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Tra pandemia, vaccini e crisi il Pd pensa al Congresso: per Zingaretti non è più “da marziani”

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, sembra aver cambiato idea: un congresso dem ora non è più “da marziani”, come aveva detto solo pochi giorni fa. Zingaretti apre all’ipotesi di un congresso per “rafforzare il Partito Democratico”. A decidere sarà l’assemblea del 14 marzo, ma intanto inizia già la discussione sulla forma congressuale e sull’eventuale – ma tutt’altro che certa – lotta per la leadership.
A cura di Stefano Rizzuti
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È da marziani chiedere un congresso adesso”, diceva solo poco più di dieci giorni fa il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Ma in questi giorni, con la nascita del governo Draghi, anche lui deve aver cambiato idea. Così nonostante la pandemia, nonostante il piano vaccinale che va a rilento e nonostante la crisi economica e le tante attività che chiedono di riaprire, anche il segretario dem apre all’ipotesi di un congresso, con l’obiettivo di “rafforzare il Partito Democratico”. L’idea del congresso era stata, effettivamente, tirata in ballo dallo stesso Zingaretti già un anno fa, prima della pandemia. Era iniziato il confronto interno con la Costituente delle idee, avviato dopo l’alleanza con il Movimento 5 Stelle che ha dato vita al Conte bis. E proprio da quell’alleanza si doveva ripartire, per capire se e come portarla avanti. Ora su questo punto la strada sembra più decisa, l’alleanza con il M5s è data quasi per scontata da molti organi del partito. Ma il congresso era un tema rifiutato anche dallo stesso segretario.

Per Zingaretti il congresso del Pd non è più ‘da marziani’

Fino a pochi giorni fa, tra pandemia e crisi economica per Zingaretti era “da marziani” anche solo parlarne. E non era l’unico a dirlo, almeno pubblicamente. Ma al Nazareno qualcuno già sosteneva altro. Parte del Pd ha iniziato a chiedere il congresso, soprattutto tra le anime parlamentari che fanno ancora riferimento a quella che viene definita come la minoranza renziana. Che in Parlamento minoranza non è, considerando che le liste del 2018 le fece proprio Matteo Renzi. Non a caso a chiedere a gran voce il congresso sono proprio gli esponenti considerati più vicini a quell’area, dal capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, ai sindaci Giorgio Gori e Dario Nardella. Se il congresso si farà o meno, comunque, lo stabilirà l’assemblea nazionale convocata per il 13 e 14 marzo.

Congresso Pd, si riapre partita sulla leadership?

L’apertura da Zingaretti intanto è arrivata pubblicamente, su Radio Immagina: “Siamo d’accordo che vada riaperto un dibattuto sul futuro dell’Italia, dobbiamo decidere la forma più schietta per fare questo dibattito, senza astio”. Un dibattito “sull’identità del Pd e sul futuro dell’Italia”, per il segretario dem. Che sulle forme lascia tutto in sospeso: “Le forme le decideremo, c’è uno statuto e un’assemblea sovrana, dobbiamo chiarire come. È giusto che su questo il Pd apra una discussione. Penso che sia un’ipotesi da valutare, le forme le decideremo insieme, tenendo presente che l’ordine del giorno sarà come essere più forti”.

La forma, però, molto spesso è anche sostanza. Perché la prima cosa da stabilire è se il congresso sarà sul futuro del partito e sulle idee o sulla leadership, come vorrebbe proprio quell’ala ritenuta ancora renziana o, quantomeno, ex renziana. In quel caso bisognerà capire chi potrebbero essere gli eventuali avversari di Zingaretti. Il nome che viene ripetuto da mesi è quello di Stefano Bonaccini, sicuramente gradito a Base Riformista e non solo. Va però tenuto in conto un altro elemento: a decidere sul congresso sarà l’assemblea attuale, composta in larga parte da chi sostiene Zingaretti. O, quantomeno, chi lo ha sostenuto alle primarie del 2019. A suo favore potrebbe essere il completo cambio di linea sull’alleanza con i 5 Stelle: dal “mai con il M5s” all’intesa strutturale la posizione di Zingaretti è cambiata, riscontrando anche i consensi di tutta l’area che fa capo a Dario Franceschini, che ha un peso numerico rilevante e che non sembra voler mollare su questo nuovo polo con M5s e Leu. La partita, dunque, si aprirà tra meno di un mese e il suo esito è tutt’altro che scontato.

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