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Smart working, le regole cambiano dal 30 giugno: cosa succede dopo e chi riguarda

Lo smart working agevolato per lavoratori fragili e genitori di figli under 14 scadrà il 30 giugno 2023: dal giorno dopo saranno riattivati gli accordi individuali in azienda. Ecco come cambieranno le regole, a meno che il governo non decida una nuova proroga.
A cura di Luca Pons
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Le regole per lo smart working agevolato per alcune categorie cambiano ancora: a febbraio il governo aveva prolungato le facilitazioni, ma solo fino al 30 giugno. Tra poco più di un mese, quindi, e in particolare dal 1° luglio 2023, scadrà la possibilità per i lavoratori fragili e per chi ha figli sotto i 14 anni di utilizzare lo smart working anche senza accordi aziendali, sia nel settore pubblico che nel privato.

Come funziona adesso lo smart working agevolato

Il provvedimento era nato durante la pandemia da Covid-19 e poi prorogato più volte. L'ultima, come detto, il 28 febbraio per scelta della ministra Calderone, che allora trovò i 16 milioni di euro che servivano per poter confermare la misura. Allo stato attuale, i lavoratori fragili – cioè coloro che hanno patologie specifiche indicate dal ministero della Salute – posso ricorrere al lavoro da remoto senza richiedere accordi all'azienda, anche per il 100% delle loro ore. E, se la loro mansione non è compatibile con lo smart working, possono essere riassegnati (a parità di stipendio).

Per i genitori di under 14, invece, le regole sono più stringenti. Infatti, lo smart working agevolato è valido (senza accordo aziendale) solo nel settore privato e solo a patto che l'altro genitore non abbia un lavoro e non sia beneficiario di misure contro la povertà o di sostegno al reddito, come reddito di cittadinanza, disoccupazione… In più, non c'è la possibilità di essere riassegnati: lo smart si può richiedere solo se la propria mansione è compatibile.

Come cambiano le regole dal 1° luglio 2023

Il 30 giugno, però, anche queste condizioni scadranno e tutti i lavoratori dovranno tornare in presenza. Oppure, dove è previsto, rientrare nelle normali pratiche aziendali sul lavoro da remoto. Ritorneranno in vigore gli accordi individuali, che esistono dal 2017, ma i datori di lavoro non saranno tenuti a concedere lo smart in caso di richiesta.

È possibile anche che il governo Meloni, nelle prossime settimane, decida di intervenire con una nuova proroga. L'esecutivo in carica l'ha fatto due volte finora, a fine 2022 – quando però era saltato del tutto per i genitori con figli al di sotto dei 14 anni – e poi a febbraio.

Va ricordato che, secondo le norme attuali (in particolare l’articolo 18 della legge 81 del 2017 e l'articolo 4 del Dlgs 105/2022) le aziende hanno comunque l'obbligo di dare priorità ad alcune richieste. In particolare ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno figli fino a 12 anni, oppure figli con disabilità, o ancora dipendenti che sono prestatori di cure ("caregivers") e che hanno a loro volta una disabilità grave accertata. Questo significa che, per chi rientra in questa fascia, la volontà di utilizzare lo smart working non può portare a sanzioni o demansionamenti, né in alcun modo vedere le loro condizioni di lavoro peggiorate.

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