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Covid 19

La Camera ‘boccia’ i dpcm e chiede a Draghi di sostituirli con i decreti

Con due pareri, votati all’unanimità, Montecitorio chiede al governo di evitare lo strumento del dpcm per emanare le norme anti Covid. Ceccanti (Pd): “Il sistema si può semplificare superando i Dpcm. La normativa generale può essere inserita in Decreti-legge e le integrazioni puntuali lasciate alle fonti non legislative (ordinanze e altri strumenti flessibili come i protocolli)”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Anche la Camera dice basta all'utilizzo del dpcm come strumento preferenziale per affrontare la pandemia. Ieri Il Comitato per la legislazione e il Comitato pareri della commissione Affari costituzionali hanno chiesto al governo Draghi un cambio di passo, dopo il primo provvedimento varato il 2 marzo dal nuovo esecutivo, e in vigore da domani. Con due pareri, approvati all’unanimità, Montecitorio chiede al governo di sostituire i dpcm con i decreti, in modo da dare al Parlamento il tempo di esprimersi sulle nuove misure. Lasciando magari spazio a ordinanze e protocolli per agire tempestivamente con tutti gli aggiustamenti necessari.

"I pareri approvati oggi dal Comitato per la legislazione e dal Comitato pareri della commissione Affari Costituzionali possono rappresentare un importante punto di svolta per un'effettiva discontinuità nella gestione della pandemia dal punto di vista della semplificazione delle fonti del diritto e del ruolo del Parlamento", ha detto ieri il deputato Stefano Ceccanti, presidente del Comitato per la legislazione e capogruppo Pd in Commissione Affari Costituzionali.

In pratica da quando è stato introdotto il sistema della suddivisione dell'Italia in fasce colorate, il 3 novembre 2020, tutti i dpcm sono stati utilizzati come una ‘legge quadro', in cui specificare le misure da applicare nelle zone gialle, rosse e arancione; mentre per l'attribuzione di un colore a ogni territorio sulla base di specifici parametri si è utilizzato uno strumento di rango inferiore nella gerarchia delle fonti, e cioè l'ordinanza del ministero della salute. I due pareri suggeriscono invece che sia il decreto legge lo strumento con cui definire il quadro generale.

"All'inizio dell'emergenza i Dpcm contenevano le misure dettagliate di contrasto all'epidemia individuate all'interno del catalogo di misure adottabili previste dai primi decreti-legge. Vista la loro importanza acquisita abbiamo inserito una procedura per la loro parlamentarizzazione. In seguito, però, in modo stabile dal Dpcm del 3 novembre 2020, essi definiscono stabilmente il quadro delle misure generali da applicare nelle diverse zone (gialla, arancione, rossa e, da ultimo, bianca), mentre la concreta individuazione dei territori è rimessa ad ordinanze del Ministero della salute, che sono poi integrate da altre fonti non legislative come i protocolli", ha spiegato Ceccanti.

"Visto – osserva Ceccanti – che questo quadro si è consolidato, il sistema si può semplificare superando i Dpcm, che sembrano essere un anello di congiunzione non più necessario. La normativa generale può essere inserita in Decreti-legge e le integrazioni puntuali lasciate alle fonti non legislative (ordinanze e altri strumenti flessibili come i protocolli). Un sistema duale più semplice e comprensibile. A questo proposito, il Parlamento invita il Governo ad adottare tale sistema anche perché, con la conversione dei decreti lo stesso sarebbe più controllato e non eluderebbe il controllo delle assemblee parlamentari".

"I pareri approvati insistono altresì sull'evitare i cosiddetti decreti Minotauro, o comunque nel motivarne chiaramente l'uso quando inevitabile, decreti che rendono la normativa difficilmente leggibile dai cittadini e che comprimono l'esame parlamentare".

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