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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

Delitto Mollicone, parla la figlia del brigadiere Tuzi: “Ha detto la verità, ma aveva paura”

Dopo aver letto le ragioni della sentenza con assoluzione ai Mollicone, arriva la reazione della figlia di Santino Tuzi, brigadiere suicida: “Non era inattendibile, si era messo contro persone più potenti di lui”.
A cura di Beatrice Tominic
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"Dobbiamo scoprire perché Serena non è più tra noi. Perché mio padre non c'è più, lo sappiamo: è stato l'unico a dire la verità. Sicuramente faremo appello, non voglio che mio padre sia ricordato come inattendibile. Sapeva di fare la cosa giusta, ma lo faceva contro persone più potenti di lui", ha dichiarato a Fanpage.it Maria Tuzi, figlia del brigadiere Santino morto suicida l'11 aprile del 2008, a sette anni di distanza dall'omicidio di Serena Mollicone. Il 28 marzo precedente aveva raccontato ai carabinieri di aver visto entrare nella caserma di Arce la 18enne il giorno prima della sua scomparsa. Pochi giorni dopo ha ritrattato la sua versione, in seguito l'ha confermata di nuovo.

Nelle motivazioni della sentenza con cui sono stati assolti i Mottola il brigadiere viene definito un testimone inattendibile: "Mio padre stava bene sia fisicamente che psicologicamente – ha sottolineato la figlia di Santino Tuzi alla telecamera di Simona Berterame – Non aveva motivo per suicidarsi, mi ha fatto male leggere dell'inattendibilità di mio padre". Poi ricorda l'esistenza dell'intercettazione ambientale fra suo padre e il maresciallo Quatrale: "Si sente il maresciallo che dà un suggerimento ( "Santi’, tu puoi dire questo qua, metti in mezzo ai pasticci", ndr) e a distanza di neanche 24 ore mio padre ritratta le cose delle la prima volta e va a dire proprio le cose dette dal maresciallo".

La sentenza di assoluzione per i Mottola

L'intera famiglia Mottola è stata assolta per l'omicidio di Serena Mollicone: "Mi aspettavo qualcosa di più. C'erano anche prove abbastanza importanti: il corpo di Serena è stato riesumato e ci ha parlato. In aula sono state dimostrate la compatibilità del cranio, non del pugno, con la rottura della porta", ha aggiunto. "Abbiamo di sapere cosa è successo, dobbiamo trovare il colpevole, non un qualsiasi colpevole. Se i Mottola hanno prove in più e ci fanno capire che sono state coinvolte altre persone, ben venga, restiamo qui ad aspettare.

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