Ragazzo costretto a dimostrare che la sua bici non è rubata: “Il problema è che sono nero”
"Il problema è che sono nero", così, senza mezzi termini, Cheikh ha spiegato le motivazioni che secondo lui ci sono dietro al suo caso, diventato ormai noto dopo che per l'ennesima volta è stato fermato in strada con l'accusa di aver rubato la sua bici pieghevole con cui va a lavorare tutte le mattine. Quel regalo da parte della famiglia che lo ospita a Torino da febbraio nell'ambito del progetto “Rifugio Diffuso" dopo il suo arrivo dal Senegal, infatti, per il giovane ventenne si è trasformato in un calvario."La bici costa tanto ed è molto bella. Figuriamoci se un ragazzo di colore può possederne una senza averla rubata. È così che la pensa la gente", ha dichiarato ora il giovane in una intervista a Repubblica.
"Sono arrivato in Italia tre anni fa, ho studiato l’italiano, ho fatto un corso, uno stage e ora lavoro come idraulico. Però sono nero e per qualcuno i neri sono tutti spacciatori o ladri" ha proseguito il giovane, sottolineando: "Non sono arrabbiato perché i vigilantes mi hanno fermato in stazione ma per come mi hanno trattato. È il loro lavoro controllare ed è giusto che lo facciano ma continuavano a chiedermi se fosse mia. Ero pronto a consegnare i miei documenti ma l’unico problema sembrava la bici. Uno degli agenti l’ha presa ed è entrato nella biglietteria e ha cominciato a chiedere se fosse di qualcuno: quando nessuno ha risposto me l’hanno ridata".
"Nessuno mi ha chiesto scusa, ma ci sono rimasto così male che non credo non le accetterei nemmeno. È la testa della gente che deve cambiare", ha aggiunto Cheikh, ricordando: "Basta pensare a quel ragazzo che in precedenza aveva cercato di portarmi via la bici sul treno con molta calma senza nemmeno pensare che la persona di colore seduta accanto fosse la proprietaria".