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Pisa, succo con frutti deteriorati spacciato come bio, 9 arresti e sequestro da 6,5 milioni

La maxi frode scoperta da un inchiesta condotta dalla Guardia di finanza di Pisa e dagli ispettori del Dipartimento Antifrode del Ministero delle politiche agricole con il coordinamento della Procura pisana. Il succo veniva prodotto all’estero da frutti in avanzato stato di decomposizione e sofisticato con sostanze zuccherine e infine commercializzato come biologico.
A cura di Antonio Palma
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Per lungo tempo avrebbero spacciato e venduto per succo di frutta biologico quello che in realtà era semplice concentrato di frutta proveniente da frutti in avanzato stato di decomposizione e poi sofisticato con acqua e sostanze zuccherine, ricavandone guadagni enormi. È la maxi frode in commercio scoperta dalle indagini degli uomini dalla Guardia di finanza di Pisa che nelle scorse ore ha portato all'esecuzione di ben nove misure restrittive nei confronti di altrettante persone accusate a vario titolo di aver preso parte alla truffa. La complessa inchiesta, denominata non a caso "Bad juice", è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Pisa con la collaborazione di Eurojust e condotta dai militari del Fiamme Gialle di Pisa e dagli ispettori del Dipartimento Antifrode del Ministero delle politiche agricole (ICQRF). L'operazione ha permesso così di sgominare un sodalizio criminale e smantellare l’illecita produzione e commercializzazione di succo falsamente dichiarato come biologico.

Nei confronti dei fermati il Giudice per le indagini preliminari di Pisa, su richiesta dei pm, ha emesso nove misure di custodia cautelare in carcere eseguite dagli uomini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di finanza. Nell'ambito della stessa operazione e sempre per ordine dell'autorità giudiziaria,  le Fiamme Gialle hanno anche eseguito il sequestro di sei società e di beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre 6,5 milioni tra le provincie di Pisa, Salerno e Avellino

Secondo l'accusa, l’associazione a delinquere si occupava di produrre all'estero e in seguito commercializzare i falsi prodotti biologici nel nostro Paese rivendendolo ad inconsapevoli aziende leader nel settore alimentare italiano. Nel dettaglio, secondo l'accusa, il prodotto sofisticato era ottenuto da aziende formalmente localizzate in Serbia e in Croazia ma di fatto gestite, attraverso prestanome, direttamente dall’Italia da imprenditori pisani collocati al vertice di un’associazione a delinquere. Dalle indagini è emerso che non solo i prodotti venivano dichiarati Bio attraverso falsi documenti ma anche che il succo  era realizzato partendo da frutti "non idonei all’alimentazione umana in quanto deteriorati o in avanzato stato di decomposizione, anche per l’elevata presenza di micotossine, e contaminati con prodotti chimici non ammessi in agricoltura biologica".

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