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L’Anticorruzione dice che il nuovo Codice appalti del governo Meloni apre a favoritismi e clientele

Il governo Meloni ha approvato il nuovo Codice degli appalti, rivendicato come un successo soprattutto dal ministro Matteo Salvini. Per l’Anac, però, molte delle norme rischiano di portare degli sprechi di denaro e di aprire a chi assegna i lavori alle aziende ‘amiche’.
A cura di Luca Pons
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Il Consiglio dei ministri ieri sera ha approvato il nuovo Codice degli appalti. Ad esultare è stato soprattutto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che in un videomessaggio ha detto che ci sarà "meno burocrazia, meno perdita di tempo, più fiducia alle imprese e ai sindaci". Il Codice entrerà in vigore il 1 aprile 2023 per rispettare i tempi previsti dal Pnrr, mentre la digitalizzazione delle procedure partirà solo dal 1 gennaio 2024.

Dall'Anac (Autorità nazionale anticorruzione) sono arrivate critiche a diversi aspetti del Codice, che era stato pre-approvato dal governo già a dicembre. Il presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, ha detto che in particolare con la misura che prevede di affidare liberamente i lavori al di sotto dei 150mila euro "si prenderà l'impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio". Senza controlli "si dice non consultate il mercato, scegliete l'impresa che volete", perciò "va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato, e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri".

Affidamenti diretti fino a 150mila euro, i piccoli Comuni fanno da soli fino a 500mila euro

La misura di cui parla Busia è quella sugli affidamenti diretti. Per lavori che costano fino a 150mila euro si potrà procedere, appunto, con affidamento diretto e senza obbligo di svolgere bandi o negoziati. Non solo, ma fino a un milione di euro basterà invitare cinque imprese a una negoziazione senza bandi, mentre fino a 5,38 milioni di euro (soglia massima per norme Ue) basterà invitare dieci aziende. Secondo stime del Sole 24 Ore, si potranno assegnare senza un bando il 98% dei lavori pubblici, per un valore complessivo di circa 19 miliardi.

Quando Salvini ha parlato di "più fiducia ai sindaci", inoltre, ha fatto riferimento alla nuova soglia di 500mila euro per le stazioni appaltanti non qualificate. Ovvero fino a questo importo i piccoli Comuni non dovranno passare da stazioni appaltanti qualificate (come il ministero delle Infrastrutture, guidato proprio da Salvini) ma potranno assegnare in autonomia i lavori.

Il ministero ha detto che ci sarà un "taglio dei tempi notevole soprattutto per quei piccoli Comuni che debbano procedere a lavori di lieve entità". Sempre per dare più fiducia agli amministratori locali e contrastare la ‘paura della firma', è stata esclusa l'ipotesi di colpa grave per i funzionari che autorizzano dei lavori, se "avranno agito sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità".

Per l'Anac, però, dare ai piccoli Comuni il potere di gestire direttamente gli appalti fino a 500mila euro "è come sostenere che, poiché in città si va più lenti, per guidare non serve la patente. Cioè consentire di fare appalti fino a mezzo milione di euro anche a chi non è in grado di gestirli, perché non qualificato". Il rischio è anche che "tali appalti, proprio per l’incapacità delle stazioni appaltanti durino molto di più e che i soldi vengano buttati". Per questo l'Anticorruzione aveva chiesto che la soglia fosse abbassata a 150mila euro.

Ritorna l'appalto integrato, via anche ai subappalti a cascata

Nel nuovo Codice appalti torna anche l'appalto integrato. Come spiegato dal ministero, "il contratto potrà quindi avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori", entrambe affidate alla stessa azienda per risparmiare tempo e denaro. Inoltre, "per garantire la conclusione dei lavori, si potrà procedere anche al subappalto cosiddetto a cascata, senza limiti".

Anche in questo caso, l'Anac aveva già segnalato che l'appalto integrato spesso non funziona, perché "dopo l'affidamento", l'ente che ha commissionato i lavori "si vede presentare un progetto esecutivo che non corrisponde alle sue aspettative". A quel punto o si adatta, ma in questo caso "non fa l'interesse pubblico", oppure chiede delle modifiche e inizia "una lunga trattativa con l'impresa". Per questo, sarebbe stato meglio applicare l'appalto integrato "quando davvero serve, per progetti molto complessi, dove l'impresa deve dare un contributo di innovazione".

Conflitto d'interessi, allentati i controlli

Un aspetto non menzionato nel comunicato del ministero è l'allentamento dei controlli sui conflitti di interesse. Come segnalato dall'Anticorruzione, si introduce "una sorta di inversione dell’onere della prova": ovvero non c'è più bisogno di dimostrare che non ci sono conflitti di interesse, ma al contrario, finché non si dimostra che c'è un conflitto d'interessi non ci saranno interventi. L'Anac ha definito "paradossale" il fatto che, "proprio in un settore delicato quale quello dei contratti, si introducono regole ancora più blande di quelle previste in generale per i procedimenti amministrativi".

La norma "prima l'Italia" che tutela le forniture Ue

Infine, il decreto contiene una norma che il governo ha chiamato "prima l'Italia". Il ministero di Salvini l'ha definita una clausola per "la salvaguardia del made in Italy", per quanto si applichi allo stesso modo a tutta l'Ue. In sostanza, tra i criteri per valutare l'offerta di un'azienda bisognerà anche tenere conto di quanti prodotti originari dell'Unione europea utilizza, sul totale delle forniture che servono per completare i lavori. In più, dovranno essere "valorizzate" le imprese che abbiano sede nel territorio in cui l'opera è svolta.

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