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Manovra 2025

Quali promesse ha tradito il governo Meloni sulla Sanità nella Manovra 2025

La manovra per il 2025 avrebbe dovuto contenere molti più fondi per la sanità pubblica e lanciare diverse misure che il governo Meloni aveva promesso. Ma, per la maggior parte, questo non è avvenuto. Lo ha scritto la fondazione Gimbe in un’analisi sul testo della legge di bilancio: “Ancora una volta tradisce le legittime aspettative di professionisti sanitari e cittadini”.
A cura di Luca Pons
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Le risorse per la sanità pubblica inserita nella legge di bilancio 2025 saranno "destinate principalmente ai rinnovi contrattuali del personale", e "non consentiranno di attuare il piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri" promesso dal governo," né tantomeno di eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario, contrariamente a quanto previsto dal dl Liste d'attesa". Insomma, la manovra "ancora una volta tradisce le legittime aspettative di professionisti sanitari e cittadini". Questa è la sintesi della fondazione Gimbe, pubblicata in un nuovo rapporto che analizza le mosse del governo Meloni per i prossimi anni.

Ci sono alcuni specifici elementi positivi, come "l’aggiornamento delle tariffe delle prestazioni per acuti e post-acuti" (che però è solo "partire dal 2026"). Ma i punti negativi sono molti di più, e il punto è che rispetto alle aspettative l'esecutivo non ha mantenuto le promesse che aveva fatto. Il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, ha scritto che oggi sia medici e infermieri che cittadini sono "alle prese con un Ssn in grande affanno nel rispondere ai bisogni di salute della popolazione". Tra i motivi, soprattutto la "progressiva carenza di personale, in particolare infermieristico, che vive una stagione di demotivazione e disaffezione per la sanità pubblica senza precedenti".

Le promesse non mantenute a medici e specializzandi

In questo scenario, la manovra del governo "tradisce" le aspettative e i proclami fatti. C'è una operazione di "cosmesi" sui fondi per la sanità per l'anno prossimo: un aumento di "soli 1,3 miliardi di euro, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati", cosa che rende "impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari", che infatti hanno annunciato uno sciopero. Anche solo concentrandosi sugli aumenti di stipendio, si parla di indennità che, "salvo briciole, saranno concretamente esigibili dal personale solo a partire dal 2026".

La paga per gli specializzandi invece passerà "da 26mila euro annui a 27.135 euro per tutte le specialità, e a 28.785 euro per quelle meno ambite: cifre irrisorie per convincere i giovani medici a scegliere specialità che oggi non risultano più attrattive". Non stupisce, quindi, che il piano di assunzioni straordinario e la cancellazione del tetto di spesa per il personale sanitario siano saltati del tutto dalla manovra, in mancanza di risorse.

Infatti, l'aumento di fondi previsto per il 2025 è di 2,5 miliardi di euro, ma in realtà 1,2 miliardi erano già stati assegnati lo scorso anno. L'incremento quindi è di 1,3 miliardi, cifra che tiene conto anche delle somme per i rinnovi dei contratti. Negli anni successivi secondo i calcoli di Gimbe arriveranno rispettivamente 4 miliardi di euro nel 2026 – l'unico aumento significativo – poi 536 milioni nel 2027, 883 milioni nel 2028, circa un miliardo dal 2029 e 1,1 miliardi dal 2030 in poi.

Le Regioni dovranno alzare le tasse o tagliare servizi

Insomma, "risorse insufficienti per affrontare le crescenti necessità di cittadini e professionisti". Anche perché una grossa parte di questi aumenti dal 2028 in poi dovrà essere messa da parte per rinnovare i contratti pubblici, e quindi non potrà essere usata per le altre esigenze.

Solo nel 2026 arriverà "l'unico reale incremento di risorse", perché lo Stato avrà a disposizione "le liquidità derivanti dalla sospensione del credito di imposta delle banche", una misura che a sua volta ha moltissime criticità. Anche quando ci saranno delle risorse in più, comunque, queste saranno sostanzialmente sprecate: "Si disperdono in troppi rivoli, senza una chiara visione di rilancio del Ssn, con un numero eccessivo di misure rispetto alle risorse assegnate".

La fondazione ha infatti letto il testo della legge di bilancio e fatto un confronto con le somme assegnate alla sanità: "Lascia molto perplessi il fatto che gli incrementi annuali del Fabbisogno sanitario nazionale non siano sufficienti a coprire tutte le misure previste", ha commentato Cartabellotta. Questa mancanza di strategia "finirà per mettere le Regioni davanti a un bivio". Le amministrazioni regionali, trovandosi di fronte alla mancanza di fondi, saranno "costrette a scegliere da quale lato ‘tirare' una coperta troppo corta". Serviranno "scelte drastiche: razionalizzare la spesa, tagliare altri servizi o aumentare l’addizionale Irpef".

Anche il governo Meloni non ha un piano per la sanità

Il punto più generale, comunque, è che "non si intravede alcun rilancio progressivo del finanziamento pubblico". E anzi, dopo la "fiammata" prevista per il 2026 si tornerà a "cifre da manutenzione ordinaria dell'era pre-pandemica". Come se il governo Meloni non si rendesse conto che "la sanità pubblica è oggi la vera emergenza del Paese", le scelte politiche "rimangono inesorabilmente in linea con quelle degli ultimi 15 anni".

In questo periodo "tutti i governi hanno definanziato il Ssn e nessuno è stato in grado di elaborare un piano di rilancio del finanziamento pubblico, accompagnato da una coraggiosa stagione di riforme per ammodernare e riorganizzare la più grande opera pubblica del Paese, quel Ssn istituito per tutelare la salute di tutte le persone". Una mancanza che è "un tradimento dell'art. 32 della Costituzione e dell’universalismo, dell’uguaglianza e dell’equità, princìpi fondamentali del nostro insostituibile Ssn".

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