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“Scema, faccia da c**o”: insulti e violenze sui bimbi dell’asilo, maestra indagata

La donna, tenuta sotto controllo dai carabinieri di Viterbo per un mese, è stata sospesa dall’insegnamento. Ad accorgersi del malessere dei piccoli sono stati i genitori.
A cura di Natascia Grbic
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Immagine di repertorio
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Una maestra di un asilo nel Viterbese è indagata dalla procura con l'accusa di aver maltrattato fisicamente e psicologicamente dei bambini che avrebbe dovuto avere in cura. Sospesa dall'insegnamento per dodici mesi, rischia di finire a processo con accuse gravissime.

"Smettila di piangere che ti butto dove butto i rami secchi". "Scema". "Faccia da culo". "Stai zitta non sei nessuno". Sono solo alcune delle frasi che la donna avrebbe detto ai bambini, ormai terrorizzati ogni qualvolta dovevano entrare in classe.

A lanciare l'allarme sono stati i genitori dei bambini, che hanno visto i piccoli strani e sofferenti. Dopo aver parlato dei loro dubbi ai carabinieri di Viterbo, sono partite le indagini: per un mese i militari hanno monitorato l'aula, scoprendo così "un ‘metodo' educativo e didattico improntato ad un rimarcato autoritarismo, condotte aggressive e comportamenti denigratori, tutti contegni non solo confliggenti con un percorso di sana crescita dei minori in tenera eta' ma forieri di sofferenze e disagi che si sono spesso protratti negli anni a seguire".

Le violenze e i maltrattamenti erano all'ordine del giorno. Infastidita dalla risata di un bambino, la donna lo avrebbe messo in un angolo, minacciandolo e dicendogli "te do' na papagna", intendendo dire che lo avrebbe picchiato se non avesse smesso subito.

La donna, che ora è indagata, non si faceva problemi a urlare in faccia ai bimbi a un centimetro dal loro viso, spaventandoli a morte. "Quotidianamente – fanno sapere i carabinieri in una nota – i bambini sono risultati vittime delle ire della maestra che, con i propri atteggiamenti autoritari, aggressivi e violenti, li sottoponeva ad un clima di paura e frustrazione, fatto acuito dalla incapacità – in ragione della loro tenerissima età – di manifestare chiaramente ai genitori le loro sofferenze".

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