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Brunetta attacca un lavoratore: “Sei un dipendente? E allora che c***o parli? Mettiti in proprio”

Il ministro della Pubblica amministrazione, da un palco elettorale in Veneto, ha attaccato un lavoratore tra il pubblico: “Sei un dipendente? E allora perché c***o parli? – gli ha detto – perché non ti metti in proprio?”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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"Sei un dipendente? E allora perché cazzo parli?". A gridarlo è il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, da un palco elettorale. Il video, che sta facendo il giro del web, risale allo scorso 10 giugno e l'occasione è la campagna elettorale – in vista delle elezioni amministrative che si sono tenute la domenica successiva, il 12 giugno – a Mira, in Veneto. Nel video si vede un uomo avvicinarsi al palco, mentre Brunetta gli dice "e allora tu cosa mi chiedi? No, cosa mi chiedi?". Si sente in lontananza il lavoratore rispondere "sono un dipendente", anche se sovrastato dalla voce del ministro che parla dal microfono.

A quel punto Brunetta si scalda definitivamente: "Ah ma sei un dipendente, e cosa chiede il tuo datore di lavoro?", continua il ministro. "Lo vada a chiedere a lui", la secca replica dell'uomo. Brunetta attacca: "E perché cazzo parli allora?". Il lavoratore prova a replicare: "A mio avviso…". Il ministro lo chiude: "Grazie, grazie", mentre dal pubblico – pochissime persone a dire la verità – qualcuno applaude e grida "bravo Renato". Ma Brunetta non si ferma: "Perché non ti metti in proprio?", gli chiede quattro volte, mentre si sente l'uomo provare a rispondere "perché ho fatto una scelta" senza riuscire ad argomentare.

"Mi lascia parlare o no?", chiede l'uomo. "No, non parli, perché il microfono ce l'ho io e comando io", ribatte il ministro. A quel punto il lavoratore si gira e se ne va accompagnato da alcune persone, mentre Brunetta continua: "È libera democrazia, ciao!". Poi prosegue con il suo discorso sul palco: "Continua a fare il tappezziere dipendente. Detto questo, vedete – torna a rivolgersi al pubblico – il mondo è bello anche per questo, perché io sono figlio di un venditore ambulante e mio padre mi diceva sempre ‘mai sotto padrone' e io questa cosa l'ho seguita nella mia vita". E conclude: "Ho avuto solo un datore di lavoro, lo Stato".

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