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Taglio del cuneo fiscale, anche Confindustria chiede che il governo Meloni lo renda strutturale

Il taglio del cuneo fiscale deve rimanere anche nel 2024 e diventare strutturale. Questa la richiesta di Confindustria, convocata in audizione davanti alla commissione Finanze della Camera per commentare la delega fiscale del governo. Attualmente è previsto che il taglio duri solo fino a fine 2023.
A cura di Luca Pons
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"Nell'ottica di sostenere la domanda interna, strategica per la crescita del nostro Paese", le misure "di riduzione del cuneo contributivo adottate nel 2023 da questo governo" devono essere prorogate e diventare "strutturali". Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria, è intervenuto così durante un'audizione davanti alla commissione Finanze alla Camera, per commentare la proposta di riforma fiscale del governo Meloni. Il taglio del cuneo, aumentato di 4 punti per i soli mesi tra luglio e dicembre 2023, porterà a un aumento tra i 25 e i 60 euro netti in busta paga, per chi prende fino a 35mila euro l'anno. Tuttavia, da gennaio le cose torneranno come prima a meno che il governo non prolunghi la misura o la renda strutturale.

La stima è che rendere stabile questo taglio costerebbe più di 10 miliardi di euro all'anno. Tuttavia, i sindacati e le opposizioni hanno già sottolineato che, se non diventasse strutturale, questo aumento in busta paga per pochi mesi servirebbe a poco. Il governo Meloni si è già impegnato a farlo, anche con l'intenzione di andare al di sopra della soglia dei 35mila euro. Lo stesso hanno fatto gli esponenti della maggioranza in Parlamento.

Confindustria in audizione ha chiesto che il taglio diventi strutturale che sia affiancato anche a "interventi di riduzione del prelievo fiscale sulle persone fisiche". Orsini ha detto di "apprezzare" la scelta del governo di portare avanti una "riforma graduale dell'impianto attuale", in un modo "compatibile" con la tutela dei conti pubblici. Nella delega fiscale approvata dal governo Meloni, però, c'è un grosso limite: "Resta poco decifrabile il tema delle coperture finanziarie per l'attuazione", su cui ci sono dei "nodi irrisolti". Cioè, non si capisce bene da dove il governo voglia prendere i soldi per mettere in pratica tutte le riforme che propone.

La "revisione delle agevolazioni fiscali" è una delle strade indicate dal governo nel testo della delega, anche perché "molte di queste misure sono state introdotte in via transitoria e straordinaria negli ultimi tre anni, per sostenere i contribuenti colpiti dagli effetti economici negativi dovuti alla pandemia e dall'incremento dei prezzi dell'energia". Confindustria quindi concorda che "ci sono sicuramente ambiti nei quali sarebbe auspicabile una razionalizzazione", ma bisogna intervenire "con la massima attenzione" e senza "colpi di scure".

Un altro punto critico della riforma fiscale è la cosiddetta flat tax incrementale "sugli aumenti contrattuali dei dipendenti. Un sistema di difficile attuazione", per le imprese, che si potrebbe invece sostituire "potenziando le agevolazioni sui premi di risultato". Così, invece di pagare meno tasse sugli aumenti di stipendi fissati nei contratti, le aziende avrebbero delle esenzioni per i premi che decidono di dare ai propri dipendenti al raggiungimento di certi risultati

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