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Sanità, le pagelle del ministero alle Regioni sulle cure essenziali: sette sono bocciate

Il monitoraggio del ministero della Salute sui Livelli essenziali di assistenza, relativo al 2021, segnala delle insufficienze per sette Regioni, la maggior parte al Sud. Sono tre in meno rispetto al 2020, ma sempre più che nel 2019, prima della pandemia.
A cura di Luca Pons
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Il ministero della Salute ha pubblicato il nuovo monitoraggio sui Lea, le ‘pagelle' in cui valuta quali Regioni rispettano i Livelli essenziali di assistenza e quali no. Il bilancio è negativo: sette Regioni nel 2021 – l'anno a cui si riferisce il report – non hanno garantito ai propri abitanti le cure essenziali. Una su tre. Un dato in miglioramento rispetto al 2020, quando però l'arrivo del Covid-19 aveva avuto un impatto molto forte.

Anche nel 2021 la pandemia ha influenzato i risultati, come ha riconosciuto il ministero: per questo, i calcoli non avranno effetto sulla quantità di soldi ricevuti dal Fondo sanitario nazionale, come invece avverrebbe normalmente. L'analisi tiene conto di tre macro-aree per stilare le sue pagelle: la prevenzione, l'assistenza distrettuale (ovvero la sanità sul territorio, fuori dagli ospedali) e l'assistenza ospedaliera. In ogni area viene assegnato un punteggio da 1 a 100, quindi il 60 è considerato la soglia di sufficienza.

Nel complesso, ci sono 88 indicatori di cui tiene conto il ministero nelle sue analisi: dagli screening alle protesi, dai parti ai vaccini, fino ai tempi delle liste d'attesa. Quelli più importanti, gli indicatori "core", sono 22: sei nella prevenzione (ad esempio vaccinazione dei bambini e screening oncologici), nove nella sanità distrettuale (come il tempo trascorso da quando si chiama un'ambulanza a quando arriva o il numero di anziani non autosufficienti nelle Rsa), e infine sei per l'attività ospedaliera (tra cui il tasso di ospedalizzazione, i parti cesarei, e le operazioni per rottura del femore effettuate entro due giorni ai pazienti over 65).

Quali sono le Regioni ‘bocciate' dal ministero

Se i punteggi alti si trovano sia al Nord che al Centro Italia, al Sud la media scende decisamente e si trovano cinque delle sette Regioni ‘bocciate' in almeno un'area. Le Regioni che non raggiungono il 60 in almeno un'area sono:

  • Valle D'Aosta, una delle due Regioni bocciate su tutta la linea senza neanche una sufficienza e registra il voto più basso in assoluto, 45,31, nella prevenzione
  • Provincia autonoma di Bolzano, insufficiente nella prevenzione (ma nel 2020 era negativo anche il dato sulla sanità distrettuale)
  • Molise, insufficiente nella sanità ospedaliera come nel 2020
  • Campania, insufficiente nella sanità distrettuale (pur con un punteggio vicino a 60, cioè 57,52) ma migliora in quella ospedaliera
  • Calabria, l'altra Regione bocciata in tutte e tre le aree, anche se con dei punteggi più alti rispetto all'anno precedente e un 58,52 nella sanità ospedaliera
  • Sicilia, insufficiente nella prevenzione (con un 45,5) come nel 2020
  • Sardegna, insufficiente nella sanità sia distrettuale che ospedaliera, come l'anno precedente

Quali Regioni sono migliorate rispetto al 2020

Come detto, c'è un miglioramento rispetto al 2020, quando ben dieci Regioni avevano un'insufficienza. Ma la sanità non è ancora tornata ai livelli del 2019, quando le promosse erano 15, una in più rispetto all'ultimo report. In particolare, a essere passate da bocciate a promosse sono state:

  • Liguria, migliorando nella prevenzione
  • Abruzzo, anche in questo caso per i passi avanti nella prevenzione
  • Basilicata, che ha migliorato sia la prevenzione che la sanità ospedaliera

I dati migliori sono registrati al Centro e al Nord: si tratta di Regioni come Toscana e Marche, Veneto e Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna. Tra le Regioni che raggiungono la sufficienza in tutti i settori, invece, l'Abruzzo, la Basilicata e la Puglia risultano le più fragili, mentre tutte le altre Regioni meridionali hanno almeno un voto sotto il 60.

Salutequità: "Dati da considerare quando si parla di autonomia differenziata"

Un dato particolare è che la maggior parte delle Regioni che hanno almeno un'insufficienza, quattro su sette, sono a statuto speciale. Si tratta della Provincia autonoma di Bolzano, poi Sicilia, Sardegna e Valle D'Aosta. Per Tonino Aceti, presidente di Salutequità, questo è un fatto che va letto insieme al quadro della Corte dei conti, "che ci dice come anche dal punto di vista della gestione economica si tratti di Regioni profondamente in difficoltà, visti i disavanzi". Nel dibattito sull'autonomia differenziata, ha detto Aceti, "non possiamo non partire dalle evidenze della inadempienza sui servizi Lea e delle criticità sui conti".

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