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Elezioni politiche 2022

Salvini e Letta assicurano: “Stop a larghe intese dal 2023”, ma tutto dipende dalla legge elettorale

I leader di PD e Lega, in campagna elettorale per le elezioni amministrative, assicurano che nella prossima legislatura non ci saranno governi alla Draghi.
A cura di Giacomo Andreoli
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"Il governo delle larghe intese termina con questo Parlamento", "niente più governi con il PD". Enrico Letta e Matteo Salvini, in campagna elettorale a Jesi e Lignano Sabbiadoro dicono entrambi la stessa cosa: dal 2023 basta ad alleanze tra centrosinistra e centrodestra per formare esecutivi di emergenza come quello guidato oggi da Mario Draghi.

Secondo il leader dem, infatti, "dopo le prossime elezioni politiche saranno i cittadini a decidere la maggioranza e noi puntiamo ad avere la maggioranza di centrosinistra che posa governare il Paese secondo un progetto riformatore e progressista". Così Salvini assicura che "il governo di responsabilità nazionale non è una possibilità nel 2023", perché passata la guerra e l'epidemia, non ci sarà più spazio per alleanze con la sinistra. Alle prossime elezioni, quindi, "la Lega sosterrà una coalizione di centro destra che ha idee ben diverse dalla sinistra, che vuole la tassa patrimoniale, lo ius soli e il ddl Zan". Poi elenca le priorità per il Carroccio: flat tax, pace fiscale, taglio delle tasse, la difesa della famiglia fondata sulla mamma e sul papà e "lavoro, lavoro, lavoro". Quest'ultimo tema, sostiene anche Letta, sarà centrale nelle prossime consultazioni.

Non è la prima volta che i due leader di partito si lasciano andare a dichiarazioni del genere, che spingono i diversi elettorati a mobilitarsi in vista delle prossime elezioni amministrative del 12 giugno. La sicurezza, però, che non ci sarà più bisogno di un governo di larghe intese in realtà non ce l'ha nessuno. Innanzitutto bisogna vedere quale sarà la prossima legge elettorale. Con la frammentazione del consenso che emerge dagli ultimi sondaggi, è evidente che qualora fosse approvata una riforma proporzionale, né centrodestra, né centrosinistra avrebbero la maggioranza dei seggi in Parlamento.

Se rimanesse l'attuale Rosatellum (per un terzo maggioritario), visto anche il numero ridotto di parlamentari dopo la riforma approvata nel 2019, è invece molto probabile che un centrodestra nuovamente unito possa ottenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato (ma con numeri ballerini). Ovviamente, però, bisognerà sanare le ferite tra Fratelli d'Italia e il resto della coalizione, facendo tornare dentro anche le anime centriste. Dall'altra parte, stando agli attuali sondaggi, l'alleanza Pd-M5s allargata a sinistra e Verdi non riuscirebbe ad essere davvero competitiva (il distacco è di 7-8 punti percentuali). Servirebbe allora quel "campo largo" proposto da Letta, assieme a Italia Viva, Azione e +Europa, ma convincere liberali e grillini a unirsi rimane molto difficile.

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