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“Mio cugino disperso a Cutro, abbiamo aspettato Meloni ma non è venuta”: il racconto di Alidad Shiri

Alidad Shiri ha cercato per giorni suo cugino Atiqullah a Cutro, poi ha aspettato che fosse ritrovato, ma al momento è ancora tra i dispersi. “Ho cercato ovunque, dalla polizia scientifica, all’ospedale, al centro di accoglienza – racconta in un’intervista a Fanpage.it – Sono rimasto una settimana anche per aiutare i familiari degli altri naufraghi, ho cercato di fare da interprete e di dare loro un po’ di forza morale”. La rabbia nei confronti del governo però non passa: “La presidente Meloni poteva incontrarci, siamo rimasti fino alle nove di sera ad aspettare”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Alidad Shiri è corso a Cutro appena ha ricevuto la telefonata della sua famiglia, più di una settimana fa. È partito da Bolzano, dove vive e lavora, per andare a cercare suo cugino Atiqullah, 17 anni. Era sulla barca. Su quella barca. E risulta ancora tra i dispersi. La sua storia è simile a milioni di altre. Lo stesso Alidad ha una storia simile, su cui ha scritto anche un libro – Via dalla pazza guerra, uscito nel 2021 – dopo essere arrivato in Italia sotto un camion nel 2005. Anche Alidad è partito dall'Afghanistan. Oggi lavora in un centro per minori a Bolzano, fa l'educatore, il giornalista e gira le scuole d'Italia per sensibilizzare i più giovani. A Cutro ha aspettato per giorni suo cugino. Ora sta tornando a casa, senza aver avuto sue notizie.

Alidad Shiri
Alidad Shiri

L'attesa, la speranza e il dolore di tante famiglie e vite spezzate. Come sono stati questi giorni a Cutro? 

Sono andato a Cutro una settimana fa a cercare mio cugino, che si trovava sulla nave. Aveva 17 anni. Mi ha chiamato sua sorella dall'Iran, io neanche sapevo fosse partito. Mi ha chiesto di andare a Crotone. Ho cercato ovunque, dalla polizia scientifica, all'ospedale, al centro di accoglienza. Al momento è ancora tra i dispersi. Sono rimasto una settimana a Cutro anche per aiutare i familiari degli altri naufraghi, ho cercato di fare da interprete e di dare loro un po' di forza morale. La situazione è molto difficile. C'era una famiglia di ventuno persone che erano sulla nave. Cinque sono sopravvissuti, dieci sono morti e sei sono tra i dispersi. Ho cercato di stargli vicino.

Ci racconta il viaggio di suo cugino?

La situazione in Afghanistan è molto difficile, soprattutto per i giovani e per chi vuole studiare. Mio cugino è scappato quando i talebani sono tornati. Ormai più di un anno fa. Come tutti quelli che hanno potuto in quel momento. È andato in Pakistan, poi in Iran e da lì è arrivato in Turchia. Lì è rimasto a lavorare per un anno. Quando ha risparmiato abbastanza soldi ha pagato i trafficanti ed è salito sulla nave.

Perché chi parte non ha alternativa…

Dall'Afghanistan scappano soprattutto le donne, dal ritorno dei talebani. Non possono lavorare, studiare, niente. Prima avevano una dignità e un lavoro. Ad esempio c'erano 2.500 giornaliste donne. La loro colpa è aver studiato e per questo rischiano la vita. Tutte le persone che hanno collaborato con la comunità internazionale spesso vengono arrestate, torturate e uccise, ma noi non ne sappiamo niente perché siamo molto concentrati sull'Ucraina.

Tornando ai giorni successivi al naufragio, cos'è successo con il governo italiano?

Il governo ha deciso di mandare tutte le salme a Bologna senza avvisare le famiglie. Abbiamo chiesto di fermare il trasporto e hanno cambiato idea. Siamo dovuti rimanere tutto il giorno lì a bloccare la strada. Solo alla fine abbiamo trovato una soluzione grazie a una dirigente del ministero dell'Interno arrivata da Roma. Altrimenti avrebbero mandato le salme a Bologna per essere sepolte lì. Il Presidente della Repubblica ci aveva promesso che le salme sarebbero state riportate in patria.

Perché non è stato fatto allora? Come si sta organizzando il rientro delle salme?

Il governo ci ha detto che non ha rapporti con i talebani, ma è strano perché è venuto fuori solo dopo dodici giorni. Perché non hanno coinvolto l'Onu per una mediazione? La comunità internazionale ha un rapporto con loro. Allora ci hanno detto che se le singole famiglie fossero riuscite a trovare un'agenzia per trasportare la salma, il ministero sarebbe stato disponibile a pagare le spese.

Altri familiari delle vittime, però, lamentano proprio il fatto che le salme sono bloccate in Germania perché il governo italiano non paga le agenzie. Non stanno rispettando le promesse?

Potrebbero essere bloccate lì, sì. Le agenzie volevano subito i soldi e la dirigente del ministero non dava risposte. Ci hanno promesso di pagare loro. Il costo è di oltre quattromila euro a salma. Siamo riusciti a coinvolgere alcune agenzie tedesche è vero. Così le salme andranno prima in Germania, poi in Turchia e infine a Kabul. Non ci sono voli diretti tra Italia e Afghanistan. C'era un volo verso l'Uzbekistan, ma il costo era di 350mila euro e il governo italiano ha rifiutato di pagare la spesa. Perciò ogni famiglia deve trovare un'agenzia per conto suo.

La presidente Meloni e tutti i ministri del suo governo sono venuti a Cutro, ma non vi hanno incontrati. Poi l'invito a Roma. Cosa ne pensa?

Siamo profondamente arrabbiati e tristi. La presidente Meloni poteva almeno fare un salto, siamo rimasti fino alle nove di sera ad aspettare. Abbiamo sperato fino all'ultimo che passasse almeno un ministro, a fare un saluto. Poi ho visto il comunicato che ha mandato ai giornalisti sull'invito, ma noi familiari non abbiamo ricevuto niente.

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