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Accisa mobile nel decreto Carburanti, ecco quando il governo Meloni taglierà le tasse sulla benzina

Il decreto Carburanti del governo Meloni entrerà in vigore domani, 15 gennaio, e contiene una serie di misure relative al prezzo della benzina e del gasolio. Una di queste riguarda anche il taglio delle accise: è il meccanismo dell’accisa mobile, che esiste dal 2008. Ecco come funziona.
A cura di Luca Pons
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Tagliare le accise si può, ma solo se il prezzo del petrolio salirà parecchio, e per diverso tempo. È questo il senso della misura che il governo Meloni ha inserito nel decreto Carburanti, che entrerà in vigore domani, 15 gennaio. Si tratta di un meccanismo chiamato ‘accisa mobile', cioè un'accisa (la tassa sul carburante) che cambia in base all'andamento del prezzo del petrolio.

Come funziona l'accisa mobile

Innanzitutto, il prezzo che si paga alla pompa del distributore è composto da tre elementi: il prezzo vero e proprio della benzina e del gasolio; l'accisa (che va allo Stato) e l'Iva (che si calcola sulle prime due cose, e va anche questa allo Stato). Se aumenta il prezzo del petrolio greggio, e quindi della benzina e del gasolio, lo Stato incassa più soldi dall'Iva. L'accisa mobile prevede che quei soldi in più vengano usati per tagliare le accise, e abbassare così il prezzo alla pompa.

Questo significa che, nel caso in cui il prezzo della benzina diventasse altissimo, a pagarne le spese saranno le casse dello Stato, che invece di tenersi i soldi in più arrivati dall'Iva, li userà per ridurre le accise e tenere bassi i prezzi. In questo modo, i consumatori che fanno il pieno al distributore pagheranno un prezzo meno alto.

Quando scatta l'accisa mobile del decreto Carburanti

Insomma, il prezzo del petrolio sale e l'accisa scende, così alla pompa si paga un po' di meno. Non è così semplice, però. Infatti, l'accisa mobile non si attiverà per ogni eventuale aumento del costo del petrolio, ma solo quando questo supererà una specifica soglia.

Il decreto Carburanti del governo Meloni recita che il ministero dell'Ambiente potrà intervenire se il prezzo internazionale del petrolio greggio "aumenta, sulla media del precedente bimestre, rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nell'ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria presentato". Cosa significa?

Innanzitutto, il Documento di programmazione economico-finanziaria (più noto come Def) viene pubblicato dal governo ogni anno, e poi aggiornato qualche mese dopo con la Nadef (nota di aggiornamento al Def). In questi documenti, tra le altre cose, il governo fa una stima del prezzo del petrolio che ci si aspetta negli anni successivi.

Il decreto Carburanti dice che se il prezzo del petrolio negli ultimi due mesi è stato, in media, più alto del valore previsto dal governo, allora l'accisa mobile può scattare. Ad esempio, nell'ultimo documento economico-finanziario il governo Meloni ha stimato, per il 2023, che il prezzo del petrolio sarà di circa 90 dollari al barile.

Dall'inizio dell'anno, però, il vero prezzo del petrolio è stato più basso, più o meno tra gli 80 e gli 85 euro al barile. Per far scattare l'accisa mobile, quindi il prezzo dovrebbe aumentare al punto da essere, per due mesi, in media al di sopra dei 90 dollari. A quel punto, lo Stato userebbe i soldi in più ricavati dall'Iva sul petrolio per tagliare le accise.

E se la stima fatta dal governo sul prezzo del petrolio è completamente sbagliata? Il decreto Carburanti prevede anche che, se per quattro mesi in media il prezzo del petrolio resta più basso di quello previsto dal governo, allora per far scattare l'accisa mobile si considera il prezzo più basso.

Ad esempio, il governo ha stimato che il prezzo per il 2023 sarà di 90 dollari al barile, ma se nei primi quattro mesi dell'anno il prezzo dovesse restare sugli 85 dollari, sarà quella la soglia da tenere in considerazione per attivare l'accisa mobile, se poi il prezzo dovesse tornare a crescere improvvisamente. In ogni caso, sembra molto improbabile che l'accisa mobile entrerà in azione nelle prossime settimane.

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