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Riforme, il governo Meloni dice che sul presidenzialismo andrà avanti anche senza le opposizioni

Domani, martedì 9 maggio, Giorgia Meloni ha convocato i rappresentanti dell’opposizione per un confronto sulle riforme: sul tavolo l’autonomia delle Regioni e, soprattutto, il presidenzialismo. Da Tajani a Calderoli, diversi esponenti del governo l’hanno già chiarito: senza un accordo si va avanti lo stesso.
A cura di Luca Pons
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Manca ancora un giorno all'apertura del confronto tra governo e opposizione sulle riforme costituzionali, ma lo scontro è già acceso. Questa mattina, alle 8, si è riunita la segreteria del Pd per tracciare la linea da seguire nell'incontro con Meloni di domani sera. Ieri Elly Schlein ha detto che teme che non sia un "momento di vero confronto, ma solo l'ennesima operazione per distogliere l'attenzione da altre questioni, su cui il governo ha fatto scelte scellerate, dal lavoro all'immigrazione". Dalla maggioranza, invece, due ministri si sono fatti sentire: il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani e il ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli.

Tajani e Calderoli: "Confronto con le opposizioni, ma se non va procediamo a maggioranza"

Intervistato a Mezz'ora in più su Rai 3, Antonio Tajani ha detto che "la ricetta migliore bisogna trovarla insieme, maggioranza e opposizione". In questo momento, la soluzione più gradita ai partiti di minoranza secondo il ministro degli Esteri sarebbe "il premierato elettivo", cioè l'elezione diretta del capo del governo (e non del presidente della Repubblica). Tuttavia, Tajani ha anche sottolineato: "Basta con i governi non eletti. Le riforme sono parte del nostro programma. Se l’opposizione sceglierà l’Aventino, andremo avanti anche da soli. Poi ci saranno i referendum e decideranno i cittadini".

Una posizione che lascia poco margine di manovra ai partiti convocati domani al confronto con Meloni. Come ha detto la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati, che sarà presente, il governo ha intenzione di procedere con un'elezione diretta, che sia del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. Dentro questi limiti, sarà disposto ad ascoltare le posizioni della minoranza. Al di fuori, sembra che invece il centrodestra sceglierà di procedere da solo.

Anche Roberto Calderoli, intervistato dal Corriere della Sera, ha ribadito che "proporre all'opposizione le tre possibilità", cioè presidenzialismo, premierato e semipresidenzialismo, è "assolutamente corretto", soprattutto "se ci fosse una vera disponibilità dell'opposizione di discutere di riforme". Si potrebbe anche istituire una commissione bicamerale che discuta il testo di una riforma, anche se "viste le esperienze del passato non sono poi così ottimista: nessuna ha mai prodotto risultati".

Ma l'opposizione ha il diritto di "fare proposte", non il "diritto di veto". Perciò, se non arrivasse in fretta una disponibilità, il centrodestra procederà con "l'articolo 138 della Costituzione: il Parlamento approva le modifiche alla Costituzione con due deliberazioni a maggioranza assoluta". Una maggioranza di cui il governo Meloni dispone, anche senza il supporto dell'opposizione.

Nel caso in cui si dovesse arrivare ad un'approvazione solo del centrodestra, la riforma potrebbe poi passare da un referendum. In passato, nel 2006 e nel 206, i governi Berlusconi e Renzi fecero questa scelta per approvare due proposte di riforme costituzionali. In entrambi i casi, però, al voto referendario vinsero i no.

Pd e M5s contrari all'elezione diretta, aperture dal Terzo polo

Al momento, la disponibilità dell'opposizione sembra limitata: il Pd deve ancora decidere la sua linea ufficiale, ma in passato si è opposto alle forme di elezione diretta del capo dello Stato o del governo. Dal Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, che potrebbe non essere presente all'incontro di domani, ha detto che "se introduciamo un premierato, un capo del governo eletto dai cittadini, stravolgiamo le funzioni del Capo dello Stato: sarebbe una figura che va a tagliare i nastri alle cerimonie, niente di più".

Più aperto il Terzo polo: per Azione, Carlo Calenda ha detto di essere d'accordo "sull'idea del premierato e sull'idea del monocameralismo secco", mentre in Italia viva Matteo Renzi da tempo appoggia l'idea del "sindaco d'Italia" eletto in modo diretto. In un'intervista a Libero, Maria Elena Boschi ha detto che il partito è "disponibile sulle riforme costituzionali" e di non volerle usare "per fare la guerra alla premier. Se il progetto è serio, fanno bene ad andare avanti".

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