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Caso Boccia-Sangiuliano

Caso Sangiuliano-Boccia, il Senato vieta ai giudici di leggere le chat dell’ex ministro

Il Senato ha approvato, con 95 favorevoli e 58 contrari, la decisione della Giunta per le immunità sulle chat di Gennaro Sangiuliano: le comunicazioni dell’ex ministro della Cultura non potranno essere usate nell’inchiesta a suo carico nata dal caso Boccia. Sangiuliano è indagato per peculato e rivelazione di segreto d’ufficio.
A cura di Luca Pons
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Il Senato ha deciso: i pm non potranno avere accesso alla corrispondenza di Gennaro Sangiuliano che risale al periodo in cui era ministro della Cultura. Questo significa che i magistrati non potranno utilizzare le chat di Sangiuliano con Maria Rosaria Boccia, che avrebbero potuto giocare un ruolo importante nell'inchiesta per peculato e rivelazione di segreto d'ufficio. I senatori hanno votato – 95 a favore, 58 contrari – per respingere la richiesta del Tribunale dei ministri, approvando la relazione che aveva steso la Giunta per le immunità.

Perché il Senato ha deciso di non dare ai pm accesso alle chat

"Non è espressa la finalità probatoria del sequestro rispetto alla configurazione concreta dei reati perseguiti", aveva spiegato all'Aula il senatore di Forza Italia Adriano Paroli. Ovvero, secondo la maggioranza, la richiesta dei giudici non chiariva perché, concretamente, le chat di Sangiuliano avrebbero potuto costituire una prova dei reati per i quali è indagato. Si sarebbe trattato di ‘fumus persecutionis‘, un termine giuridico che indica quando un'azione non viene compiuta per applicare una norma, ma per danneggiare un soggetto.

In particolare, "il carattere persecutorio dell'azione giudiziaria" si può osservare "dall'assenza di un nesso specifico e motivato tra l'adozione del mezzo di ricerca della prova prescelto e la configurazione dei reati contestati". Dunque, sequestrare il telefono e tutte le conversazioni di Sangiuliano sarebbe stato "sproporzionato". E "l'indiscriminata acquisizione di una serie indefinita di dati, oltre che ledere la riservatezza dell'indagato", non sarebbe stata "correlata con la dimostrazione dell'ipotesi di reato per cui si procede", aveva concluso Paroli.

Il Senato gli ha dato ragione. La Procura di Roma, che indaga, dovrà quindi fare a meno dei messaggi, che invece sono stati acquisiti nell'altra indagine che riguarda il caso Boccia: quella che vede indagata la donna per lesioni aggravate e minaccia o violenza a corpo politico dello Stato. L'inchiesta su Sangiuliano è nata da un esposto del deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Angelo Bonelli, mentre quella su Boccia ha origine in una denuncia proprio dell'ex ministro.

Da parte loro, i legali di Sangiuliano non hanno commentato la scelta del Senato. Si sono limitati a ribadire la "piena disponibilità a collaborare con il Tribunale dei Ministri" e a "fornire ogni prova documentale per dimostrare l'assoluta correttezza" dell'ex ministro. Ogni prova che non siano, ovviamente, le chat. Ad esempio "gli estratti conto della carta di credito di Sangiuliano", per dimostrare che pagò personalmente i viaggi di Boccia.

Le contestazioni dell'opposizione

Il Partito democratico ha votato contro la relazione anche durante l'incontro della Giunta, prima che il caso arrivasse in Aula. "La relazione sostiene che ci sia il cosiddetto ‘fumus di secondo grado' perché sulla base di un esposto molto generico si chiede l'acquisizione di corrispondenza che deve essere autorizzata", ha spiegato la senatrice dem Anna Rossomando: "Se devi accertare la violazione di segreti d'ufficio non puoi farlo che acquisendo la corrispondenza" ha però controbattuto.

"La decisione della Giunta", ha dichiarato Angelo Bonelli, "impedisce l'accertamento della verità, e questo non è un bel segnale per le istituzioni. Non sapremo chi ha autorizzato la signora Boccia ad essere nella mailing del ministero e ricevere e-mail riservate, perché è stata ospitata gratuitamente da enti pubblici in attività connesse al ministero, perché utilizzava l'auto di scorta del ministro e strutture e servizi dello Stato".

Anche il Movimento 5 stelle ha contestato la decisione. In Aula, la senatrice Ada Lopreiato ha affermato: "Come può sussistere la persecuzione se nell'ambito dell'altro procedimento – dove l'ex ministro figura quale querelante – sono stati già sequestrati all'indagata Boccia i dispositivi dai quali sono state già estratte le comunicazioni ritenute rilevanti? Sussiste quindi sempre persecuzione quando un ministro viene indagato mentre non c'è mai quando denuncia?".

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