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La psicologa spiega cosa accade nella mente dei genitori che dimenticano i figli in auto

Fanpage.it ha intervistato Ritagrazia Ardone, già professore ordinario alla Facoltà di Medicina e Psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma, per capire cosa capita ai genitori che dimenticano i figli in auto. L’ultimo tragico caso a Roma, dove un papà ha lasciato in macchina la bimba di un anno.
A cura di Alessia Rabbai
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Ritagrazia Ardone
Ritagrazia Ardone

Cosa accade nella mente di un genitore che dimentica un bambino chiuso in auto? In Italia dal 1998 ad oggi si contano undici casi. L’ultimo è accaduto mercoledì 7 giugno a Roma, in zona Cecchignola, dove un papà carabiniere invece di portare sua figlia di un anno all’asilo nido l’ha lasciata in macchina in un parcheggio in via dei Fucilieri ed è andato al lavoro. A ritrovare la piccola ormai morta la mamma, che era andata a riprenderla e ha scoperto che dalle maestre non era mai arrivata. Fanpage.it ha intervistato Ritagrazia Ardone, già professore ordinario alla Facoltà di Medicina e Psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma, che ci spiega come dimenticare un figlio in auto non ci deve portare necessariamente a pensare che ci troviamo di fronte a un genitore irresponsabile o con disturbi psichici.

Cosa accade nella mente di un adulto che dimentica un bambino in auto?

Entrano in campo meccanismi cognitivi che appartengono a tutti noi. Li ha spiegati bene il professore di Psicologia David Diamond, che studiando dal 2004 il disturbo di memoria prospettica è arrivato alla definizione di “Forgotten baby syndrome” ossia “Sindrome del bambino dimenticato”. Abbiamo un sistema che ci aiuta nella vita quotidiana, che ci porta ad avere una memoria delle nostre routine, come ad esempio raggiungere il luogo di lavoro e parcheggiare, una sorta di “pilota automatico”. Ma cosa avviene quando qualcosa ci richiede di deviare dalle nostre abitudini?

Subentra un sistema di memoria “prospettica”, che attiva un programma diverso che ci dovrebbe far deviare dalle abitudini. Quest’ultimo non funziona però in automatico e, dunque, occorre una certa“vigilanza” affinchè il primo non prevalga sull’altro. Tra ciò che faccio ogni giorno e ciò che dovrei fare “quel” giorno ossia – come in questo caso – portare la bambina a scuola si crea un conflitto e ciò che potrebbe prevalere è l’abitudine. Ciò che potrebbe avvenire è, dunque, un vero e proprio “black out” del sistema di vigilanza.

Quali sono i fattori che portano a dimenticare un figlio in auto?

Ci sono degli aspetti che possono interferire o aggravare il “black out” come ad esempio lo stato psicofisico del soggetto, la perdita di sonno, affaticamento, stress, i ritmi convulsi della vita quotidiana. Fattori personali e sociali che potrebbero aggravare il quadro. In questo caso specifico a giocare un ruolo importante è stata forse la vicinanza dell’asilo nido al luogo di lavoro del papà, quindi fare lo stesso percorso abitudinario per recarsi al lavoro potrebbe aver “ ingannato” lo stato di attenzione.

Cosa ci dicono i numeri registrati finora rispetto ai fatti di cronaca dei bambini dimenticati in auto?

Se dovessimo riscontrare un aumento significativo dei casi di cronaca di bambini dimenticati in auto è chiaro che ciò sarebbe un campanello di grave allarme sociale ma, per fortuna, questa situazione drammatica si è verificata raramente: 11 casi in 25 anni. Comunque questi casi ci dicono che i nostri sistemi cognitivi che ci aiutano nei comportamenti della vita quotidiana devono essere posti sempre sotto il nostro controllo, specie quando esercitiamo funzioni di responsabilità come quelle genitoriali.

Come si potrebbe intervenire per prevenire le morti dei bimbi in auto?

Un decreto con prima firmataria la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha reso obbligatorio da
novembre 2019 il dispositivo anti abbandono fino a quattro anni come strumento per rinforzare la
consapevolezza sociale e “risvegliare” il nostro sistema di vigilanza.

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