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Riforma fiscale, Bombardieri: “Nulla per i lavoratori. Sciopero generale? Se necessario, saremo pronti”

Il segretario generale della Uil, intervistato da Fanpage.it, boccia la riforma fiscale del governo Meloni: “Non c’è nulla per i lavoratori e la rimodulazione delle aliquote Irpef rischia solo di creare ulteriori disuguaglianze nel Paese”. E sulla possibilità di uno sciopero generale Bombardieri non si nasconde: “Se sarà necessario saremo pronti”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La riforma fiscale del governo Meloni è stata duramente criticata dai sindacati. L'incontro di ieri non è servito a risolvere i dubbi, anzi. Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, spiega in un'intervista a Fanpage.it perché il sindacato non considera accettabile la proposta dell'esecutivo. E soprattutto su quali punti Meloni e i suoi ministri continuano a non dare risposte ai lavoratori.

Segretario, cosa c'è che non va nella riforma del fisco del governo Meloni?

Non va perché è una proposta che non dà risposte alle emergenze del Paese. Per noi l'emergenza riguarda i salari dei lavoratori dipendenti che hanno perso potere d'acquisto. Non c'è nulla per loro. La proposta, che poi è quella del governo Draghi, è la rimodulazione delle aliquote Irpef, il che rischia solo di creare ulteriori disuguaglianze nel Paese.

Tradotto: non si parla di taglio del cuneo fiscale?

Non c'è assolutamente nulla. Tra l'altro abbiamo chiesto che i 20 miliardi di euro recuperati dall'Agenzia delle Entrate vengano utilizzati immediatamente per abbassare il cuneo fiscale. Nessuna risposta.

Si parla però di nuovo di flat tax…

La Costituzione viene violata. Se un lavoratore autonomo paga il 15% su 50mila euro di reddito mentre un dipendente paga più del 30% di tasse, dov'è la progressività?

La convocazione è stata abbastanza improvvisata, tanto che lei non c'era. Sul metodo?

Il metodo è assolutamente insufficiente. Il governo tenta solo di dire che ci ha sentiti, ma non è serio e non c'è volontà di prendere in considerazione le nostre proposte. Siamo stati convocati il giorno prima senza avere un testo scritto. Non so se il governo pensa che questo sia un confronto.

Però il governo ha detto che ci sarà tempo e spazio durante la scrittura dei decreti delegati…

Il fatto che ci convochino nelle commissioni per ascoltare i nostri pareri è previsto dai regolamenti parlamentari, non è una concessione del governo.

Quindi c'è aria di mobilitazione?

Abbiamo già cominciato da due mesi come Uil. Stiamo facendo il giro di tutti i luoghi di lavoro. Ieri ero a un'assemblea con lavoratrici e lavoratori di Poste Italiane. Abbiamo deciso già due mesi fa che le risposte del governo erano insufficienti e stiamo informando e ascoltando in giro per l'Italia. È una scelta che si sta dimostrando giusta, perché ci dicono di non avere risposta. Non c'è nulla sulla sicurezza sul lavoro, le persone continuano a morire, niente sull'alternanza scuola-lavoro e nemmeno sulla previdenza.

Si arriverà a uno sciopero generale?

Lo sciopero generale si fa, non si minaccia. È opportuno continuare questa mobilitazione sul territorio per condividere le preoccupazioni di lavoratrici e lavoratori. Poi se loro ci diranno che è necessario andare avanti noi saremo pronti.

Sulle pensioni c'è un tavolo aperto con il governo, si parla molto di Opzione Donna. Ci sono novità?

Ho forti dubbi che si possa chiamare tavolo, perché è stato aperto e lì è rimasto. Dopo il primo confronto non ce ne sono stati altri. Su Opzione Donna siamo a fine marzo e non solo non sono arrivate risposte sulla richiesta di reinserimento con le vecchie regole, ma non hanno neanche completato i decreti. Ci sono 20mila lavoratrici coinvolte che aspettano risposte. Poi avevamo chiesto pensioni di garanzia per i giovani, ma tutta la politica sembra essersene dimenticata.

Su un punto però il governo sta andando avanti rispettando le promesse: l'abolizione del reddito di cittadinanza. Cosa pensa della nuova Mia?

Se ne parla molto sui giornali, ma con noi il governo su questo non si è minimamente confrontato. L'esecutivo continua però con un errore di fondo, cioè collegare una misura di emergenza per chi non può lavorare alle politiche attive. Se nel Mezzogiorno non ci sono possibilità di occupazione, a quei ragazzi cosa diamo? L'opportunità di arruolarsi nella mafia? Allo stesso tempo non c'è nessun intervento sul lavoro, né sulle politiche industriali. Non sappiamo quali siano gli investimenti né come si possano creare nuovi posti di lavoro.

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