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Nuova direttiva Ue sulla qualità dell’aria, il Nord Italia si oppone: “Chiuderebbero troppe attività”

La Commissione europea ha proposto una nuova direttiva per regolare la qualità dell’aria. I paletti partirebbero dal 2030, ma per le Regioni del Nord Italia i criteri sono troppo stringenti: “In Pianura Padana chiuderebbe il 75% delle attività produttive”, ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana.
A cura di Luca Pons
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L'Unione europea lancia una nuova direttiva sulla qualità dell'aria, e il governo italiano insieme alle Regioni del Nord si oppone. Attilio Fontana, presidente della Lombardia, è andato a Bruxelles per partecipare a due giorni di incontri e ha portato la posizione della sua Regione, condivisa anche da Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna: invece di portare "sostenibilità", l'iniziativa rischia di essere una "follia".

Cosa dice la direttiva sulla qualità dell'aria

La direttiva in questione è stata proposta dalla Commissione europea, e l'obiettivo è di adeguarsi gradualmente ai parametri che l'Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito sulla pulizia dell'aria dall'inquinamento. I paletti verrebbero messi progressivamente: la prima scadenza è quella del 2028, tra cinque anni, quando per prima cosa i valori fissati con la direttiva verrebbero rivisti. La novità entrerebbe poi in vigore solo dal 1 gennaio 2030.

Dalla prima revisione del 2028, ogni cinque anni si tornerebbe a lavorare sui paletti: in base ai progressi scientifici e tecnologici – anche sull'analisi del cambiamento climatico, e dell'impatto dell'inquinamento sulla popolazione – si cercherebbe di stringerli man mano per arrivare con il tempo all'obiettivo fissato dall'Oms. Si parla, comunque, di un traguardo da raggiungere non nel 2030, ma entro il 2050.

Le critiche dell'Italia

A quella che Carlo Fidanza (eurodeputato FdI) ha definito una "eurofollia", le Regioni del Nord Italia hanno risposto con un allarme. Anche il governo Meloni, ha detto Fidanza, "si è già espresso in modo molto critico".

Per il presidente Fontana si parla di richieste "irragionevoli". Per la Pianura Padana, nel bilancio del leader leghista, il prezzo sarebbe drastico: "La chiusura del 75% delle attività produttive, impedire la circolazione dei tre quarti dei veicoli che oggi circolano, chiudere il 75% degli allevamenti e delle attività agricole del nostro territorio, e avremmo più del 60% dei nostri riscaldamenti che sarebbero fuori legge". Hanno preso parte alla protesta anche  il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, e il presidente del Piemonte Alberto Cirio, che ha definito i target "assolutamente irraggiungibili".

L'ambasciatore Stefano Verracchia, rappresentante permanente aggiunto dell'Italia in Ue, il problema è il contrasto tra "l'ambizione" in tema di transizione climatica e "un certo pragmatismo" che mancherebbe nelle scelte concrete. Si tratterebbe, per Verracchia, di un difetto che è "trasversale a molti dossier". Per adesso, mentre l'Italia si è esposta con una posizione decisamente critica, da altri Paesi come Germania e Francia sono arrivate "posizioni caute".

La linea del Nord Italia, e del governo, è stata contestata da un gruppo di operatori della sanità pubblica, medici, scienziati e ricercatori. In una lettera aperta, indirizzata all'esecutivo di Giorgia Meloni, hanno sottolineato che "ogni ulteriore flessibilità e deroga" nel mettere in campo "misure per ridurre le emissioni di inquinanti" ha il solo risultato di "aggravare i danni", sia per la salute delle persone che per il clima. L'Italia, contrastando una nuova direttiva in questo senso, potrebbe segnare "un autogol clamoroso", in questo modo "perdendo la partita più importante per il futuro dei suoi cittadini".

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