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Notizie sull'inchiesta sul Covid a Bergamo

Inchiesta Covid, Conte e Speranza interrogati a Brescia: “Hanno risposto a tutte le domande”

Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono stati interrogati davanti al Tribunale dei ministri di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid nella Bergamasca. Le ipotesi di reato sono si epidemia colposa e omicidio colposo plurimo.
A cura di Annalisa Girardi
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Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono stati interrogati davanti al Tribunale dei ministri a Brescia. "Ha chiarito tutto", ha detto l'avvocata dell'ex presidente del Consiglio, Caterina Malavenda, al termine dell'interrogatorio. "Ha raccontato quello che successo, è stato esauriente e ha spiegato la sua posizione di quel giorno. Sono soddisfatta, noi ci fidiamo della giustizia", ha detto. "Risponderà a tutte le domande", aveva invece fatto sapere in mattinata Guido Calvi, il legale dell'ex ministro della Salute.

Di cosa sono accusati Conte e Speranza

L'inchiesta in cui Conte e Speranza sono coinvolti è quella aperta dai pm di Bergamo per la gestione dell'epidemia di Covid in Val Seriana. Le ipotesi di reato sono si epidemia colposa e omicidio colposo plurimo. L'ex presidente del Consiglio è indagato per la mancata zona rossa nei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro, mentre l'ex ministro della Salute per non aver attuato il piano pandemico. "Il piano pandemico esistente era inefficace ed è stato fatto di tutto per tutelare la salute degli italiani. Ho seguito rigorosamente le indicazioni del Cts", ha detto Speranza ai giudici.

Conte era già stato sentito in qualità di persona informata dei fatti nell'estate del 2020, subito dopo il lockdown. All'epoca era ancora a Palazzo Chigi e aveva spiegato agli inquirenti di essere sempre stato convinto, anche in quei giorni in cui si registravano i primi contagi nella Bergamasca, di dover "intervenire anche in modo drastico". Vista la situazione in rapido peggioramento in tutta la Lombardia, però, Conte aveva detto di ritenere necessaria "una soluzione ancora più rigorosa" e non limitata a soli due Comuni.

La mancata zona rossa e il piano pandemico

Tra i 5 e il 9 marzo, giorno in cui venne istituito il lockdown in tutto il territorio nazionale, ci furono vari Consigli dei ministri in cui sia Conte che Speranza discussero delle zone rosse nei territori più colpiti. Fin da subito, secondo quanto raccontato dal leader Cinque Stelle, era però emersa la consapevolezza di dover intervenire in modo più esteso. "La bussola l'abbiamo sempre avuta e ci portava a difendere innanzitutto la salute delle persone. Ciò che ci mancava era il manuale di istruzione su come fronteggiare un virus sconosciuto", aveva raccontato Conte l'anno successivo allo scoppio della pandemia.

"Il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale", aveva anche aggiunto. Il compito di applicarlo, aveva anche precisato, sarebbe spettato all'ex direttore generale della Prevenzione al ministero, Claudio D'Amario, anche lui indagato. Il piano pandemico, per la cui mancata attuazione è indagato anche Speranza, era datato al 2006, ma secondo i pm di Bergamo se messo in campo avrebbe comunque potuto limitare l'impatto della pandemia.

Gli altri indagati nell'inchiesta Covid

In totale gli indagati per la gestione della pandemia nella Bergamasca sono 19. Tra questi anche il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, l'allora capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. Indagati anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, l'ex assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera e diversi dirigenti della sanità nella Regione.

L'inchiesta è stata condotta dalla Procura di Bergamo, ma poi spostata a Brescia per quanto riguarda le posizioni di Conte e Speranza, in quanto erano al governo all'epoca dei reati ipotizzati. Per loro due, al termine delle indagini, si aprono due ipotesi: l'archiviazione oppure la richiesta di autorizzazione a procedere in Parlamento.

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