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Cosa vuole fare il ministro Nordio sulle intercettazioni telefoniche

Dopo l’arresto del boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, il procuratore capo di Palermo ha detto che “senza intercettazioni non si possono fare le indagini” e ha parlato della “discussa riforma” proposta dal ministro della Giustizia del governo Meloni, Carlo Nordio.
A cura di Luca Pons
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L'arresto di Matteo Messina Denaro ha riaperto il dibattito sulle intercettazioni telefoniche. Il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha sottolineato più volte l'importanza delle intercettazioni nelle indagini che hanno portato all'arresto del boss dopo 30 anni di latitanza: "L'indagine si basa sull'attività di intercettazione che, se fosse il caso di ribadirlo, sono indispensabili e irrinunciabili nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso. Senza le intercettazioni non si possono fare indagini", ha detto De Lucia.

Nel suo intervento, il capo dei pm si è rivolto indirettamente anche al ministro della Giustizia Carlo Nordio, menzionando la sua "discussa riforma" delle intercettazioni che è stata annunciata "per tagliarne i costi". Un'accusa che è stata rivolta al ministro Nordio anche da alcuni esponenti politici. Andrea Orlando, in un'intervista a Fanpage.it, aveva detto che l'imitare l'uso delle intercettazioni sarebbe un rischio enorme.

La capogruppo del M5s in Senato, Barbara Floridia, ha ricordato come a fine dicembre il ministro Nordio affermasse che "un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare". Va detto che, nella stessa intervista, il ministro aveva anche chiarito che non intendeva ridurre la possibilità di fare intercettazioni nelle indagini per mafia e per terrorismo.

La stessa linea è stata tenuta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ieri è intervenuta su Rete4: "Le intercettazioni – per come sono utilizzate per i procedimenti di mafia – sono fondamentali", ha detto Meloni. "Uno strumento di indagine di cui non si può fare a meno. Per questo genere di reati nessuno le ha mai messe in discussione".

Cosa vuole fare il ministro Nordio sulle intercettazioni telefoniche

Nordio, in effetti, l'ultima volta che ha parlato in Parlamento ha detto che le attività di intercettazione "hanno costi esorbitanti e disomogenei sul territorio nazionale, perché ogni pubblico ministero ne dispone quanto vuole", e ha affermato che è sua intenzione stabilire "un budget che non possa essere superato annualmente" dagli uffici giudiziari.

L'intenzione del ministro Nordio, quindi, è effettivamente di tagliare i costi delle intercettazioni, ma più volte ha sottolineato che questo taglio non riguarderebbe i reati di mafia o di terrorismo. Su questo punto, però, il deputato ed ex magistrato Federico Cafiero De Raho ha sottolineato che "le intercettazioni il più delle volte non nascono per il contrasto alle mafie. Alle mafie si arriva dopo. Perché le intercettazioni partono dalla corruzione e da altri reati e sviluppandosi su questo binario poi arrivano a tutto quello che c'è dietro".

Questa mattina il ministro è tornato sul tema per chiarire ancora la sua posizione, riconoscendo che "le intercettazioni sono assolutamente indispensabili nella lotta contro la mafia e il terrorismo", ma "bisogna cambiare radicalmente l'abuso che se ne fa per i reati minori, con conseguente diffusione sulla stampa di segreti individuali e intimi che non hanno niente a che fare con le indagini".

Gli avvocati chiedono sanzioni severe per chi pubblica le intercettazioni

Oggi, nel corso di un'audizione alla commissione Giustizia del Senato, è intervenuto il presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati, Giuseppe Santalucia. Il primo argomento che ha toccato è stato proprio l'utilizzo delle intercettazioni in reati diversi da quelli di mafia.

In particolare, Santalucia ha commentato sull'uso dei trojan, software che possono trasformare il cellulare di un indagato in un microfono sempre acceso. "Oggi, con la legge Spazzacorrotti, si possono fare intercettazioni anche all'interno del domicilio di una persona, senza avere già la prova di un reato in atto. Prima questo valeva solo per i reati di mafia", ha spiegato il presidente dell'Anm.

Limitare l'uso delle intercettazioni al di fuori delle indagini per mafia o terrorismo, però, "potrebbe danneggiare le indagini". Questo potrebbe accadere nei casi in cui "ci sono dei legami forti tra i reati di mafia e quelli di corruzione nella pubblica amministrazione", ad esempio, e quindi l'indagine parte da un altro tipo di reato per poi scoprire, tramite le intercettazioni, che è presente anche un'associazione mafiosa.

Il magistrato ha parlato anche della diffusione di parti delle intercettazioni sui giornali: "È un problema se vengono rilevate notizie irrilevanti, ma se vengono rivelate notizie rilevanti apprese nel corso delle indagini, una volta che il processo è pubblico, questo non è un problema segretezza", ha detto Santalucia.

Poco dopo ha risposto Gian Domenico Caiazza, presidente dell'Unione camere penali che rappresenta gli avvocati penalisti. "Come distinguiamo informazioni rilevanti e irrilevanti? È un concetto fluido". Secono Caiazza, quindi, servirebbe "un divieto di pubblicazione severissimo, senza se e senza ma, con sanzioni pecuniarie importanti per l’editore. Non sarebbe una legge bavaglio, tutelerebbe un diritto costituzionale".

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