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Il turismo basato sugli affitti brevi crea uno sviluppo diseguale e fa male a Roma

Si chiamano affitti a breve (o medio) termine e stanno modificando la vita all’interno delle città, fra cui Roma: qui, come afferma il professor Celata, i turisti si sono ‘impossessati’ del centro storico.
A cura di Beatrice Tominic
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Il turismo degli affitti brevi, o a breve termine, può cambiare il modo di vivere la città? Il professore Filippo Celata, docente ordinario di Geografia politica ed economica all'Università degli Studi di Roma La Sapienza, sembra non aver alcun dubbio. Da anni, insieme ad un team di esperti, studia l'impatto che il turismo degli affitti a medio, ma soprattutto a breve o brevissimo termine può avere sulle città italiane. A Roma in particolare il tema, dopo anni, si è cominciato a porre con la nuova amministrazione che non solo è andata a chiedere i soldi della tassa di soggiorno ad Airbnb nel rispetto della convenzione firmata con la precedente maggioranza di Raggi, ma sta cominciando esplicitamente a parlare di mettere uno stop ai bed and breakfast in alcune zone della città.

Fra gli effetti più gravi riscontrati, e su cui ormai c'è un'ampia letteratura, è lo spopolamento dei centri storici: "Il problema si nota in tutta la città, perché il centro ha un'importanza fondamentale sia dal punto di vista funzionale che simbolico, è il cuore della città – spiegato il docente – C'è la sensazione che si tratti di un luogo esclusivamente dedicato al consumo, sia turistico che commerciale, in cui non si possa abitare, di un posto di cui si sono appropriati i turisti".

Un tipo di utilizzo degli immobili che cambia radicalmente il paesaggio umano: "Sono sia di tipo indiretto, cioè il rischio è che aumentino gli affitti, sia di tipo diretto: nel momento in cui l'appartamento viene convertito per gli affitti non può essere più abitato dai residenti. Quello che si nota, ad esempio a Roma, è che il processo di spopolamento che si era arrestato a metà degli anni Novanta, proprio in corrispondenza della diffusione di Airbnb è ricominciato in misura molto rilevante".

Lo spopolamento del centro città

L'effetto di spopolamento a Roma sta colpendo il centro storico, ma anche le zone limitrofe: "Il problema a Roma si pone non soltanto nel centro storico, ma in numerose zone limitrofe, come nei territori vicino alla Città del Vaticano, in quelli intorno a piazzale delle Medaglie d'Oro o nelle zone universitarie, fra tutte quella di San Lorenzo – ha aggiunto il professor Celata – L'effetto è anche quello di turistificare nuove zone e portare nella città trasformazioni: ad esempio, si riducono i residenti, ma di conseguenza si riducono anche i servizi."

C'è il rischio poi che il turismo, per usare un termine riferito all'agricoltura, diventi una monocultura per l'economia della città, impedendo un modello di sviluppo capace di produrre maggiore valore in termini economici, ma anche urbani, sociali, di buona occupazione: "Non si auspica la fine del turismo, ma un'economia più diversificata che produca più valore per chi ci vive e chi ci lavora."

Il caso di Roma

Lo studio di cui si è occupato il professore ha preso in esame anche altre città della penisola, ma nessuna sembra essere come la capitale. "Roma è molto particolare. Se parliamo di Firenze o Venezia parliamo di città abbastanza piccole in cui il centro storico è limitato, ma occupa una porzione importantissima della città. Roma chiaramente è molto più grande e anche il centro storico è enorme: certi fenomeni forse si notano di meno, ma sono altrettanto pesanti. A Bologna il problema si pone soprattutto in un'ottica di residenzialità per gli studenti: nei centri delle città, dove si trovano gli atenei, gli studenti sono praticamente stati espulsi."

La situazione varia, invece, nelle due città rappresentative del sud Italia: "Napoli e Palermo hanno ancora un centro storico molto densamente abitato e anche popolare, come il centro storico di Roma qualche tempo fa: si rischia l'inizio dei processi che a Roma abbiamo visto negli anni Sessanta." A differenza delle altre città già analizzate, dove il centro è stato abbandonato dai cittadini, qui adesso si rischia il pericolo di uno svuotamento. Per controllare gli effetti negativi di questo tipo di affitti, serve una regolamentazione: proprio per questa ragione, alcune settimane fa, all'università La Sapienza si è tenuto un convegno a cui hanno partecipato gli studiosi, in grado di fornire analisi e il proprio punto di vista, ma anche chi è chiamato a governare questi fenomeni.

"La pandemia ha fatto scomparire i turisti, ma non ha fatto scomparire i problemi: paradossalmente ha creato le condizioni affinché le città italiane facciano quello che in Europa hanno già fatto, creando una regolamentazione del fenomeno – dice Celata – Un comitato di attivisti ha elaborato una proposta di legge che è stata presentata ad assessori e consiglieri. Lo scopo dell'incontro era capire le intenzioni e confrontarsi con gli studiosi." La regolamentazione locale, però, è vincolata da un quadro normativo a livello nazionale: "Si punta ad una proposta di legge nazionale per creare le condizioni affinché il locale, qualora voglia (e sembra proprio che sia così), potrà trovare forze politiche disposte a portare la battaglia in Parlamento, su proposta delle regioni."

La questione dell'abitare

"Non è solo residenzialità né questione abitativa, ma è pensare alle città come dei luoghi che si possono abitare – ha spiegato il professore – Serve garantire la compatibilità fra varie funzioni urbane: si pensa che i centri storici e i beni culturali debbano essere valorizzati in termini esclusivamente economici se non addirittura finanziari, ma questo vuol dire pensare alle città come una sorta di bancomat. Ma così si distruggono le città e si crea anche un turismo di scarsa qualità."

Il progetto a cui partecipa il professor Celata, The short-term city, era nato con lo scopo di studiare il rapporto fra turismo e le diverse piattaforme digitali, non solo Airbnb e scoprire come queste ultime abbiano trasformato il primo, ma anche le pratiche di mobilità e le città, soprattutto dal punto di vista sociale e urbanistico. "Fino a qualche anno fa eravamo soprattutto impegnati a mostrare l'impatto negativo del fenomeno, oggi esistono evidenze molto chiare su questo."

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