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Delitto di via Poma: le news sull'omicidio di Simonetta Cesaroni

Omicidio di via Poma: 32 anni dopo la svolta è vicina? Le novità che puntano su due uomini di Stato

Il 7 agosto 1990 l’omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma. Trentadue anni dopo le nuove indagini, grazie a nuovi elementi, potrebbero essere vicine alla svolta: nel mirino degli inquirenti due uomini dello Stato accusati dell’omicidio e dei successivi depistaggi.
A cura di Emilio Orlando
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Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni

Dopo trentadue anni, per il delitto di via Poma, potrebbe arrivare la svolta. Ricatti, depistaggi, due "insospettabili" sotto la lente degli inquirenti e una nuova arma del delitto. Sono gli elementi nel nuovo filone d'inchiesta sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, la ragazza di vent'anni uccisa il 7 agosto 1990 nell'ufficio degli Ostelli della gioventù. Alla vigilia dei 32 anni dall'assassinio, che ricorre domani, la Direzione investigativa antimafia, incaricata delle indagini dalla Commissione parlamentare antimafia, sta eseguendo nuove analisi e accertamenti, che portano su una strada ben precisa: un assassino, con gruppo sanguigno A positivo, mai coinvolto nelle inchieste e mai sentito. Potrebbe essere lui l'uomo che ha ucciso Simonetta, probabilmente per un movente sessuale, accanendosi su di lei con 29 fendenti, inferti con un pugnale e non con un tagliacarte come ipotizzato.

Il killer, commesso il crimine, sarebbe fuggito in preda al panico per una scala secondaria e avrebbe chiesto aiuto all'altro sospettato, un alto funzionario dello Stato che, grazie alle sue conoscenze, avrebbe goduto di coperture di altri personaggi, intervenuti sulla scena del crimine per mettere in atto i depistaggi e proteggerlo. Non più fantomatici 007, ma detective in carne ed ossa che hanno portato fuori strada le indagini. Personaggi che sapevano come muoversi per cancellare le tracce e creare false piste, tra cui anche quella del videotel, quel dead ok sul monitor che avrebbe infangato la memoria di Simonetta, facendola passare come una ragazza alla ricerca di divertimento sul computer, circostanza poi smentita dai fatti.

Grazie alla loro opera, dopo 32 anni l'assassino della segretaria non è stato ancora assicurato alla giustizia, ma la svolta dovrebbe arrivare intorno a novembre-dicembre, quando la Dia dovrebbe concludere gli approfondimenti partiti con l'audizione a Palazzo San Macuto di Paolo Cesaroni, dell'avvocato della famiglia, Federica Mondani, e dal giornalista Igor Patruno, considerato uno dei massimo esperti sul caso, che hanno portato all'attenzione della Commissione parlamentare antimafia una lista di nomi, persone insospettabili perché appartenenti alle Istituzioni dell'epoca, che sarebbero coinvolti nei depistaggi e le suggestioni inscenate subito dopo l'omicidio.

Inoltre sono in corso degli accertamenti su presunti ricatti dei quali questi uomini di Stato sarebbero stati vittime, dopo che alcuni appunti sarebbero stati trafugati nel furto al caveau della Banca di Roma di piazzale Clodio messo a segno il 16 luglio 1999 da un commando guidato da Massimo Carminati, "er Cecato" della Banda della Magliana finito anche nella recente inchiesta su Mafia Capitale. Il commando, entrato nell'istituto di credito all'interno della cittadella giudiziaria, svuotarono 197 cassette di sicurezza, su un totale di 997, precedentemente contrassegnate con crocette rosse. Le cassette non furono dunque aperte a caso, ma erano di proprietà di magistrati e alti funzionari che custodivano i più grandi segreti di Stato. La numero 456 apparteneva all'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, presidente dell'Aiag, l'associazione con presunti legami con i servizi nei cui uffici è avvenuto il delitto Cesaroni. L'ipotesi è che in quella cassetta ci fossero i nomi di assassino e depistatori e che questo gruppo sia stato ricattato nel corso degli anni. Gli investigatori stanno inoltre svolgendo una serie di analisi perché sono convinti che Simonetta è stata uccisa almeno un'ora prima dell'orario fissato della morte, ovvero intorno alle 16.30, e che l'arma del delitto non sia un tagliacarte, ma un pugnale. La domanda dalla quale partono gli investigatori per chiudere il cerchio dell'assassinio e delle coperture é: chi sapeva che Simonetta era in ufficio a quell'ora? Sicuramente Salvatore Volponi, il datore di lavoro della ragazza, e anche il portiere dello stabile, che si è suicidato il 9 marzo 2010, portandosi i segreti nella tomba.

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