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Reggio Calabria, arrestato il boss Antonino Pesce: era latitante da sei mesi

Pesce, 34 anni, si ritiene essere tra i più influenti capi della ‘Ndrangheta per la gestione di un importante traffico di droga internazionale. I carabinieri lo hanno trovato in un appartamento di Gioia Tauro dove si trovava insieme alla moglie e ai due figli.
A cura di Ida Artiaco
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È finita dopo sei mesi la latitanza di Antonio Pesce, considerato il boss a capo dell'omonima cosca, per la quale si occupava dell’approvvigionamento finanziario attraverso il traffico di sostanze stupefacenti. 34 anni, Pesce è stato arrestato dai Carabinieri di Reggio Calabria a Gioia Tauro, all'interno di un appartamento dove si era recato per incontrare la moglie e i figli, di 3 anni e sei mesi. Per lui l'accusa è di associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico internazionale di droga. Alla vista delle forze dell'ordine, ha tentato di disfarsi di una pistola, lanciandola dalla finestra dell'abitazione. L'arma, recuperata, è risultata essere una semiautomatica in ottimo stato e perfettamente efficiente, frutto di un furto a Civitanova Marche del 2015.

Latitante dal luglio del 2016, Pesce non ha opposto resistenza ed è stato portato nel carcere di Palmi, assieme a Tonino Belcastro, 53enne, già noto alle forze dell'ordine e proprietario della casa dove i carabinieri hanno fatto irruzione, per il reato di favoreggiamento personale. Gli investigatori sono arrivati a lui grazie ad una serie di intercettazioni e pedinamenti. Già dal luglio scorso, i carabinieri avevano cominciato a controllare i movimenti dei parenti più stretti tra Rosarno, suo paese natale, e Gioia Tauro. È stato così che sono riusciti a individuare il nascondiglio.

Il boss, che aveva rapporti anche con le altre cosche della ‘Ndrangheta, in particolare quella dei Bellocco e dei Molè, gestiva principalmente l'attività di importazione di cocaina dal Sudamerica, curando l'uscita della droga, scoperta nel corso della cosiddetta "operazione Vulcano" condotta dalla Guardia di Finanza e alla quale era riuscito a sfuggire. Si era scoperto che le sostanze stupefacenti venivano scaricate in mare aperto da una cargoship ad imbarcazioni più piccole. L'organizzazione era riuscita ad assoldare il comandante della nave “Msc Poh Lin”, appartenente alla compagnia marittima Msc, che effettua la tratta "California Express", approdando nei porti panamensi di Balboa e Cristobal che, secondo gli investigatori, rappresentano i principali centri di smistamento internazionale della cocaina. In quella occasione la nave era stata posta sotto sequestro all'arrivo nel porto di Gioia Tauro e al suo interno furono trovati 83 chili di cocaina.

Si tratta di un fermo importante, perché Pesce, dopo gli arresti dei suoi parenti, era rimasto da solo a gestire il traffico di droga che arrivava nel porto di Gioia Tauro.

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