenza, fuga da guerre e persecuzioni. Sono queste le principali cause che portano alla negazione dell’infanzia. Dei 175 Paesi che compongo la classifica stilata dall'organizzazione internazionale, l'Africa è il continente dove la condizione dei minori è più difficile. Il Niger si conferma il luogo al mondo dove l’infanzia è più a rischio, seguito da Mali, Repubblica Centrafricana, Ciad e Sud Sudan. Singapore e Slovenia, invece, sono le nazioni dove i minori hanno maggiori opportunità di vivere a pieno la propria condizione di bambini. L’Italia è ottava, sebbene nel nostro Paese quasi 1 milione e trecentomila bambini e ragazzi vivano in condizioni di povertà assoluta.

La povertà, principale causa di mortalità infantile

Alcuni bimbi in un villaggio in Somalia (Pedro Armestre/Save the Children)
Alcuni bimbi in un villaggio in Somalia (Pedro Armestre/Save the Children)

Nei Paesi in via di sviluppo, 1 minore su 5 vive in povertà estrema, soprattutto in Africa sub-sahariana (dove i bambini in questa condizione sono oltre la metà del totale a livello globale) e Asia meridionale, con l’India che da sola tocca quota 30%. Vivere in un contesto di povertà – la denuncia di Save the Children – crea forti ostacoli alla sopravvivenza, allo sviluppo e alla protezione dei bambini, oltre che alla loro possibilità di partecipare attivamente alle decisioni che li riguardano da vicino. E i numeri contenuti nel rapporto sono drammatici: se, nel mondo, ogni giorno più di 15.000 bambini muoiono prima di aver compiuto il quinto anno di età per cause facilmente curabili e prevenibili, il 90% di questi decessi avviene in Paesi caratterizzati da redditi bassi o medio-bassi. I minori più poveri, del resto, hanno mediamente il doppio delle probabilità di non superare i 5 anni di vita rispetto ai loro coetanei provenienti dalle famiglie più ricche. Allo stesso modo, tra i 155 milioni di bambini sotto i 5 anni che risultano attualmente affetti da malnutrizione cronica, 9 su 10 si trovano nei Paesi più poveri. Ma la piaga della povertà riguarda anche le aree economicamente più avanzate, con ben 30 milioni di bambini e ragazzi che nei Paesi OCSE vivono in povertà relativa grave, tra cui 6 milioni solo negli Usa.

L’istruzione negata

Nei Paesi poveri 1 bambino su 3 non va a scuola (Tommy Trenchard/Save the Children)
Nei Paesi poveri 1 bambino su 3 non va a scuola (Tommy Trenchard/Save the Children)

Contesti di povertà incidono fortemente anche sulla possibilità di ricevere un’educazione. Nei Paesi in via di sviluppo, infatti, 1 minore su 3 in età scolare non va a scuola. Una proporzione che si è aggravata nel corso degli ultimi decenni in cui esiste anche un discriminazione di genere. Rispetto ai loro coetanei maschi, infatti, le ragazze hanno maggiori probabilità di non mettere mai piede in classe nella loro vita. Stime recenti rivelano che circa 15 milioni di bambine in età scolare (scuola primaria) non avranno mai la possibilità di imparare a leggere e scrivere. Numeri che fanno riflettere se si considera che secondo uno studio dell'Unesco se tutti i bambini completassero gli studi primari e secondari, più di 420 milioni di persone uscirebbero dal ciclo della povertà, con una riduzione di oltre la metà delle persone in condizioni di povertà in tutto il mondo.

La piaga del lavoro minorile

Un bambino vende sigarette in Sierra Leone (Jonathan Hyams/Save the Children)
Un bambino vende sigarette in Sierra Leone (Jonathan Hyams/Save the Children)

Dal rapporto di Save the Children emerge inoltre come sia molto stretta la correlazione tra povertà e lavoro minorile, oltre che matrimoni e gravidanze precoci. Nei Paesi meno sviluppati, è costretto a lavorare 1 minore su 4, con Africa e Asia che presentano il maggior numero di minori al mondo in questa condizione. Ma questa piaga non risparmia nemmeno i Paesi più ricchi, con ben 2 milioni di bambini e adolescenti che lavorano nei Paesi ad alto reddito, perdendo così l’opportunità di studiare, apprendere, svilupparsi e partecipare attivamente alla vita della società.

I diritti negati dei minori nelle zone di guerra

Nel mondo, 27 milioni di bambini non vanno a scuola a causa della guerra (Joan Marie del Mundo/Save the Children)
Nel mondo, 27 milioni di bambini non vanno a scuola a causa della guerra (Joan Marie del Mundo/Save the Children)

Nei Paesi guerra, malnutrizione, malattie e mancanza di accesso alle cure sanitarie uccidono molto più delle bombe. A causa dei conflitti armati, sono ben 27 i milioni di minori che sono attualmente tagliati fuori dall'educazione, perché le loro scuole sono prese di mira dagli attacchi, occupate dai gruppi armati o perché i genitori hanno paura di mandare i figli a scuola. La mancanza di accesso all'istruzione riguarda particolarmente i bambini rifugiati che hanno 5 volte in più la probabilità di non frequentare la scuola rispetto ai coetanei non rifugiati. “Pensiamo, per esempio, a Paesi come la Siria o lo Yemen – ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children – dove i bambini, nelle loro giovanissime vite, finora non hanno conosciuto altro che bombe, violenza e disperazione; oppure alle gravi crisi umanitarie di cui sono vittime i bambini Rohingya, i bambini in fuga dalla Repubblica Democratica del Congo o i tanti minori gravemente malnutriti che lottano per sopravvivere in Somalia, uno dei Paesi più poveri al mondo. Contesti in cui i bambini vengono derubati della propria infanzia e in cui nessun di loro, in nessuna parte del mondo, dovrebbe mai trovarsi”.

Matrimoni precoci e violenze sessuali

Una sposa bambina in Mozambico (Luca Kleve-Ruud/Save the Children)
Una sposa bambina in Mozambico (Luca Kleve-Ruud/Save the Children)

Oggi, nel mondo, 12 milioni di ragazze si sposano ogni anno prima dei 18 anni – spesso perché le famiglie più svantaggiate credono che dare in sposa le proprie figlie sia l’unica via possibile per assicurare loro il sostentamento – e ai ritmi attuali si stima che entro il 2030 il numero di spose bambine supererà i 150 milioni. Il fenomeno delle spose bambine è particolarmente rilevante anche nelle aree colpite dai conflitti, dove in molti casi le famiglie organizzano i matrimoni per proteggere le figlie da abusi e violenze sessuali. L’analisi dell’organizzazione umanitaria, infine, mette in evidenza la piaga delle violenze fisiche e sessuali – dalle mutilazioni genitali femminili agli stupri alla prostituzione forzata – di cui troppo spesso le bambine e le ragazze sono vittime nel mondo.

“Non possiamo più permettere che così tanti bambini – ha affermato Valerio Neri – corrano il rischio di perdere la propria infanzia già dal momento in cui vengono al mondo e che siano costretti sin da subito a fare i conti con condizioni di forte svantaggio e ostacoli difficilissimi da superare. Ciò avviene perché semplicemente sono delle bambine, oppure perché nascono e crescono in contesti caratterizzati dalla povertà o dalla guerra, dove per loro altissimo è il rischio di essere costretti al lavoro minorile, di subire sulla propria pelle le conseguenze della malnutrizione oppure, per quanto riguarda le ragazze, di essere costrette a sposare uomini spesso molto più grandi di loro quando sono ancora soltanto delle bambine”.

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