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Opinioni

Detenuti torturati, sovraffollamento e suicidi record: ma Meloni taglia i fondi alle carceri italiane

Le carceri italiane possono essere qualcosa di diverso da luoghi di afflizione e sofferenza? Nell’anno record per i suicidi in cella (già 80) e delle inchieste per torture nei confronti dei detenuti, il governo di Giorgia Meloni che prometteva nuovi penitenziari procede con tagli lineari per il sistema penitenziario con effetti potenzialmente catastrofici per chi vi è recluso e per chi vi lavora.
A cura di Valerio Renzi
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Il sistema penitenziario italiano, una dei quelle "emergenze" divenute sempiterne nel nostro sistema paese, non sembra oggi avere un orizzonte diverso da quello di essere una gigantesca macchina di afflizione e ingiustizie, che nulla ha che vedere con quella missione rieducativa che ne giustifica l'esistenza. E il governo di destra destra di Meloni e Salvini, rischia di peggiorare ancora le cose.

È di questa mattina la notizia che sei agenti della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale "Parenza" di Reggio Calabria, mentre altri due sono stati sospesi. L'accusa è quella di aver picchiato e torturato un detenuto. Coinvolti anche altri quattro agenti e il comandante del reparto. Sei giorni fa è stato notificato l'avviso di indagine a 45 persone, si tratta di agenti, del direttore del carcere e di educatori, tutti coinvolti nell'inchiesta su presunte violenze e torture avvenute nel carcere di Ivrea tra il 2018 e il 2022. Al momento, secondo quanto riportato dall'associazione Antigone, sono 200 gli agenti penitenziari e gli operatori indagati, a processo o condannati per violenze e torture nei confronti dei detenuti.

Il 21 novembre si sono tolti la vita due detenuti, uno nel carcere di Foggia un altro nel penitenziario di Sollicciano a Firenze. Nel 2022 sono cinque i detenuti che si sono suicidati nel carcere pugliese, un record negativo che va ad aggiornare i numeri di hannus orribilis. Sono già 80 i detenuti che si sono tolti la vita, nel 2021 erano stati 58 e l'anno precedente erano stati 61. Un incremento così drammatico di chi decide di togliersi la vita in cella, non può essere un caso e dovrebbe spingere le istituzioni ad affrontare il problema come una priorità. E alla fine dell'anno manca ancora un mese.

"Lavoreremo per restituire ai cittadini la garanzia di vivere in una Nazione sicura, rimettendo al centro il principio fondamentale della certezza della pena, grazie anche a un nuovo piano carceri.
Dall'inizio di quest'anno sono stati 71 i suicidi in carcere. È indegno di una nazione civile, come indegne sono spesso le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria". Così la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo discorso d'insediamento alla Camera. Di carcere ha parlato anche al momento di chiedere la fiducia al Senato, annunciando anche in questo caso nuove carceri.

Ora cosa troviamo nella prima Manovradel governo Meloni? Quello che appare un taglio lineare e permanente alle spese per le carceri. Sono previsti risparmi "non inferiori a 9.577.000 euro per l'anno 2023",  di "15.400.237 euro per l'anno 2024" e di "10.968.518 euri annui a decorrere dall'anno 2025". Risparmi ottenuto "mediante la riorganizzazione e l'efficientamento dei servizi degli istituti penitenziari presenti su tutto il territorio nazionale, in particolare con la ripianificazione dei posti di servizio e la razionalizzazione del personale". Dietro il burocrate si leggono misure di taglio alle spese e al personale con effetti potenzialmente catastrofici sul già disastrato universo carcerario italiano. Altro che nuove carceri, l'emergenza non solo è la normalità ma qua rischia di trasformarsi in un dramma ancora più profondo.

Eppure ci sarebbero diverse ricette semplici per migliorare la vita nelle carceri. La prima ha un carattere davvero emergenziale: si chiama indulto e amnistia. Capiamo che per una destra giustizialista e tutta legge e ordine sia impossibile da praticare. Però anche senza un provvedimento di emergenza servirebbe prima di tutto depenalizzare i troppi reati che in Italia prevedono una pena detentiva, poi rendere effettive le misure alternative alla detenzione, in particolare per chi è in attesa di giudizio. Si dovrebbe poi investire nelle attività all'interno dei penitenziari, nella formazione degli operatori e nella democratizzazione della polizia penitenziaria (le indagini sulle violenze e le torture, i morti di Modena e le immagini delle squadre punitive a Santa Maria Capua Vetere sono un atto d'accusa troppo grave per non affrontare il problema), e nelle strutture carcerarie. Così forse per chi rimane in carcere la pena potrebbe avere, se non uno scopo di rieducazione, almeno un carattere non afflittivo ed esclusivamente punitivo.

Alle vite degli uomini e delle donne reclusi, dei loro affetti e di all'interno delle carceri lavoro, il governo non sembra essere interessato. Si risparmia qualche decina di milioni di euro e poi a fine anno le solite lacrime di coccodrillo per i morti suicidi. 

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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