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Perché l’inceneritore a Roma non serve ed è pericoloso: intervista all’ex assessora Montanari

Pinuccia Montanari, una delle assessore ai Rifiuti di Roma Capitale quando sindaca era Virginia Raggi, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it ha dichiarato di essere contraria all’idea di realizzare un termovalorizzatore a Roma.
A cura di Enrico Tata
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"Dal punto di vista economico, del bilancio energetico e sanitario, l'incenerimento è una tecnologia obsoleta e che non dà garanzie". Così Pinuccia Montanari, una delle assessore ai Rifiuti di Roma Capitale  quando sindaca era Virginia Raggi, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it. "Il nostro era un piano innovativo, di economia circolare. Adesso invece torniamo indietro. Dicono ‘siamo innovativi, vogliamo tutelare l'ambiente', e poi nei fatti fanno tutt'altro", ha dichiarato Montanari, fortemente contraria all'idea di Gualtieri, che ha proposto di realizzare un termovalorizzatore a Roma.

Perché secondo lei non serve l'inceneritore?

Il primo obiettivo di Roma deve essere quello di estendere la raccolta differenziata, e si può fare. Noi l'abbiamo fatto su 500mila abitanti in un anno e mezzo e ogni 15 giorni aumentavamo il servizio di raccolta porta a porta di circa 25mila abitanti. Quello che conta è il modello: l'inceneritore si basa sulla dispersione, un modello di economia lineare che crea valore perso. L'economia circolare invece si basa sul recupero di materia. È vero che dopo aver raggiunto, per esempio, il 70 per cento di raccolta differenziata, resta comunque un 30 per cento di materiale che può finire in discariche e inceneritori. Ma questo 30 per cento, e lo vediamo in tante realtà del Nord, può essere trattato ulteriormente: nei nostri rifiuti c'è sempre molto organico, circa il 25 per cento che può essere recuperato attraverso i processi di estrusione, che consentono di ricavare materie prime secondo anche da quel materiale residuo.

Il termovalorizzatore fa male alla salute?

Dal punto di vista economico, del bilancio energetico e sanitario, come sostiene l'Associazione dei Medici per l'Ambiente, l'incenerimento è una tecnologia obsoleta e che non dà garanzie. Le sostanze che fuoriescono dall'inceneritore le conosciamo per il 20 per cento, ma tutte le altre non sappiamo cosa siano e questo ce lo dice la letteratura scientifica. Il problema degli inceneritori è che tendono a bruciare materiali di circa 200 composti e in buona parte di inquinanti organici persistenti. Gli inceneritori rappresentano la prima fonte di emissione di diossine in Italia, secondo un'analisi datata ma significativa dell'Unione Europea.

L'area di Santa Palomba è idonea a ospitare un impianto come quello?

L'area di Santa Palomba è un'area agricola, quindi tutelata, e non idonea ad ospitare un inceneritore. Ho visitato quell'area, che è molto interessante dal punto di vista paesaggistico ed agricolo. E comunque impianti industriali di quel tipo non vanno certo realizzati in territori così a ridosso di zone molto abitate come Roma e Pomezia. Ho visitato alcune case di quel quartiere che sono senza allacciamento idrico… forse in quelle zone i problemi sono quelli, non certamente quello di andare a distruggere un'area verde per costruire un inceneritore da 600mila tonnellate, quindi enorme. Ritengo che la tecnologia sia obsoleta anche per una questione economica: siamo privi di materie prime e dobbiamo quindi affrontare il tema dei rifiuti come una risorsa, cioè recuperando materia e non distruggendo materia con emissione di sostanze inquinanti per la salute e per l'ambiente.

Qual è la soluzione a breve termine per i rifiuti di Roma?

Dobbiamo andare nell'ottica di un recupero di materia, quindi creare materie prime seconde dai rifiuti e posti di lavoro. Il processo è certamente lungo, ne sono cosciente. Mi dicono sempre che a Reggio Emilia ho raggiunto l'85 per cento di differenziata, ma a Roma non si può fare. E invece lo stavamo facendo. E c'era già un piano industriale di Ama pronto, il piano Bagnacani-Ranieri, che prevedeva 15 impianti di economia circolare, ossia impianti che recuperano tutto, dai tessili sanitari ai materassi, dai rifiuti elettrici agli scarti dello spazzamento stradale. Sono impianti che necessitano di poco tempo per le autorizzazioni e alla fine rendono la città di Roma autosufficiente nel tempo. Certo, sarebbe stato un processo lungo, ma era tutto scritto in questo piano di economa circolare che sarebbe stato uno dei migliori in Europa. Adesso torniamo indietro. Dicono ‘siamo innovativi, vogliamo tutelare l'ambiente', e poi nei fatti fanno tutt'altro".

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