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Regionali 2015, il PD vince nonostante le scelte (sbagliate) di Renzi

Il Partito Democratico vince 5 a 2, ma Matteo Renzi perde proprio in Veneto e Liguria, le regioni che vedevano candidate Paita e Moretti, piena espressione del renzismo.
A cura di Charlotte Matteini
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Dovessi scegliere una frase per descrivere il risultato di quest’ultima tornata elettorale, citerei senza dubbio “l’abbiamo non vinto” di bersaniana memoria. Pur avendo conquistato 5 regioni su 7, il nuovo Pd di Renzi non può certo esultare per questa vittoria di Pirro, dopo mesi di trionfali previsioni da 7 a 0, poi via via ridimensionate a un 6 a 1 negli ultimi giorni di campagna elettorale, quando ormai era più che evidente che Alessandra Moretti non sarebbe mai stata in grado di battere Luca Zaia in Veneto, nonostante per svariate settimane i sondaggisti l’avessero miracolosamente data testa a testa con il governatore uscente della regione.

Un dato è certo: il Pd di Renzi conquista sì Campania, Puglia, Marche, Toscana e l’Umbria per un soffio, ma crolla proprio nelle regioni affidate a due candidate piena espressione del nuovo corso renziano: la Liguria della Paita e il Veneto della Moretti. Per di più, a salvare Renzi dalla débacle elettorale sono stati proprio i candidati che hanno ricevuto ben pochi aiuti da parte sua durante la campagna elettorale, dei politici di lungo corso decisamente lontani dalla corrente renzian- rottamatrice: Michele Emiliano, Enrico Rossi e Vincenzo De Luca. Come al solito, le analisi della sconfitta latinano, ma in Italia siamo abituati. A differenza delle reazioni avute dai candidati inglesi alle ultime elezioni nazionali in Gran Bretagna, dove i leader dei partiti si dimisero in massa e si arresero di fronte all’evidenza di risultati ben poco esaltanti per le loro formazioni politiche, in Italia in queste ore stiamo assistendo alla corsa a chi si arrampica meglio sugli specchi.

“E’ una vittoria”, sentenzia Orfini. “Abbiamo conquistato 5 regioni su 7 e governiamo 16 regioni su 20” dicono i renziani della base. E’ la quantità che conta, sembrerebbe, questo 5 a 2 è una vittoria. Una vittoria contabile, però. Nessuno però sembra voler prendere in considerazione che le due regioni in cui il Pd ha subito la cocente sconfitta siano state proprio la Liguria e il Veneto, regioni su cui Renzi ha puntato tutto in questi mesi di campagna elettorale. Il consenso sul territorio sembra essere il tallone d’achille del Pd renziano. Sembra quasi che l’elettorato locale non veda così di buon occhio il nuovo corso del Partito Democratico. Il dato dell’astensionismo continua a essere altissimo, raggiungendo il 48%, ben 9 punti in meno rispetto alle regionali del 2010. Quasi un elettore su due preferisce non andare a votare. Complice il ponte del due giugno e il meteo favorevole alle scampagnate fuori porta? Sicuramente sì, ma sarebbe quantomeno scorretto e abbastanza miope analizzare questa sconfitta cercando di dare la colpa alle vacanze e al bel tempo: quando venne fissata al 31 maggio la data di questa competizione elettorale, ben si sapeva che sarebbe caduta nel bel mezzo del lungo ponte di inizio estate e da molti anni ormai la crescita dell’astensionismo è inarrestabile. Evidentemente la radice di questa dilagante disaffezione alla politica va ricercata altrove: nella mancanza di concretezza nelle proposte elettorali.

Nonostante le primarie, nonostante la campagna elettorale condotta con il grande supporto del Premier e segretario del Partito Democratico, i risultati parlano chiaro: è evidente che l’elettorato non sia più così affascinato dall’abilità comunicativa di Matteo Renzi, né consideri più condizione necessaria e sufficiente la “rottamazione” della vecchia classe politica. Evidentemente la caduta del consenso, la crescita dell’astensionismo e del voto di protesta sono la diretta conseguenza di proposte non all’altezza delle aspettative dell’elettorato, percepite come distanti dalle reali esigenze locali e poco realizzabili. Insomma, se a livello nazionale può ancora funzionare l’immagine del leader accentratore e molto carismatico, a livello locale Renzi non fa breccia e non riesce a supplire alle carenti abilità politiche delle sue candidate. E a dirlo non sono io, i risultati dell'umiliante Caporetto elettorale in Liguria e Veneto parlano chiaro.

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