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Bimbo chiama il 112: “Aiuto, papà picchia la mamma”. Ma lei rifiuta le cure e non denuncia

Differenza Donna contattata da Fanpage.it sulla vicenda della donna picchiata dal compagno che ha rifiutato di denunciare ha spiegato che: “Serve informare le donne maltrattate su un aiuto concreto”.
A cura di Alessia Rabbai
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"Aiuto, mia mamma sta male, papà l'ha picchiata" sono le parole di un bimbo, che ha chiamato il 112 raccontando che sua mamma stava prendendo le botte dal compagno. A riportare la notizia Il Messaggero.it. La violenza della quale vittima è ancora una volta una donna, si è consumata nei giorni scorsi nel territorio della periferia romana del quadrante Est. La famiglia era in casa: madre, compagno e diversi minori, quando uno dei bambini, il più grande, ha preso lo smartphone e ha digitato il Numero Unico delle Emergenze. Ha assistito alla scena di violenza, si è fatto coraggio e, nonostante la sua giovanissima età, è intervenuto come poteva per aiutare sua mamma. Forse aveva visto farlo altre volte oppure in televisione.

Dall'altra parte l'operatore ha udito la voce del bimbo che chiedeva aiuto, dando il nome e l'indirizzo di casa. Ambulanza e polizia sono arrivati e hanno bussato alla porta. Al suo interno però hanno trovato solo la donna con i bambini, mentre il compagno non c'era. Non c'è riscontro sulle esatte condizioni di salute in cui si trovava la donna al momento dei soccorsi, Il Messaggero parla di volto tumefatto ed evidenti segni di aggressione. Alla vista degli agenti in divisa e del personale sanitario, ha rifiutato di essere visitata, di essere trasportata in ospedale e di sporgere denuncia.

"Le donne maltrattate hanno bisogno di un'alternativa concreta"

"Le donne che vivono un maltrattamento possono aver bisogno di un percorso per scegliere di uscire definitivamente dalla violenza – ha spiegato contattata da Fanpage.it in merito alla vicenda Elisa Ercoli, presidente dell'associazione Differenza Donna – Oramai sappiamo bene che non è un percorso semplice e che tutte e tutti dobbiamo contribuire a poterlo rendere possibile. La responsabilità non è semplicemente della donna che deve scegliere, ma è nostra della rete antiviolenza dai Centri antiviolenza a tutte le parti istituzionali collaborare, perché questo obiettivo sia davvero sostenibile.

Una donna può davvero scegliere di uscire dalla violenza quando le è chiara l’alternativa possibile, nel concreto, dove posso rifugiarmi, per quanto tempo, possono i miei figli avere una vita normale, andare a scuola, cosa sarà di me dopo, come potrò divenire autonoma e soprattutto essere sicura di non avere una violenza che mi metta in pericolo di vita a me e ai miei figli. Per rispondere a queste domande serve il Centro antiviolenza che ha saperi e pratiche e tempo da dedicare alla donna perché possa scegliere convintamente e liberamente di uscire dalla violenza".

"Le forze dell'ordine ci chiamino e ci passino le donne che non vogliono denunciare"

"La reazione della signora in questione ai più sembrerà assurda a noi donne dei Centri antiviolenza ci è invece molto chiara, paura, minacce di ritorsione, vuoto nero nel futuro e nessuna nuova informazione su diritti ed opportunità, fanno di un intervento delle forze dell'ordine qualcosa che può non raggiungere l’obiettivo di facilitare una definitiva uscita dalla violenza – continua Ercoli – A questo servono le associazioni di donne che gestiscono i cav e a questo serve il 1522 numero della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gestito da Differenza Donna, per garantire alla rete antiviolenza tutta, anche a quelle forze dell'ordine che sono intervenute, di chiamarci davanti alla donna e di passarcela, per parlarci e dargli una visione del suo futuro possibile libero dalla violenza".

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