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Prega sulla tomba del figlio per 20 anni, ma all’interno il corpo non c’è: risarcita

La bara doveva accogliere oltre al marito il bambino deceduto a meno di un anno. Ma del fanciullo non ci sarebbe più traccia al cimitero. Il Comune di Mellaredo, in provincia di Venezia, condannato a pagare 20mila euro per la “lesione del sentimento di pietà verso i defunti”.
A cura di Biagio Chiariello
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Il suo bambino era morto all’età di appena 1 anno. Lei è andata a piangere per oltre 20 anni al cimitero di Mellaredo, in provincia di Venezia, per poi scoprire che i resti del proprio piccolo non c’erano più, misteriosamente spariti senza lasciare alcuna traccia e senza che i responsabili del Comune abbiano la minima idea di dove siano finiti. Una vicenda davvero amarissima quella che vede protagonista una 89enne di Pianiga, che ha deciso di avviare una causa civile per vedere riconosciuti i propri diritti violati. Ora il Comune dovrà risarcirla per 20mila euro di risarcimento. C’è peraltro da dire che l’anziana era convinta di aver sepolto il figlio assieme al marito, così come l'uomo prima di morire aveva chiesto. Il desiderio dell’uomo era infatti di condividere la propria sepoltura con il figlio primogenito scomparso tanti anni fa, ad appena undici mesi.

La sentenza, depositata pochi giorni fa in cancelleria dal giudice Silvia Zeminian, ha ragione alla donna, accertando la responsabilità del Comune di Pianiga per la “lesione del sentimento di pietà verso i defunti, ovvero dello ius sepulchri inteso come diritto dei congiunti di accedere al sepolcro per il compimento di atti di pietà, il quale prescinde dallo stato del defunto, sia esso salma, resti mortali o addirittura ceneri”, riporta il Gazzettino. L’amministrazione comunale è stata condannata a risarcire complessivamente 20milaeuro, comprensivi di interessi e rivalutazione monetaria, ”per le modalità in cui è stato scoperto il fatto, l’intensità della sofferenza psichica che dalla scoperta è conseguita e per l’inevitabile suo protrarsi per tutta la vita, ogni volta che verrà ricordato il congiunto e in ogni visita al cimitero”, scrive il giudice. “Non solo la madre e i fratelli credenti e cattolici praticanti-dal 1993, quindi per oltre 22 anni, hanno pianto e pregato Walter in una tomba dove ,a loro insaputa, i suoi resti non erano riposti-scrive l’avvocatessa Franca Tonello, che ha seguito la causa della anziana – Ma oggi non hanno un luogo dove piangerlo e pregarlo”.

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