Medici Senza Frontiere: “Mediterraneo è ormai fossa comune, aumentare ricerche e soccorsi”

È di ieri l’ultimo naufragio di un barcone carico di migranti al largo delle coste libiche, con centinaia di persone in mare e decine di morti (nelle difficoltà di ottenere un bilancio ufficiale delle persone che hanno perso la vita o che ancora sono disperse in mare). Alle operazioni di salvataggio, come vi abbiamo raccontato, ha partecipato anche una nave di Medici Senza Frontiere, la Dignity 1, che ha ricevuto una chiamata dal Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma e si è recata sul posto assieme ad una nave militare irlandese.
A raccontare la terribile scena sono gli stessi operatori dell’organizzazione medico – umanitaria ed in particolare Juan Matìas, coordinatore di MSF a bordo della Dignity 1:
“È stata una vista orribile, persone che si aggrappavano disperate ai giubbetti di salvataggio, alle barche, a qualunque cosa trovavano per cercare di salvarsi la vita, in mezzo alle persone che stavano annegando o a chi era già morto. Il fatto che siamo stati chiamati prima per assistere questa barca e subito dopo per un altro salvataggio, dimostra la grave carenza di risorse disponibili per operazioni di soccorso nel Mediterraneo.”
E su questo tema ad attaccare è Loris De Filippi, presidente di MSF: “È un imperativo che le operazioni di soccorso si avvicinino il più possibile alle zone di partenza: solo due giorni fa 5 persone sono morte per disidratazione dopo 13 ore su un barcone e oggi questa tragedia ad appena 15 miglia dalla Libia. L’unica soluzione per porre fine a lutti e sofferenze in mare è aprire vie legali e sicure per consentire a queste persone, costrette a fuggire da guerre e povertà, di trovare sicurezza senza rischiare la vita”.