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La lettera sui migranti che Giorgia Meloni ha scritto all’Unione europea dopo la tragedia di Crotone

Giorgia Meloni scrive ai vertici delle istituzioni europee per chiedere un intervento comune sul tema dell’immigrazione, all’indomani della tragedia di Crotone in cui hanno perso la vita almeno 67 persone.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Giorgia Meloni si dice sconvolta per la tragedia di Crotone, in cui hanno perso la vita 67 migranti. Nella lettera scritta alle istituzioni europee – che pubblichiamo integralmente – la presidente del Consiglio sottolinea il dovere di evitare che fatti del genere accadano ancora. Meloni chiede di evitare le soluzioni di facciata, utili solo sul piano comunicativo – certo, dopo aver fatto un'intera campagna elettorale in cui sui migranti proponeva solamente il blocco navale – e di gestire il fenomeno migratorio in sicurezza. La leader di Fratelli d'Italia scrive al presidente del Consiglio Ue, alla presidente della Commissione e al primo ministro di Svezia, che detiene la presidenza di turno, e chiede una politica europea sui rifugiati.

Meloni condanna chi specula sulla vita di persone disperate e lancia l'allarme sul futuro e sulla pressione che eserciteranno sull'Unione le prossime ondate migratorie. Infine chiede all'Europa di non lasciare l'Italia sola in questa battaglia di civiltà. Ecco il testo integrale della lettera:

Caro Presidente del Consiglio Europeo, Caro Charles,
Cara Presidente della Commissione Europea, Cara Ursula,
Caro Primo Ministro di Svezia, Caro Ulf,
il naufragio avvenuto nei giorni scorsi a pochi metri dal litorale di Crotone, nel quale sono morte decine di persone e tra queste molti bambini, ha sconvolto tutti noi. Non si tratta purtroppo di un caso isolato. In Italia da molti anni ci ritroviamo a piangere tragedie come quelle di domenica scorsa nelle quali chi prova a raggiungere le nostre coste su imbarcazioni di fortuna perde la vita in mare. È nostro dovere, morale prima ancora che politico, fare di tutto per evitare che disgrazie come queste si ripetano.
Si tratta di una sfida difficilissima perché quello delle migrazioni è un fenomeno epocale e complesso, soprattutto quando le imbarcazioni cariche di migranti prendono la via del mare. Proprio per questo non possiamo cadere nella tentazione di accontentarci di facili soluzioni di facciata, utili forse sul piano comunicativo, ma del tutto inadeguate a risolvere la questione.
Non si tratta di trovare gli strumenti per annullare la migrazione verso l’Europa, ma di stroncare la tratta illegale di esseri umani, e fare in modo che il fenomeno migratorio sia gestito nel rispetto delle regole e della sicurezza (anzitutto nell’interesse degli stessi migranti), e con numeri tali da consentire l’effettiva integrazione di chi viene in Europa con la legittima aspirazione a una vita migliore.
È fondamentale, in primo luogo, distinguere l’accoglienza di profughi e rifugiati dalle politiche migratorie connesse a chi, comprensibilmente, chiede di venire in Europa per ragioni economiche. Confondere i due piani, come si è spesso fatto fin ora, va a discapito proprio dei più fragili e bisognosi di aiuto. E non è giusto.

Serve una politica unica europea sui rifugiati che preveda il sostegno al di fuori dei confini UE di chi è colpito da guerre e calamità, e corridoi umanitari legali e sicuri per i profughi che gli Stati europei decidono di accogliere sul proprio territorio.
Ma per l'immigrazione, che ribadisco essere materia completamente diversa dai profughi, l'unica possibilità di ingresso deve essere data dalle quote di immigrazione legale che ogni Stato decide liberamente stabilire. Così come fatto dal Governo da me presieduto con il decreto flussi con il quale si consente l'arrivo regolare di lavoratori stranieri, secondo necessità preordinate e definite.
Non possono essere le organizzazioni criminali e i trafficanti di esseri umani a gestire i flussi migratori verso l’Europa, come purtroppo accade da diversi anni a questa parte. Queste organizzazioni criminali si stanno arricchendo a dismisura sulla pelle dei disperati, e più aumentano i loro guadagni più le condizioni di chi tenta di attraversare il Mediterraneo diventano precarie. Una civiltà come la nostra non può consentirlo.
Occorre quindi lavorare tutti insieme per ribadire il principio che in Europa si entra solo legalmente, e quindi in condizione di totale sicurezza. Occorre sviluppare e potenziare i canali legali di migrazione, distinti tra chi ha diritto alla protezione internazionale e chi intende accedere per ragioni di lavoro. E occorre contrastare, senza tentennamenti, i clan criminali che alimentano l'immigrazione illegale di massa.
Senza concreti interventi dell’UE, sin dalle prossime settimane e per l’intero anno, la pressione migratoria sarà senza precedenti, posto il difficile contesto che investe vaste zone del Pianeta.
Rifiuto l’idea che nulla possa esser fatto e che l’Europa debba rassegnarsi a prendersi cura solo di chi riesce ad avvicinarsi alle nostre coste o ai nostri confini dopo aver affidato la propria vita e quella dei propri figli a trafficanti senza scrupoli, pagati profumatamente per accedere a viaggi disperati.
La politica è responsabilità, consapevolezza, capacità di fare delle scelte per gestire fenomeni complessi. È quello che dobbiamo fare insieme anche in tema di immigrazione. Dipende da noi, dalla nostra volontà di mettere in campo soluzioni che sino a oggi non sono state adottate.
Al Consiglio Europeo straordinario dello scorso febbraio abbiamo individuato alcune misure che vanno nella giusta direzione, ma il fattore tempo è decisivo. È fondamentale e urgente adottare da subito iniziative concrete, forti e innovative per contrastare e disincentivare le partenze illegali, ricorrendo anche a urgenti stanziamenti finanziari straordinari per i Paesi di origine e transito affinché collaborino attivamente.
L’Italia è pronta, a partire dal prossimo Consiglio Europeo, a dare il suo contributo a ogni iniziativa comune che vada in questa direzione, per evitare di ritrovarci a breve a piangere nuove tragedie. Confido che non sia sola in questa battaglia di civiltà.
Un caro saluto

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