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Gimbe avverte: “Salvare il Natale rischia di avere un prezzo altissimo in termini di vite umane”

La fondazione Gimbe lancia l’allarme: anche se si iniziano a intravedere i primi segnali di rallentamento nella curva epidemiologica, la situazione negli ospedali rimane critica. “Tendendo conto dell’attuale livello di sovraccarico di ospedali e terapie intensive e della crescita esponenziale dei decessi, ipotizzare un allentamento delle misure con l’obiettivo di salvare il Natale rischia di avere conseguenze molto gravi, sia in termini di salute delle persone, che di vite umane”, commenta il presidente Nino Cartabellotta.
A cura di Annalisa Girardi
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L'andamento della curva epidemiologica mostra i primi segnali di rallentamento. Ma non per questo possiamo abbassare il livello di allerta: in una settimana il Paese ha registrato 4.134 morti per coronavirus e in ben 17 Regioni le terapie intensive hanno raggiunto la soglia di saturazione. Anche se è diminuita la velocità con cui crescono i nuovi casi, rimane esponenziale l'aumento dei decessi. Ragion per cui è impensabile allentare le misure restrittive ora: provare a salvare il Natale rischia di avere un prezzo altissimo in termini di vite umane. È l'allarme lanciato dalla fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario e che ogni settimana pubblica un monitoraggio indipendente sulla situazione epidemiologica in Italia.

L'ultimo periodo analizzato è quello della settimana tra l'11 e il 17 novembre. Rispetto a quello precedente, si è evidenziata una stabilizzazione nell'incremento dei nuovi casi, anche se allo stesso tempo è stata registrata una lieve riduzione dei casi testati. Infatti, il rapporto tra esiti positivi e tamponi effettuati è in realtà aumentato leggermente. A preoccupare maggiormente è la situazione negli ospedali: si registra infatti un ulteriore incremento per quanto riguarda i pazienti ricoverati con sintomi e quelli in terapia intensiva. I decessi sono aumentati del 41,7% rispetto al precedente periodo preso in esame.

I dati dell'ultimo monitoraggio

Ecco i dati dell'ultimo monitoraggio della fondazione, confrontati con la settimana precedente.

  • Decessi: 4.134 (+41,7%)
  • Terapia intensiva: +641 (+21,6%)
  • Ricoverati con sintomi: +4.441 (+15,5%)
  • Nuovi casi: 242.609 (+24,4%)
  • Casi attualmente positivi: +143.700 (+24,4%)
  • Casi testati -17.400 (-2%)
  • Tamponi totali: +45.051 (+3,1%)
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Le nuove restrizioni non hanno appiattito la curva

"Per interpretare correttamente i termini “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi ed il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per “torturare i numeri sino a farli confessare”, enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture", commenta il presidente della fondazione, il dottor Nino Cartabellotta. E in effetti, nonostante nell'ultima settimana si sia registrata una riduzione dell'incremento percentuale dei nuovi casi (dal 31% al 24,4%), questi sono comunque aumentati rispetto alla settimana precedente di 242.609. Con l'eccezione della Puglia, in tutte le Regioni si è ridotto l'incremento percentuale dei nuovi casi, ma è anche vero che tranne che in Valle d'Aosta gli attualmente positivi sono aumentati ovunque. "Le misure di contenimento introdotte  non hanno affatto “appiattito” la curva dei contagi che continua a salire, seppure con velocità ridotta, analogamente a quella dei ricoverati con sintomi e delle terapie intensive. Il contagio, in sostanza, è come un’automobile che, dopo avere accelerato la corsa per settimane (incremento percentuale dei casi), ora viaggia ad una velocità molto elevata ma costante (numero di casi settimanali), nonostante abbia ridotto l’accelerazione", aggiunge Cartabellotta.

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La situazione negli ospedali e nelle terapie intensive

La riduzione dell'incremento percentuale è visibile anche sul numero di pazienti ricoverati con sintomi e di quelli nelle terapie intensive, anche se in misura minore. "Tuttavia, non conoscendo i flussi dei pazienti in entrata e in uscita, non si può escludere che questo dato sia influenzato dall'effetto saturazione dei posti letto, che nelle terapie intensive purtroppo causa un incremento della letalità", continua il presidente della fondazione. Ad ogni modo le soglie critiche definite dal ministero della Salute sono state superate in gran parte del territorio nazionale: quella del 40% di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica è stata oltrepassata in 15 Regioni, mentre quella al 30% nelle terapie intensive in ben 17.

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Se le medie nazionali hanno rispettivamente raggiunto il 51% e il 42%, in diverse Regioni i valori sono ancora più elevati. Alcuni ospedali sono allo stremo anche perché, prosegue Cartabellotta, "i pazienti Covid stanno progressivamente cannibalizzando i posti letto di altri reparti, limitando la capacità si assistere pazienti con altre patologie". Renata Gili, responsabile di ricerca sui servizi sanitari alla fondazione Gimbe, spiega: "L'incremento dei decessi mantiene un trend esponenziale, facendo registrare un +41,7% rispetto alla settimana precedente. Tale incremento è destinato ad aumentare nelle prossime settimane, perché l'effetto delle misure restrittive riduce gli indici di contagio (Rt, incremento percentuale dei casi), poi i ricoveri e le terapie intensive e solo da ultimo i decessi".

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"Salvare il Natale rischia di avere conseguenze molto gravi"

Il dottor Cartabellotta conclude quindi sottolineando che, nonostante i rallentamenti evidenziati nell'ultima settimana rappresentino certamente un segnale positivo, "è fondamentale rilevare che le curve dei casi attualmente positivi, di ricoveri, terapie intensive e soprattutto decessi continuano a salire". E chiude: "In questo scenario, tendendo conto dell'attuale livello di sovraccarico di ospedali e terapie intensive e della crescita esponenziale dei decessi, ipotizzare un allentamento delle misure con l'obiettivo di salvare il Natale rischia di avere conseguenze molto gravi, sia in termini di salute delle persone, che di vite umane".

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